Daniele Nuccetelli ci parla di "Game Over" il suo spettacolo in bilico tra dipendenza, realtà e irrealtà

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Intervista a Daniele Nuccetelli  in scena al Teatro Lo Spazio con "Game Over" dal 19 al 24 gennaio 2016

Perché ha scelto di portare questo spettacolo a teatro?

Per la storia. Sono stato letteralmente catturato dalla storia. Mi ha preso e non mi ha più lasciato. Nel teatro come nella letteratura ci sono storie che non vengono scritte per essere lette seduti comodi in poltrona o davanti un camino acceso e poi magari consigliate agli amici come se fossimo stati noi a scriverle; a volte queste storie, più o meno esplicitamente, ci avvertono che il viaggio non sarà confortevole, che la strada potrebbe essere senza via d’uscita e che qualsiasi compromesso sarà vietato.

Ecco, tutto questo mi è sembrato un buon motivo per farmi trascinare all’interno della storia, seguire le tracce del protagonista e capire se quelle stesse tracce, in qualche modo, avessero a che fare anche con me.

 

Si è trovato in una situazione simile a quella raccontata da Paparella?

No, mai. Ne ho vissute altre, questo si. Tutti “dipendiamo” da qualcosa. Sarebbe impossibile vivere senza dipendenza. Ovviamente possiamo scegliere quale sia quella più idonea a noi.
Ma chi può affermare se una è migliore di un'altra. In un dialogo di Platone Socrate chiede a Ippia: “E’ migliore chi commette un’azione malvagia volontariamente oppure chi la commette involontariamente?” Questo di Socrate è solo un paradosso per mettere in crisi il mondo delle certezze su cui l’altro personaggio fonda il suo sapere; ma chi può dire se sia meglio la dipendenza dalla cioccolata o dalla roulette; una può far ingrassare e nuocere alla salute, l’altra può far perdere soldi e nuocere alla salute lo stesso. Lo studio clinico spetta ovviamente agli psicologi e ai medici che nello specifico si occupano di dipendenze; l’artista invece ha il compito di mettere in azione i conflitti interiori dell’essere umano e attraverso la lente d’ingrandimento del teatro farli conoscere a tutti.

 

Quant'è difficile trasmettere allo spettatore desideri, azioni e illusioni di un essere umano intrappolato dai vizi e nello specifico dal vizio del gioco?

Dal punto di vista del lavoro dell’attore, insieme all’attrice Ida Vinella in scena con me, e dopo aver decifrato la chiave di lettura che volevo lo spettacolo avesse, abbiamo cominciato a lavorare sul testo, su come dirlo e raccontarlo in rapporto all’alterazione fisica e mentale che il protagonista vive durante tutta la sua storia. C’è una battuta dello spettacolo che dice: "Dicono che il freddo stimoli la fantasia. Il corpo non sopporta le basse temperature. Quando succede il nostro cervello si auto allucina." Più o meno una condizione che è anche metafora dell’attore; quando la fantasia incontra l’allucinazione a volte si può scorgere la bellezza. Ma è difficile!

 

Cosa ritrova il lettore de L'equililibrista in Game Over?

La storia di un’uomo che ha trasmesso la sua avventura ad un altro. Anche se poi ogni storia, alla fine, somiglia sempre un po’ anche alle altre.

 

Come ha risposto alla domanda "pensi di farcela a morire da vivo" che le ha posto Paparella quale conditio sinequanon se non avesse dato l'OK alla messa in scena?

Ci siamo guardati. A lungo. In silenzio.

 

 


Diana Della Mura
23 gennaio 2016