Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Il Rock di American Buffalo

Recensione dello spettacolo American Buffalo andato in scena dal 10 al 12 novembre 2017 al teatro di Tor Bella Monaca

 

Capita alle volte di potersi perdere in un posto dove ci si può trovare se non del tutto, di tutto. Più che perdere l’orientamento è come trovare un’altra dimensione, che ti convince ti poter vivere cose nuove. In questo modo il voler affermare la propria volontà passa attraverso azioni dettate dall’ inconscio, che comportano nell’ “Io” dell’ individuo il desiderio di affermarsi, soddisfacendo i valori culturali ritenuti importanti per essere confermato nella società.  Tracciando un parallelismo tra arte e vita, un esempio chiave di quanto detto è dettato dalla figura della rockstar. Dagli anni cinquanta del ‘900 la figura della rockstar non è valsa solo dal punto di vista artistico, la forza della propria immagine si è impressa soprattutto nella sfera sociale determinandone gli aspetti culturali.

Tutto ciò che simbolicamente rappresenta l’immagine della rockstar viene riversato negli usi e costumi dell’individuo, questo si evidenzia soprattutto all’interno di quei contesti sociali che in questo spettacolo ci appaiono come “underground”. I personaggi  perciò sembrano condurre un campo d’azione costituito da questi aspetti simbolici, che lo inseriscono in una contraddizione tra gli aspetti esistenziali reali che vivono e la volontà di affermare il proprio ego. Ciò crea una forte tensione e una grande vitalità capace di non abbassare mai il ritmo né del personaggio né della storia.

In questo caso, con l’uso del termine personaggio non viene intesa solo la prospettiva dalla quale si osserva il lavoro dell’attore, ma si considera il termine come un accostamento a ciò che vive l’individuo nella vita di tutti i giorni. Lo stesso vale quando si fa riferimento al termine ritmo, non è inteso solo quello che l’attore crea in scena, ma è considerata la vitalità che l’individuo deve avere nel portare a compimento le proprie azioni. Uno spettacolo rock proprio per questo, in quanto i personaggi oltre a convalidare la propria identità attraverso l’evolversi in un campo semantico costituito da valori pre-ordinati, si rendono protagonisti delle proprie azioni nel reagire al contesto simbolico nel quale sono inseriti.

L’ascesa dell’affermazione dell’ “Io” dei personaggi, accostabile alla figura della rockstar con tutti i suoi processi simbolici, espone un altro aspetto che si riferisce  alle correnti di natura decadente che la rockstar propone. Infatti i personaggi si delineano in una sfera dialettica in modo da assumere una funzione romantica, soprattutto se si osserva i toni malinconici che spesso caratterizzano i dialoghi dei personaggi. Oppure se si considera come i personaggi sia nelle dinamiche che creano da soli, sia in quelle dove interagiscono tra di loro, percepiamo come l’impulsività dei personaggi intenta a volerli mettere in un posizione attiva all’interno della storia, venga assorbita dalla malinconia degli stati d’animo che vivono, che a sua volta è dovuta al senso di accettazione riguardante la realtà che gli circonda. Un senso di accettazione che è conferito da tutti gli elementi drammaturgici. Sia per quel che concerne il testo che la scenografia.

E’ presente sia nei dialoghi che nei monologhi dove i personaggi non possono fare a meno di appartenere alla sfera socio culturale nella quale sono inseriti e anche se tentano in tutti i modi di sovvertirla, essa appare sempre più forte della volontà dei personaggi. Esempio tangibile ne è il valore simbolico che assume la moneta sulla quale è inciso il “buffalo”, il valore simbolico affidato alla moneta e attorno al quale il racconto ruota, determina un intreccio della storia dove all’ evoluzioni dei personaggi è contrapposta in maniera più rigida l’involuzione della società. Per quello che riguarda la scenografia invece, il conseguimento delle azioni dettate da un senso di accettazione vissuto dai personaggi è dato in un primissimo momento se si osserva l’importanza dello sfondo della scenografia,  essa riesce a fare da tramite tra ciò che avviene all’interno del negozio di Don e quello che accade e che c’è all’esterno.

La delimitazione interno – esterno costruita dallo scenografo Carmine Guarino se in un primo istante tende ad ipotizzare una barriera tra inside e outside, con l’evolversi delle azioni dei protagonisti ci si accorge come questa delimitazione sia fittizia, in quanto ciò che avviene nel negozio di Don è lo sviluppo di un microcosmo  capace di proiettarsi al di fuori della vetrata, in modo da vedere anche gli svolgimenti del macrocosmo. Se si vede tale svolgimento da questo punto di vista, anche lo stesso spettatore è capace di immaginare ciò che accade all’esterno, perciò sotto questo aspetto il fattore scenografico più che delimitare un luogo, lo sovverte in “non luogo”.

 

Su tale considerazione il raggio di analisi va ad allagarsi per quel che riguarda non solo la conoscenza dell’opera, ma anche i tessuti inerenti agli aspetti artigianali con i quali lo spettacolo è cucito. Tale arricchimento ci è dato dallo stesso regista e attore di American Buffalo, Marco D’Amore, che ha gentilmente concesso a La Platea  un’intervista.

  • In uno spettacolo come questo dove l’aspetto sociale è fortemente marcato che importanza assume l’aspetto scenografico?

“Esso è ovviamente fulcro quasi centrale del lavoro, perché oltre a rappresentare un luogo, determina il contesto drammaturgico come un non luogo anche. Prima cosa da osservare è che per la prima volta nella rappresentazione di questa opera l’esterno assume pari importanza rispetto a ciò che avviene all’interno, questo perché i personaggi entrano ed escono continuamente creando dei collegamenti oltre che nella storia anche tra i loro stati d’animo. Ciò avviene perché tutto fa riferimento all’attore e il ruolo della vetrata che delimita il negozio di Don con la strada, non può fare altro che sottolineare questo riferimento. Ovviamente tutto questo è reso possibile soprattutto grazie a Carmine Guarino, scenografo a cui affido piena fiducia ad ogni mio spettacolo.

  • Tenendo conto di questa chiave drammaturgica in cui la scenografia è impiantata oltre all’aspetto scenografico si può parlare anche dell’ importanza della scenografia per quel che riguarda l’aspetto simbolico?

“La scenografia presenta sicuramente degli aspetti simbolici, in particolare due. Uno è rappresentato dalla vetrata,  che sullo sfondo sottolinea la distinzione tra quel che c’è all’esterno e ciò che avviene all’interno del negozio di Don; delimita un’area circoscritta a questo personaggio. Don infatti è l’unico personaggio che non esce mai all’esterno, questo fa sì che il personaggio interagisce con un luogo che lo fa sentire come sospeso nel tempo, dove il suo agire solo all’interno del suo negozio permette di fare immergere il personaggio all’interno di quel sogno americano, conferitogli dall’ importanza che il negozio stesso assume per lui”.

In effetti nello spettacolo è ben presente la realizzazione e l’affermazione tramite il conseguimento del benessere materiale, d’altronde tutta la dinamica della storia è incentrata su i vari valori semantici che la moneta contiene.

  • Riferendoci al lavoro dell’attore quali sono le caratteristiche grazie alle quali il personaggio concretizza la sua costruzione?

“Ma sicuramente il personaggio fa coincidere due aspetti del suo carattere, uno riguarda il suo punto di forza, mentre l’altro il suo contrario ,la debolezza. Il primo viene reso attraverso l’esuberanza, il secondo attraverso la balbuzie, che connota a paura del personaggio, paura intesa  come aspetto del suo carattere. Dall’ interazione tra queste due nascono le continue contraddizioni che vanno a contraddistinguere oltre il carattere, anche le azioni che il personaggio compie”.

Importante è anche l’aspetto della lingua che l’opera assume, il dialetto napoletano conferisce fedeltà al testo originale di David Mamet. Questo avviene perché il dialetto in questo caso  oltre che a rapportarsi al ritmo dello slang americano è capace attraverso la fluidità del linguaggio di far cogliere non solo gli aspetti dei personaggi, ma soprattutto le dinamiche sociale e culturali in cui questi aspetti sono inseriti e assorbiti e come queste dinamiche a loro volta vengano sviluppate da questi personaggi. Come lo stesso regista  ha detto: “nessun linguaggio rende giustizia a questa opera come il dialetto napoletano”. Complimenti vanno fatti alla direzione del teatro di Tor Bella Monaca a cura di Alessandro Benvenuti e Filippo D’Alessio, che con i loro impegno costante oltre a dare qualità alla stagione artistica, conferiscono alla cultura teatrale e al luogo specifico in cui questo teatro è situato un valore politico, che vuole intendere la divulgazione della cultura in maniera attiva e sottolinea la coerenza di un’idea che crede nell’arte come benessere sociale.  

 

Emiliano De Magistris 

20 novembre 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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