Venerdì, 29 Marzo 2024
$ £

“Echoes” – La voce delle vittime

Recensione dello spettacolo “Echoes”, in scena al Teatro India dal 19 al 29 Aprile 2018


Donne avviluppate. Nelle spire di un destino, che, ancora oggi, pare ineluttabile. Donne che camminano, come antiche carovane, su un solco già tracciato che conduce sul ciglio di un baratro. Donne racchiuse, cucite, sigillate nel ruolo che vuole essere la loro eterna prigione: quello di vittime.
“Echoes”, testo del 2015 dell’autore inglese Henry Naylor rappresentato per la prima volta in Italia, riporta la voce di due donne, diverse e simili, che attraversa i secoli per ripetere un messaggio, che si perpetua come una eterno eco.

Tillie (Federica Rosellini), ragazza colta e brillante, vuole fuggire dalla mediocrità del contesto provinciale della cittadina di Ipswich e si imbarca per l’Oriente, per trovare marito fra i militari della Compagnia delle Indie e dare figli a quella che crede essere un’opera di civilizzazione. Finirà nelle grinfie di un Luogotenente violento e conoscerà la sopraffazione che l’Impero britannico sta in realtà attuando sul popolo indiano, soggiogato e ridotto in miseria.
Samira (Francesca Ciocchetti) è una ragazza siriana, che lavora in un market nella stessa Ipswich. Disgustata dalle menzogne e dalle omissioni della stampa europea sulla situazione del suo paese, decide di tornare in patria e diventare una moglie della Jihad, andando a sposare un combattente del Califfato. Scoprirà come la lotta contro i kafir, gli infedeli, sia una realtà fatta di orrori indicibili e come l’integralismo islamico preveda la sottomissione e l’umiliazione della donna.

Storie distanti nel tempo, ma perfettamente parallele. “Echoes” non offre salvezza. Non c’è cultura, momento storico o contesto sociale a rendere la Donna vittima. Come per entrambe le protagoniste, è la materna pietà ad esserle fatale. Lo stesso sistema di valori, che storicamente viene riassunto nei precetti della religione, viene letto in maniera diversa, perché la voce di Dio giunge sulla Terra come un eco distorto. La Donna, ripiena della natura creatrice e salvifica, la accoglie disponibile, mettendosi nelle mani dell’Altissimo come Maria all’Annunciazione. Per l’Uomo quella stessa voce è un grido di battaglia, un inno alla morte, il viatico per un’espansione incontrollata dell’Io nella bramosia di distruggere.

Il regista Massimo Di Michele coglie a pieno lo spirito del testo di Henry Naylor, con un allestimento che ne rende integralmente la potenza. Volutamente astrae le vicende delle due donne da ogni contestualizzazione, così come l’autore rifugge da indagini sociologiche o antropologiche. Le attrici sono sole sulla scena, vuota ed asettica. Solo grovigli di gialli tubi di gomma arredano il palcoscenico, prigioni serpeggianti che avvinghiano i corpi. A ritmi serrati, la narrazione delle due protagoniste si alterna con movimenti coreografici voluti dal regista, sensibile all’espressività del linguaggio fisico. I costumi, eleganti e semplici abiti color dell’incarnato, suggeriscono la sensualità del corpo, senza mai ostentarlo. Il risultato è di forte impatto drammatico, capace di saturare la mente dello spettatore e ottunderne i sensi in un coinvolgimento totale, pur nella breve (70 minuti) durata della rappresentazione.

Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini, le ottime interpreti (peraltro dotate di un aderentissimo physique du rôle) creano, con un diverso stile, un felice contrappunto. La parossistica intensità richiesta dal testo e dalla regia viene raggiunta dalle due attrici per vie diverse e confluenti. Se la prima si avvale di eleganza nella gestualità ed impostazione classica nel recitato, mantenendo il suono in maschera nella gestione dei continui crescendo, la seconda valorizza la prestanza atletica nell’atto tersicoreo ed estremizza emissione vocale e mimica facciale, in una performance prevalentemente fisica.

Henry Naylor inoltra al pubblico la sua riflessione, e il tema è troppo grave ed urgente per esimersi. Ma, al contempo, suggerisce, implicita, una risposta. Tillie e Samira mettono in atto una duplice rivolta: con l’azione, causando la morte del loro carnefice, ma anche, inconscia, tramite il corpo, che rifiutandosi di mettere al mondo figli, nega quella vocazione alla maternità, che pare essere l’unico senso del loro stare al mondo.
Sopprimere l’Uomo. Sopprimere la Donna. Cancellare le categorie. Se sarà possibile, è questa l’unica via affinché le prossime Tillie e Samira possano continuare a vivere.

 

Valter Chiappa

23 aprile 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori