Mumble Mumble, ovvero: Confessioni di un orfano d'arte

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Recensione dello spettacolo Mumble Mumble, in scena al Teatro Brancaccino dal 21 al 24 gennaio 2016.

Il camerino di un teatro di provincia, due attori alle prese con le prove di un testo di Dostoevskij. A dare l'innesco alla scintilla del ricordo una battuta che proprio non viene con la giusta naturalezza e a passare dall'immortale scrittore russo alla catarsi di se stessi il passo è breve. Emanuele Salce inizia così una sua particolarissima ricerca del tempo perduto che saltando dal nomignolo con cui lo chiamavano da bambino (per l'appunto Mumble Mumble) ai primi provini dove ventenni neodiplomati all'Accademia o al Centro Sperimentale sentendo il suo vocione lo sbeffeggiavano sostenendo che volesse fare il verso a Gassmann finisce per soffermarsi sui suoi ventitré anni, il giorno del funerale del padre biologico, Luciano Salce e cogliendone le sfaccettature più grottesche fa un salto di 11 anni per raccontare sdrammatizzando un altro funerale, quello del padre putativo Vittorio Gassmann.

Chi sta in platea potrebbe pensare "Finisce qui" sulle note poetiche di Paolo Giommarelli e invece no inizia il racconto di un vacanza in Australia col fratello minore diventato da pochissimo maggiorenne e una tragicomica storia dove una bellissima ragazza bionda del posto, un museo e un quasi blocco intestinale che si sblocca quando non deve e la fatidica boccetta di guttalax causa di tutto si trasformano nel corso di una narrazione intimista ma al contempo esilarante in un mix esplosivo che fa esplodere tra il pubblico una moltitudine di risate.

Emanuele Salce senza alcuna autocelebrazione si racconta rendendoci partecipi e testimoni dei suoi primi 40 anni di vita sfatando tutti quei falsi miti sui figli d'arte che dovrebbero seguire presumibilmente le orme dei padri, come se talento ed esperienza fossero ereditari, e ci mostra come la vita “degli artisti consacrati all'immortalità” sia per molti aspetti identica alla nostra, anzi molto probabilmente più esasperante e stressante della vita dell'uomo di tutti i giorni che al confronto su tanti altri fronti può considerarsi fortunato.

Uno spettacolo nato per una sola messa in scena ma che ormai va in giro per i teatri di tutta Italia da quasi cinque anni. Un testo ormai collaudato ed affinato che fa ridere e riflettere e che vale la pena correre il rischio di andare a vedere.

 


Fabio Montemurro
26 gennaio 2016