Recensione della mostra Caravaggio 2025 allestita a Palazzo Barberini dal 7 marzo al 6 luglio 2025
Per chi avesse perso l’evento, c’è ancora qualche giorno di tempo per assaporare l’indiscussa bellezza di uno degli artisti più interessanti e seguiti dalla seconda metà del Novecento presente in Caravaggio 2025. Già il titolo apre qualche interrogativo sull’evento. Nell’intento dei curatori si tenta di accostare la kermesse all’anno del Giubileo, anche se l’accostamento appare un po’ forzato vista la spiritualità fuori dai canoni e dai conformismi ecclesiastici vissuta da Caravaggio. Questo titolo ci dà però qualche anticipazione sui contenuti della mostra, sono presenti infatti alcune opere di recente e ancora discussa attribuzione al pittore che si mescolano ad alcuni dipinti più noti e significativi della sua produzione artistica. Pertanto aggiungere l’anno 2025 al nome del pittore, ci attualizza la ricerca sull’artista dandoci una visione più completa della sua produzione. All’ingresso delle stanze dedicate al Bardo, colpisce immediatamente la calca presente per vedere i quadri. Si fa fatica a muoversi e a contemplare le opere esposte per un sovraffollamento dovuto probabilmente alla disposizione di un cospicuo numero di opere in poche stanze. Inoltre l’illuminazione non sempre eccelle, per cui alcune opere possono essere ammirate adeguatamente solo da alcune angolazioni a discapito dei visitatori che non posso godere di un percorso che risulta alquanto interessante per le scelte effettuate. Si è cercato infatti di delineare i momenti essenziali della produzione caravaggesca con molti dipinti noti provenienti sia dalla collezione interna di Palazzo Barberini, sia da collezioni presenti in altre parti in Italia e all’estero.
Possiamo infatti osservare la cifra stilistica della luce e del realismo del pittore nel Bacchino malato (Galleria Borghese, Roma) in cui le labbra scolorite e l’incarnato pallido restituiscono pienamente l’idea della malattia a cui fa da specchio l’uva con qualche acino marcio tra le mani; la Flagellazione (Museo di Capodimonte, Napoli) dove l’effetto della luce chiara sul Cristo crea una netta contrapposizione tra la sua figura e i suoi aguzzini nella penombra che emergono dall’oscurità dello sfondo; inoltre come per il Bacchino malato è evidente la plasticità della muscolatura che dona una nota di ulteriore realismo all’opera. Il David con la testa di Golia diventa agghiacciante per la testa sospesa di Golia che alcuni ritengono un autoritratto dello stesso Caravaggio; i volti femminili presenti rispettivamente in Santa Caterina d’Alessandria (Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza), in Marta e Maddalena (Detroit, Detroit Institute of Arts) e in Giuditta e Oloferne (Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini) presentano tratti molto simili e sono ispirati da un unico soggetto: Fillide Melandroni, la prostituta di origine senese che frequentava il rione Campo Marzio in cui risiedeva il pittore. Non mancano all’appello dei capisaldi della produzione caravaggesca come La cattura di Cristo (Dublino, National Gallery of Ireland), i Bari (Fort Worth –TX- Kimbell Art Museum), San Giovanni Battista nel deserto (Kansas City, The Nelson- Atkins Museum of Art), La cena di Emmaus (Milano, Pinacoteca di Brera ) e la Conversione di Saulo (Roma, collezione Nicoletta Odescalchi), tutti costruiti sul fondo oscuro da cui si staccano le figure connotate da un plasticismo luministico in cui l’immagine rappresentata da un’inquietante e rivoluzionaria credibilità è pervasa da una luce che nasce all’interno del quadro in modo quasi divino , tranne nel caso dei Bari. L’attenzione della critica si è soffermata però sulle recenti presunte attribuzioni al Bardo su cui ancora non è concorde. Il ritratto di Maffeo Barberini, proveniente da una collezione privata, scalda tiepidamente gli amanti della pittura di Caravaggio, risultando impostato e privo di quella forza dirompente che possiedono le sue creazioni. È ravvisabile invece la mano del pittore nell’Ecce homo (Icon Trust) in cui i lineamenti dei due personaggi accanto a Cristo ripropongono il forte impatto tipico dei suoi volti; verosimilmente di matrice caravaggesca anche il Mondafrutto (Londra, Hampton Court Palace, The Royal Collection / H.M. King Charles III), prestito della Corona inglese, in cui oltre alla caratteristica luce sul viso che contrasta col fondo oscuro, i dettagli realistici della frutta e del viso, inducono ad un’attribuzione quasi certa. Certezze e interrogativi ancora aperti dunque si fondono in quest’evento che ha richiamato migliaia di visitatori in questi mesi confermando come che l’arte rivoluzionaria di dirompente bellezza dell’artista e i suoi contenuti continua a parlare a suoi fruitori.
Mena Zarrelli
4 luglio 2025