Sabato, 20 Aprile 2024
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Il Paradiso e la beatitudine: ultimo appuntamento del ciclo su Dante al Teatro Argentina

Recensione della lectio magistralis di Luca Serianni e Claudio Strinati al Teatro Argentina svoltasi il 24 ottobre 2021

 

Nella suggestiva location del Teatro Argentina, si è concluso il ciclo di lectio magistralis del professor Serianni e del professor Striati sulla Divina Commedia. L’ultimo appuntamento ha per oggetto la Cantica più complessa e meno nota: il Paradiso e la sua condizione interna, ossia la beatitudine. Con la capacità che lo contraddistingue di rendere fruibile anche ai non addetti al settore una materia di non immediata comprensione, il professor Serianni ci conduce nell’esperienza di Dante Alighieri uomo, personaggio dell’opera e scrittore in questo luogo che è anche un simbolo, quello della sua personale felicità. Gli incontri avuti da Dante nella sua ascesa ai cieli sono tra i più difficili da comprendere e da ricordare, dato che la presenza umana nella sua dimensione corporea si riduce progressivamente. La grandezza delle immagini a cui ha assistito e la progressiva rarefazione delle presenze dei Beati, non sono state interamente trattenute dalla memoria umana. Più volte Dante ripete di non poter esprimere attraverso il linguaggio umano, il punto più alto della beatitudine e la visione di Dio, essendo la memoria umana labile di fronte a un’esperienza di tale portata.

La lectio procede argomentando poi sull’uso ricorrente del termine luce e sulle sue declinazioni all’interno dei canti e sul ricorso a neologismi come intuarsi, ossia in= dentro tu=pronome personale soggetto, nel significato di “entrare dentro di te”, di sentire l’altro, concetto equiparabile al processo dell’empatia. Non manca l’utilizzo di termini molto concreti come “porci”, appellativo con cui Beatrice si rivolge agli esponenti della Chiesa nel 25° canto. Conclusa la sua chiara e coinvolgente dissertazione, il professor Serianni cede la parola al professor Strinati che completa il discorso su Dante con un excursus di ritratti pittorici sul sommo poeta, a partire dalla percezione dei contemporanei che ne hanno individuato da subito l’autore del poema sacro a cui “ha posto mano cielo e terra”. Con stili differenti e accentuando chi più, chi meno, la fisiognomica importante dell’autore, Andrea Del Castagno, Domenico di Michelino, Raffaello, Botticelli, Luca Signorelli, Bronzino ci hanno regalato varie effigie di Dante Alighieri. Colpisce però che nell’affresco di Domenico di Michelino, nella chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze, il poeta venga raffigurato con alle spalle scene dell’Inferno e del Purgatorio, mentre i 9 cieli concentrici vengono solo accennati. Interessante questa rappresentazione indicativa della percezione del tempo secondo la gloria poetica sarebbe stata conquistata con la notorietà delle prime due cantiche a discapito della terza, che ha scavato meno profondamente nelle menti e negli animi dei lettori dal Medioevo ad oggi. 

Riuscita perfetta dell’iniziativa considerando l’attenzione e la soddisfazione del pubblico in sala deliziato anche dalle musiche al violoncello del maestro Marco Simonacci che hanno intervallato i diversi momenti dell’evento.

 

Mena Zarrelli

3 novembre 2021

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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