Recensione del concerto “Piazzolla e Morricone” all’Accademia Filarmonica Romana il 24 giugno 2025
Il Festival Il canto delle culture è un arcipelago musicale fatto di tante isole, così come sono tante le suggestioni che compongono lo scenario sonoro odierno: “jazz”, “classic”, “musiche contemporanee” “Swing Opera” e la trasversalità di “Inuksuit” che ci introduce in un mondo onirico, fatto di atmosfere rarefatte dal respiro internazionale.
Nel mezzo, una sera d’estate, un galeone con protagonista una formazione inusuale che unisce il bandoneòn dell’italo-argentina Gabriela Galí, il violoncello di Daria Rossi Poisa e il flauto traverso di Maurizio Ziomi nel concerto realizzato in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica Argentina in Italia.
Il concerto si apre senza presentazioni, dal silenzio carico di attesa di noi spettatori che apre l’ingresso in palcoscenico dei musicisti.
Un flato, un fischio, un urlo. Le musiche di Ennio Morricone, maestro raro e sempre in fuga verso il futuro, traccia tante strade e altrettante ne ha lasciate aperte per la musica che verrà.
Il buono, il brutto e il cattivo: la colonna sonora del compositore si innalza come un unicum della cinematografia. Sfruttando la convenzionalità degli schemi musicali tradizionali, da sempre dominanti all’interno del cinema di genere, Morricone dà origine a composizioni in limbo tra il classico e lo sperimentale. Ancora una volta la musica, con il suo lirismo e la sua sentimentalità – forse perché le note sono qui le ultime note della trilogia, le note di addio –, si riesce ad elevare a strumento in grado di esplicitare con una potenza e una lucidità fuori dal comune dettagli nascosti nella narrazione, nelle parole pronunciate dai personaggi, nei loro silenzi.
Il suono acido del bandoneon di Galì dà vita ad un mix inedito che lascia senza fiato. La colonna sonora di C’era una volta il West si caratterizza come un febbrile susseguirsi di note, come un alternarsi di composizioni ossessive e melodie vecchio stile, strappate ad un passato ormai dimenticato.
Sommerse nella fosca densità della nebbia di New York di C’era una volta in America, il maestro Morricone realizza un’odissea nella complessità della vita – e della morte –, riuscendo ad abolire totalmente il presente, annullandone l’importanza: esistono solo il passato, solo i ricordi, solo i fantasmi, visioni spettrali che aleggiano perennemente nella psiche di ogni singolo individuo.
Partire, cancellare il passato, iniziare una nuova esistenza. Nuovo Cinema Paradiso è la narrazione di memorie infantili impresse sulla celluloide, memorie che scorrono velocemente, come pellicole cinematografiche che scorrono all’interno dei proiettori; con la sua musica Morricone, in poche parole, racconta il tempo dell’infanzia.
Si procede. Un’ora e mezza di musica.
Ed ecco intervallarsi le musiche del maestro Astor Piazzolla con Oblivion che fa parte della colonna sonora del film “Enrico IV” di Marco Bellocchio. E subito, nel silenzio di quella pausa di croma, che ci svela il levare di Libertango che compose a Roma dove si era trasferito.
Piazzolla era un musicista itinerante, scriveva la maggior parte dei brani in tournée; era una persona in grado di mettere le emozioni in musica in tempo reale. Ma Astor Piazzolla non è solo Libertango, è molto più profondo sia da punto di vista emotivo che compositivo. Per fortuna oggi lo stigma sta cadendo e anche le orchestre classiche stanno iniziando a introdurre nei loro programmi brani tratti dal suo repertorio sinfonico e del suo Tango Nuevo. Del resto, non si può negare che le note calde di Piazzolla abbiano un che di Mediterraneo che seduce gli Italiani, creando un legame speciale tra Sud America e Sud Italia.
Il trio di musicisti sul palco ci tiene a sottolineare come la scelta dei brani sia stata rigorosamente cronologica e più o meno negli stessi anni l’essere in Italia fu anche un momento di crescita nella vita dei due artisti.
I brani sono potenti. Gli interpreti si offrono con impeto, equilibrio e un misto di tensione. Una musica che stupisce perché ogni esecuzione non è mai uguale alla precedente, i musicisti durante gli assoli si esprimono in maniera personale, unica. Una libertà preziosa da preservare; dinamica in cui la passione e l’origine – in questo caso italo-argentina - è cruciale, perché solo attraverso la piena conoscenza si raggiunge la massima libertà.
Lo spettacolo musicale è stato molto interessante perché i due artisti Piazzolla e Morricone rimandano a suggestioni oniriche tipiche della settima arte e hanno dei punti in comune perché entrambi hanno giocato con diversi generi, anche riscrivendo la storia della musica per il cinema. Negli ensemble di Piazzolla c’era sempre una grande quantità di fraseggi estemporanei, appunto di improvvisazioni giocate sulla linea melodica. Questa è probabilmente una delle più grandi sfide per un esecutore della sua musica che spesso deve guardare oltre la partitura scritta per coglierne i punti più profondi.
Il Festival prosegue fino al 10 luglio. Quest’anno il programma, presentato in conferenza stampa dal Presidente Paolo Baratta e dal direttore artistico Domenico Turi, è un viaggio attraverso le musiche colte e popolari, antiche e moderne con più di 190 artisti, una vera geografia musicale del mondo, ed è stato possibile realizzarlo anche grazie alla collaborazione di varie ambasciate, accademie e istituti di cultura stranieri a Roma. Sono quattordici i giorni in cui concerti si svolgeranno con cadenza quotidiana dal 19 giugno al 10 luglio appunto. Quasi ogni giorno saranno due i concerti, uno alle 20 nella Sala Casella e uno alle 21.30 nei Giardini.
Da non perdere.
Alessandra Perrone Fodaro
26 giugno 2025
Informazioni
Il canto delle Culture. All’interno dei Giardini dell’Accademia Filarmonica Romana.
19 giugno-10 luglio 2025
Concerto Piazzolla e Morricone
Daria Rossi Poisa: Violoncello
Maurizio Ziomi: Flauto traverso
Gabriela Galì: Bandoneòn
Tutto il programma su filarmonicaromana.org