Martedì, 14 Maggio 2024
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Federico Giansanti: ho scritto Safe durante il primo lockdown. Non facevo che scrivere, leggere e pensare

Federico Maria Giansanti racconta Safe, l’ultimo spettacolo di cui è autore e regista. Il monologo, interpretato da Valeria Wandja e premiato per la migliore sceneggiatura inedita al Desenzano Film Festival 2020, si è aggiudicato anche il Best of FF Award e l’Audience Choice Award al Great Salt Lake Fringe Festival 2020. 

 

 

Il 7 agosto Safe ha debuttato in streaming al Great Salt Lake Fringe Festival 2020 (USA). Sulla fruizione del teatro in streaming si è detto molto nei mesi passati; abbiamo letto pareri discordanti, sia da parte del pubblico, sia da parte degli addetti ai lavori. Da persona che ama andare al teatro e paga il biglietto, ma anche in qualità di regista e dunque di addetto ai lavori, cosa ne pensi?

La questione è controversa, ma in questo momento il teatro può continuare ad esistere soltanto in streaming. Non credo che siano i teatri a contribuire alla diffusione del virus; a ottobre abbiamo fatto quattro sold-out con la commedia Scelte azzardate e abbiamo dimostrato che è possibile fare teatro in totale sicurezza. Il problema sono gli assembramenti che si possono creare fuori, questo sicuramente. 

Personalmente ho pagato il biglietto per vedere degli spettacoli in streaming ed è ovvio che il teatro in streaming perda qualità; perché non c’è il contatto con l’attore, perché diventa un ibrido tra teatro e cinema. Ma ha anche un potere nascosto che, se usato bene, può avvicinare le persone al teatro, chi non ne sa niente o chi ha un pregiudizio sul teatro. In Italia siamo vittime di questo, purtroppo; in molti pensano che il teatro sia solo per intellettuali o ricchi, e non è così. Magari, se riusciamo a mettere online tanti contenuti fatti in un certo modo, riusciamo ad avvicinare queste persone al teatro. Detto ciò, non credo si avrà mai uno spettacolo in streaming superbo; oltre a venire meno l’emozione del contatto dal vivo, del qui e ora, viene meno anche il concetto di replica. Ammenochè tu non faccia la diretta streaming, si tratta di registrazioni; dal vivo ogni replica è diversa, c’è sempre un particolare in più, lo stesso personaggio si scopre e si conosce meglio replica dopo replica. Dal vivo si colgono tante sfaccettature che in streaming sarebbe impossibile avere. 

 

 

Safe racconta la condizione di isolamento che stiamo vivendo e che, nel caso dei protagonisti, è ulteriormente aggravata dal meteo e da una collocazione geografica sfavorevoli agli spostamenti. Perché la scelta di uscire con un’opera che racconta il presente nel 2020 e non tra uno o due anni, quando si spera che tutto questo sarà finito?

Non vedo la possibilità di fare questo spettacolo tra tre anni, quando spero avremo tutti dimenticato questa storia. Safe è stato scritto durante il primo lockdown, in un momento in cui eravamo tutti chiusi in casa e dovevamo fare qualcosa. Io passavo le giornate a leggere, a scrivere e a pensare. Ho pensato a persone che, magari, non ci sono vicinissime nella quotidianità e a come potevano vivere quel momento. Ho pensato a una ragazza suora e ho provato a metterla in difficoltà il più possibile, isolandola su una montagna sperduta, insieme agli abitanti di una piccola comunità, in attesa di un segno. 

Non volevo parlare del covid-19, ma di uno scenario al limite del post apocalittico per mostrare l’effetto dell’impotenza e della solitudine sulle persone, anche su quelle mentalmente più forti, come possono essere le persone devote.

 

 

Come tu stesso hai detto, la protagonista di Safe è una suora. Qual è il ruolo della fede in questo periodo secondo te e che ruolo ha Dio in Safe?

Mentre scrivevo, ho parlato con una persona molto credente a cui ho chiesto se credeva alla creazione del virus in laboratorio e alle varie teorie complottiste. Questa persona ha risposto dicendo semplicemente “questo è il castigo del Creatore”. Noi andiamo troppo avanti, ci stressiamo, produciamo, spacchiamo, ricostruiamo e qualcuno doveva pur fermarci in qualche modo. In Safe Dio fa proprio questo: ferma tutti per un po’. 

Da dodici restano in tre, le comunicazioni s’interrompono, si rompono anche i riscaldamenti e inizia a far freddo, il cibo scarseggia e a un certo punto anche la fede in Dio. Si affaccia il dubbio: Suor Daisy non vede più alcun aiuto diretto, quello che chiede nelle sue preghiere. L’aiuto, però, arriva alla fine, nel pieno della disperazione, ed è una giornata di sole. Dio si rivela nuovamente come a dire “sono stato duro con te, ma ho dovuto farlo, altrimenti nessuno si sarebbe fermato. Adesso puoi ripartire, c’è il sole”. In Safe Dio è un mentore, una guida in un certo senso. 

 

In uno sfogo con Dio Suor Daisy ripete diverse volte la frase “stay home”, che mi ha fatto pensare a delle parole che abbiamo sentito ripetere fino alla nausea in questi mesi. Eppure, come lei stessa ricorda, restare a casa non è necessariamente sinonimo di sicurezza. 

Ho scritto questo spettacolo partendo anche da una frase, quella che abbiamo sentito dire dal Governo più volte: “stay home, stay safe”. Mi sono chiesto: quanto è vera questa frase? e soprattutto per chi lo è? è veramente così per tutti?
Pensiamo ad esempio a un’infermiera che convive con la madre e ogni giorno, tornando a casa, ne mette a rischio la salute. E se ci fosse qualcuno in una condizione simile a quella di Daisy, in cui è difficile anche comunicare con l’esterno, quanto sarebbe sicuro restare a casa? 

 

 

Ancora un paio di domande prima di salutarci. Safe è stato scritto in inglese, ma il pubblico italiano può vederlo nella nostra lingua? E se sì, come e dove?

Safe doveva andare in scena in italiano al Teatro Trastevere dal 20 al 22 novembre, ma è stato annullato. Non appena possibile, tornerà in scena, sempre al Teatro Trastevere, in italiano e in presenza. 

Siamo contenti di dire che, nonostante il periodo, stiamo ottenendo anche altri riconoscimenti. Safe è stato selezionato per partecipare al The Asheville Fringe Arts Festival nel North Carolina, quindi, sarà di nuovo in streaming il 23 e il 24 gennaio 2021. Daremo il link per guardare lo spettacolo sui nostri canali social (Facebook e Instagram). 

 

 

In due parole: perché consiglieresti di andare a vedere Safe?

Perché, pur essendo un monologo, è uno spettacolo completo, in cui c’è movimento scenico, ci sono vari tipi di utilizzo della voce, l’attrice, anche se da sola, parla con altri due personaggi, e si usa la forma del teatro in molti modi. È uno spettacolo moderno, per tutti. 

E poi direi di andare a vederlo per dare un sostegno a noi, e al teatro.

 

 

Stai lavorando ad altri progetti in streaming? Quali sono i programmi per il futuro prossimo?

In questo momento, insieme a Davide Manfrevola, stiamo lavorando alla produzione di podcast in giapponese che raccontano Roma ai giapponesi. Faremo anche la versione in italiano. 

Non credo ci saranno altri progetti in streaming, non appena si potrà vorremmo riproporre gli spettacoli che sono già usciti; sicuramente Safe e Scelte azzardate, gli ultimi due titoli, ma anche Ossesso con cui abbiamo vinto il bando #inplatea 2018. E sicuramente iscriveremo Safe a nuovi bandi. Per ora siamo in selezione in Germania, in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Ucraina. Speriamo bene. 

 

 

 

Concetta Prencipe

12 dicembre 2020

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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