Recensione dello spettacolo La casa delle api in scena al Teatro Belli dal 7 al 19 maggio 2024
La sensazione è quella di addentrarsi in un sogno: schiuse le tende della platea ci si trova di fronte a un palco dove un uomo e una donna, separati da un tavolo, sono tenuti per i polsi da lunghe funi che dal soffitto finiscono per fissarsi al pavimento. Ai lati una serie di schermi televisivi, il tutto sovrastato da un nodo scorsoio. Il tempo di far sistemare il pubblico in sala e la scena si anima: Melisso De Sapio (Josafat Vagni), nel momento in cui sta per suicidarsi, è disturbato dalla visita della dottoressa Deborah Moncinelle (Mariné Galstyan): la terapista lo ha in cura all’interno di quello che si capisce essere un manicomio. Tra loro incombe un’oscura figura (Manuèl Palumbo) che, alla guisa di un burattinaio, tira le fila delle azioni di entrambi. Melisso fa presto a liberarsi dagli ingombranti lacci: una conseguenza della connaturata inquietudine che lo porta a non stare mai fermo o perché, un tempo affermato linguista, è abituato a risalire all’origine delle cose senza farsi distrare dalle apparenze. Gli scambi con la terapeuta non hanno nulla di tranquillizzante: alle domande di lei, risponde seminando ulteriori dubbi che riguardano tanto le azioni più banali quanto le questioni esistenziali che da sempre agitano il genere umano.
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