Martedì, 14 Maggio 2024
$ £

8 MARZO 2021 le donne, la violenza, il teatro

Proprio su queste pagine spesso ci siamo trovati a riflettere sul fatto che spesso il teatro intuisce e mostra problematiche, disagi, affezioni, ancor prima della società civile o della comunità scientifica. 

Questo è accaduto anche rispetto alla violenza nei confronti delle donne, della quale solo in tempi recenti si è iniziato finalmente a discutere e cercare soluzioni. 

Il teatro ha sempre portato sulla scena grandi personaggi femminili vittime di soprusi, ingiustizie, prepotenze quando non proprio violenze, da parte dell’uomo o della società costituita  maschilista. Facciamo quindi un piccolo viaggio, abbracciando un arco temporale che va dal XVII al XX secolo, per riportare alla nostra memoria tre fra i testi più famosi della drammaturgia.

Nel novembre del 1604 va in scena per la prima volta Otello, tragedia di William Shakespeare, anche chiamata “Il dramma della gelosia”. Il protagonista preferisce dare ascolto alle bugie di un uomo, Iago, e lasciare che il tarlo della gelosia si insinui in lui, piuttosto che credere a due donne, sua moglie Desdemona e la fedele ancella Emilia, le quali proclamano a gran voce l’innocenza e la totale fedeltà di Desdemona. Ma le donne “parlano troppo, sono furbe, sono ripostigli chiusi a chiave pieni di luridi segreti” come dirà Otello. Ancor prima della violenza, è il pregiudizio ben radicato a preparare il terreno per le bugie di Iago. Shakespeare mostra senza veli l’ingiustificata sottomissione e la scarsa considerazione dell’uomo nei confronti della donna, atteggiamento che porterà purtroppo a terribili conseguenze.

Il moro di Venezia ucciderà Desdemona per punirla di una colpa che non ha commesso, assolutamente sordo alle frasi di lei, che spergiura la sua innocenza. Del resto gli uomini “… sono tutti stomaco, e noi donne siamo soltanto cibo. Ci mangiano avidamente, e quando sono sazi ci vomitano.” dirà nel terzo atto Emilia, che non a caso è la moglie di Iago.

 

Nel 1897 il norvegese Henrik Ibsen scrive Casa di bambola ispirato dalla vicenda realmente accaduta a una signora di sua conoscenza.

La protagonista del dramma, Nora, è bella, giovane, affascinante, a prima vista felice ma superficiale. Nessuno la prende troppo sul serio, ma ciascuno gode della sua compagnia, che porta luce e allegria dovunque si trovi. Eppure è stata proprio questa donna che nessuno considera matura e responsabile, a salvare il marito Torvald dalla bancarotta e da una brutta malattia, due anni prima della vicenda, indebitandosi e lavorando fino a notte fonda. Per una serie di circostanze ora il debito e una firma falsa messa da lei stanno per essere svelati a tutti. Nora ne informa il marito che invece di esserle infinitamente grato, si preoccupa soltanto di cosa dirà la gente e di salvare la propria reputazione. Non comprende l’enormità del sacrificio che lei ha fatto per lui, ancor meno è pronto a fare altrettanto addossandosi la colpa di quella firma falsa, tanto da dirle: “Io lavorerei per te giorno e notte amor mio, ma non puoi chiedermi di rinunciare al mio onore, alla mia posizione. Del resto, non c’è nessuno che sacrifichi il suo onore per la persona amata” al che Nora risponderà: “Centinaia di migliaia di donne lo hanno sempre fatto”. 

Si è rotto qualcosa nel loro matrimonio, in quella casa di bambola che Nora ha contribuito a edificare per far contento il marito. La protagonista ha finalmente aperto gli occhi su se stessa e sulla vita con Torvald, e dimostrando un enorme coraggio, sceglierà di andare via, abbandonando marito e figli “… la nostra casa non era altro che una stanza di giochi. Io qui ero la tua sposa bambola come a casa ero la figlia bambola di mio padre. Ma io ora non posso più rimanere. Tornerò a casa mia, per capire veramente chi sono. Prima di avere dei doveri come moglie e madre, ho dei doveri verso me stessa”.

Nel 1947 il drammaturgo statunitense Tennesse Williams scrive Un tram che si chiama desiderio. La protagonista, Blanche Du Bois, dopo un brutto trauma per il quale si sente in colpa e anni di vita dissoluta, si rifugia a casa della sorella Stella.

Nella cittadina in cui Stella vive col marito, sembra essere costume abituale e da tutti accettato che i mariti si ubriachino, non portino rispetto, siano insolenti, prepotenti e picchino le proprie mogli. Stanley, marito di Stella, non fa eccezione. E le mogli sopportano tutto, perché come dice la loro vicina di casa “… si deve tirare avanti, a qualsiasi costo”. Anche al costo dunque di farsi trattare come oggetti di proprietà privata e massacrare di botte all’occorrenza. 

Ma l’arrivo di Blanche in qualche modo scardinerà tale precario equilibrio. Verso la fine del dramma, la protagonista sarà violentata da Stanley e poco dopo internata in una casa di cura, ma questo darà almeno il coraggio a sua sorella Stella di lasciare il marito giurando di non tornare mai più in casa sua.

Attraverso l’arte teatrale Desdemona, Nora, Blanche ci parlano dunque, fin dal lontano 1600; e ancora oggi mostrano con grande coraggio quanto l’amore, la dedizione, il sacrificio, mai dovrebbero essere ripagati con la scarsa considerazione, il disprezzo, la violenza, e addirittura l’omicidio.  

 

 

Cecilia Moreschi

6 marzo 2021

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori