Giovedì, 18 Aprile 2024
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Questa intervista nasce dal dibattito scaturito dall’articolo “Che senso ha il teatro in televisione o sui social?”. Monica Guerritore negli scorsi giorni ha scritto una lettera aperta indirizzata al primo ministro Giuseppe Conte nella quale ha chiesto di dare più spazio in Rai al teatro e di permettere alle compagnie di portare in scena gli spettacoli, che erano già pronti, negli studi televisivi. Può essere una soluzione per aiutare teatro e teatranti? Si può parlare ancora di rappresentazione teatrale? Cosa può fare veramente la Rai, la televisione ed il mondo del web per aiutare il teatro in questi mesi di inattività? 

Con Monica Guerritore abbiamo provato a fare chiarezza su tutti questi interrogativi.

 

Il teatro è fermo e lo sarà ancora per molti mesi. Sono in molti a domandarsi cosa poter fare per evitare il tracollo finanziario di molte realtà e professionisti. Con una lettera rivolta al primo ministro Giuseppe Conte ha lanciato una sua proposta, di cosa si tratta?

E' una lettera aperta che da voce a un intero settore muto, bloccato a metà di una recita a Marzo e che vedrà forse riaprire magazzini, camerini, sale, palchi a gennaio '21. Un mondo fatto da centinaia di migliaia di persone che si chiamano pubblico e altrettante che sono i lavoratori del teatro:  artisti, tecnici, maestranze, service. Un mondo scomparso dai radar della discussione pubblica  e che  attraverso la mia proposta cerca una strada che non incida sulle finanze dello Stato già impegnato su tanti fronti, ma conti su fondi a disposizione della Rai: chiedo alla televisione pubblica di  aprire  le porte, darci degli spazi , farci  allestire, mettere in scena riprendere, montare e mettere in onda per offrire al pubblico che non può andare a teatro il Teatro.

 

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In occasione del debutto dello spettacolo Di mare e di vento – Viaggio nella musica di Gianmaria Testa che sarà in scena al teatro La Fenice di Senigallia il 14 marzo 2020 intervistiamo Neri Marcorè che ci parla anche dell’attuale situazione teatrale “soffocata” dall’emergenza Coronavirus.

 

In questi giorni si parla solo di Coronavirus. I numeri, per il teatro, parlano chiaro: oltre 7mila spettacoli rinviati (numero destinato a crescere questa settimana) per un danno complessivo di oltre dieci milioni di euro… qual è la sua opinione?

Credo che ci sia stato un eccesso di allarmismo, anche perché sono stati annullati spettacoli in teatri dove siamo stati fino al giorno prima. A contribuire c'è stato sicuramente il fatto che oggi ognuno si sente libero di pubblicare su internet tutto quello che gli passa per la testa, in questo modo ogni paura viene amplificata. Vent’anni fa non sarebbe successo quanto abbiamo visto in questi giorni. Basti pensare alla Sars che non ha avuto questo impatto e forse era anche più complicata del Coronavirus. Ciò ha portato a trasmettere talmente tanta paura a chi deve decidere che nel dubbio preferisce annullare gli spettacoli o spostarli a data da destinarsi per tutelarsi da ogni rischio. Queste chiusure causano molti danni sia agli addetti al settore che agli spettatori. Non riguarda solo il teatro ma tutti i luoghi d’incontro. Ho molti amici che hanno dovuto rimandare l’uscita dei film ad esempio. Credo che ci sia un eccesso di allarmismo che va placato. Certo, ci sono persone più a rischio, che hanno altre patologie e per loro è giusto seguire delle giuste profilassi, ma quanto stiamo vedendo è eccessivo. Comunque quello che auspico è che si torni ad una normalità quanto prima.

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Romeo e Giulietta al Teatro Ghione per la seconda stagione consecutiva. Prossimamente in tournè per l’Italia. Ce ne parla direttamente la regista Selene Gandini.

 

Abbiamo assistito ad una versione di Romeo e Giulietta molto originale e poco consueta: sullo sfondo una gabbia e i costumi ornati con delle piume. Quale significato simbolico si cela dietro questa scelta registica?

Ho deciso di racchiudere i personaggi all’interno di una gabbia rappresentandoli come uccelli privi della loro libertà, senza la possibilità di volare. In questo contesto, per certi aspetti ancora molto attuale, la libertà dei sentimenti è vietata perché quello tra i due è un amore vietato e il matrimonio al tempo è un contratto sociale in cui non è possibile esprimere liberamente i propri sentimenti e le proprie emozioni. La libertà dei sentimenti va intesa, a mio avviso, in senso lato, come una totale voglia di vivere senza costrizioni. Nel caso di Giulietta e Mercuzio, ad esempio, entrambi vogliono vivere senza limiti, di cui l’amore espresso nella sua pienezza è solo una conseguenza. Giulietta è una figura femminile limitata, castrata, che quando reclama il diritto di esprimere ciò che realmente prova, subisce una violenza sia fisica che morale da parte del padre. Quindi è prima di tutto privata del diritto di essere ascoltata e di potersi esprimere e realizzare nella sua vera identità di cui l’amore è solo un aspetto. Inoltre la scelta dei pennuti è anche un richiamo a molti punti del testo shakespaeriano in cui continui sono i riferimenti al mondo degli uccelli con metafore sui cigni, le allodole, gli usignoli. 

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Francesco Gentile e Simone Pigna raccontano i retroscena di una commedia scritta a sei mani con Federico Cirillo che porta in scena topoi ancora insiti nel carattere dell'italiano medio di oggi: Sarti mortali.

 

Com'è nato ‘Sarti mortali’?

Francesco Gentile: L’idea parte proprio da ‘Sarto per signora’ di Georges Feydeau che abbiamo intrecciato alla commedia anni 70, quella con Lino Banfi e Alvaro Vitali per capirci. Abbiamo visto che il vaudeville si prestava a quello che avevamo in mente di scrivere perché l’intreccio tipico, facendo un salto temporale, era assolutamente riportabile all’interno delle commedie sexy italiane: i personaggi, che in Feydeau erano semplicemente abbozzati, li abbiamo ripassati col pennello, calandoli e calzandoli nelle situazioni topiche create in quei film. Nel nostro spettacolo, infatti, trovi proprio le maschere caratteristiche della commedia sexy all’italiana: da una parte l’ex gerarca fascista che si è riciclato nella pubblica amministrazione convinto di avere una moglie irreprensibile ma che realtà lo cornifica, dall’altra c'è il radical chic di sinistra apparentemente molto dedicato al lavoro e agli ultimi, ma che in realtà è uno sporcaccione seriale che agisce sotto gli effetti di ingrifamenti indotti, esogeni o endogeni, sposato con una moglie banfesca terribilmente brutta, e che per questo prova una irrefrenabile pulsione sessuale verso qualsiasi altra donna.

Simone Pigna: Tra gli altri cliché che abbiamo riportato nello spettacolo, ci sono l'Alvaro Vitali di turno che è un personaggio funzionale alla storia e che tutte le volte fa cadere il protagonista nell’errore e lo smaschera, e un personaggio femminile che ricalca la signorina Silvani. Abbiamo voluto rendere un chiaro omaggio a quel tipo di commedia perché rappresentava un genere cult e anche perché ci siamo fatti un sacco di risate vedendo quei film in cui ogni personaggio, attraverso la rappresentazione di un difetto fisico, innescava nello spettatore elementi positivi di forte ilarità.

 

Francesco, come ti sei giostrato nel triplice ruolo di regista, attore e autore? 

F.G. È stato bello! Simone mi ha aiutato come assistente alla regia. Noi separiamo completamente le tre fasi di realizzazione dell'opera: la prima fase di scrittura è una fase enciclopedica in cui leggiamo tanto, litighiamo e discutiamo. Poi Federico ci ha aiutato molto nella stesura dei dialoghi. Abbiamo rispettato le tre fasi come se fossero tre persone diverse. Quando abbiamo finito la fase di scrittura, abbiamo permesso da registi, di fare carne da macello del testo, mentre poi come attore mi sono confrontato soprattutto con Simone e abbiamo lavorato senza tener conto che fossimo noi gli autori. Lavorando per step separati, siamo riusciti a portare a casa una commedia senza compromessi.

S.P.: Ci siamo ritrovati a lavorare molto sul personaggio dell’omosessuale degli anni 70 che ricopre un ruolo molto forte. Prima che lo trasformassimo dal punto di vista registico, ci siamo interrogati sulla sua valenza e su quello che avrebbe potuto trasmettere al pubblico, tant'è vero che abbiamo richiesto anche pareri esterni per paura di urtare la sensibilità degli spettatori. Questo proprio perché si trattava di un personaggio che avrebbe dovuto rappresentare l’esaltazione dell'orgoglio omosessuale come volontà di mostrare il proprio corpo e le proprie ragioni, cercando di creare un personaggio sicuro di sé pur con tutte le eccentricità tipiche del cliché.

 

Come si è evoluto il processo creativo?

F.G.: Per la scrittura del testo abbiamo impiegato tre mesi mentre le prove ce ne hanno richiesti sei. In itinere poi abbiamo effettuato diversi ritocchi al testo, ma li considero un lavoro di regia perché quando sei convinto che un testo funzioni poi sei disponibile a smontarlo. Man mano che leggevamo con gli attori, prendevamo in considerazione altri aspetti: per esempio, nella prima fase non c’era il personaggio dello iettatore seriale che era sempre presente nei film di Banfi e l’abbiamo voluto aggiungere, per cui è nato come personaggio registico. 

 

Da quanto tempo la compagnia Helsingor calca le scene romane?

F. G.: In questo caso, sono più compagnie a essersi riunite. Con loro proprio sono circa tre anni, e sono tutti attori che si muovono nell’ambito di compagnie che mi piace definire ‘professionali’ ovvero amatoriali e professioniste, impegnati almeno in tre spettacoli solo su Roma. Anche le nostre nove date qui al Teatro San Luca le consideriamo un bel risultato per una città che ogni sera mette in scena un’offerta teatrale non indifferente. 

 

Quanto può essere difficile trovare per una compagnia come la vostra uno spazio teatrale?  

F.G.: Il nostro spettacolo è tutto autoprodotto e trovare uno spazio che ci ospiti oggigiorno è difficilissimo. Però devi cercare di trovarti uno spazio altrimenti ti si presenta il problema contrario, che hai un lavoro buono ma non il modo per presentarlo al pubblico. Capiamo perfettamente che senza nomi importanti è difficile essere messi in calendario e diventare appetibili per un qualsiasi teatro, per cui devi rivolgerti a chi si affida anche al testo o che non guarda troppo al nome. Sinceramente un po' ho smesso di fare questo tipo di operazione, perché l’autoproduzione permette di esprimerti in piena libertà senza doverti trovare in una situazione di compromesso. Pensa che finiremo lo spettacolo con quasi 1500 spettatori e non è poco per una compagnia che non è conosciuta e di conseguenza la soddisfazione è triplice. A Roma fai veramente fatica a trovare un tuo ambiente.

 

Per le piccole compagnie, quale pensi possa essere l’aiuto maggiore da ricevere da parte della amministrazione cittadina?

Concedere più spazi sarebbe l’aiuto più importante che potrebbero darci, anche mettendoli a disposizione attraverso dei bandi pubblici o facendo una selezione, perché il problema più grande a Roma ora come ora per le compagnie è la mancanza di teatri dove esibirsi. Ci sono molti spazi teatrali inutilizzati per problemi burocratici ed è uno spreco. Non si comprende che se si concedono gli spazi a basso prezzo, poi si riesce a fare in modo che anche il biglietto dello spettacolo abbia un prezzo minore e questo riporterebbe il pubblico a teatro. 

 

Diana Della Mura 

9 febbraio 2020

 

Informazioni

Teatro San Luca

Sarti mortali

Regia di Francesco Gentile

Attori:

Barbara Gentile, Antonella Dicorato, Francesco Gentile, Steve Simon, Stefano Carelli, Isabella Marcucci, Giuseppe Lavecchia, Anastasia Coppola, Giancarlo Izzo, Nicola Di Lernia, Giovanni Canale, Maria Fortunato

Assistenti alla regia: Simone Pigna e Andrea Rar – Luci e fonico: Andrea Gentile

Scenografia: Nicola Di Lernia – fotografia: Mauro Milani

Assistenti di scena: Maria Teresa Volponi, Claudia Piconi, Germana Galleri, Daniela Voialbu, Chiara zstsrnini

In scena il 24,25, 26, 31 gennaio e 1,2,7,8 e 9 febbraio 2020

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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