Lunedì, 29 Aprile 2024
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Parla l’impresario e direttore artistico Gennaro D’Avanzo: quarantadue anni di vita di teatro ed attualmente direttore artistico del Teatro Villoresi di Monza, dopo un sofferto epilogo del trentennale rapporto con il San Babila di Milano. Ma dalle sfide difficili D’Avanzo ricava idee concrete figlie dela sua immutata passione.

 

Ripercorrendo il suo itinerario artistico emerge una grande vitalità, che sembra  alimentata proprio dall’esser sempre rimasto in gioco...

Sono sempre stato fedele al motto, ereditato dai miei genitori, "se non fai niente è inutile campare". Sono in pensione da quattordici anni e potrei scegliere una vita diversa ma, come diceva Chechov, il teatro non ti manda mai in pensione, altrimenti non avremmo avuto Franca Valeri e Gianrico Tedeschi che ha lavorato fino a novantotto anni. Le sfide caricano sempre e il Teatro Villoresi, che era chiuso da due anni, festeggia il centenario quest’anno. Su questo teatro sono passati i più grandi attori italiani, come Vittorio Gassman, Mariangela Melato, Enrico Maria Salerno, che, prima di approdare alla grande città passavano da Monza. Se ho accettato di dirigere il Villoresi, dopo le vicissitudini del San Babila, è perchè ho voluto mettermi alla prova: il teatro ha bisogno, oltre che di giovani, anche di idee e di esperienza. Sono l’unico in Italia ad allestire programmi a percentuale: molti teatri non stanno aprendo perchè non rientrano dei costi del cartellone culturale che vorrebbero allestire. Io propongo Sul Lago Dorato e faccio comunque cultura, perchè la trama è imperniata sul rapporto genitori- figli. Non è necessario arrivare a Brecht per compiere un’operazione di spessore. Il teatro pubblico quando si approccia alla programmazione riesce rapidamente ad allestire un cartellone: questo sarà il risultato tra il budget disponibile e la spesa per le singole compagnie. Ma quando si segue un modello a percentuale, la pianificazione diviene più articolata e richiede particolare attenzione nella scelta della direzione che si vuol prendere. Dopo quarantadue anni di esperienza, le compagnie che aderiscono alla mia proposta lo fanno per fiducia sapendo che, anche quando non ci guadagneranno, non andranno comunque a perdere. Io ho fatto sempre teatro privato costruendo da zero: ci chiamano privati perché ci siamo “privati” di tutto.

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#Intervista a Valentina Parasecolo, direttore artistico di Iubel Festival

Iubel Festival trova piena espressione sabato 12 settembre 2020 con Le Giornate di Jacopone da Todi. Abbiamo intervistato Valentina Parasecolo, direttore artistico del progetto, al fine di cogliere l’essenza di tale iniziativa.

 

Far conoscere il vero volto di Jacopone da Todi affrancandolo da un certo sapere superficiale e poco veritiero. È questa l’intenzione che anima Iubel Festival?

Mi fa piacere che venga colta la nostra intenzione. Noi come Associazione ci muoviamo su due piani. Una divulgazione stretta dell’opera di Jacopone attraverso un percorso che si svolge durante l’anno e prevede, oltre agli interventi nelle scuole, lo studio dei versi, di cui si occupa prevalentemente il professor Claudio Peri. Dall’altro versante vogliamo cogliere quei tratti che rendono l’autore unico e assoluto in termini di linguaggio: basti pensare al carattere dirompente della sua opera che consta anche di un attento studio sulla parola. Jacopone, infatti, pur avendo una scrittura colta arrivava a tutti, coniugando l’elemento trascendente con quello materiale. L’idea Iubel risiede nel rintracciare quei tratti che esaltano la grandezza di Jacopone rendendolo contemporaneo. Abbiamo interpretato la sua figura come metafora di contemporaneità facendo convivere nel Festival eventi che, seppur slegati da quella del poeta, si ricongiungono a questa nel concetto di attualità.

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#intervista a Antonio Rezza e Flavia Mastrella, premiati con il Leone d’oro alla carriera nel 2018, ci parlano del loro ultimo interessante film Samp, appena uscito nelle sale cinematografiche italiane e presentato al Festival del Cinema di Venezia.

 

Iniziamo con l'intervista a Flavia Mastrella.

In una recente intervista, Antonio Rezza, riguardo al vostro sodalizio artistico ha affermato: “Io non sono solo nell’arte, per me la solitudine non esiste perché c’è Flavia”. È condivisa anche da lei questa convinzione?

All’interno del nostro rapporto creativo, che oggi è solo artistico, ma molto profondo che è durato anni proprio per questo è durato. È come un transfert di utilità, difficile da descrivere, non ci sono riusciti neanche i migliori psicologi, in pratica ci compensiamo.

 

Qual è il suo ruolo nella composizione degli spettacoli? Si occupa solo dell’allestimento scenico?

Io mi occupo della sintesi, Antonio scrive i testi, io faccio gli habitat, insieme andiamo a togliere il superfluo per giungere poi ad una sintesi interpretabile dove ognuno con la propria fantasia completa il lavoro

 

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A poche ore dall’avvio dell’edizione del Todi Festival 2020, abbiamo intervistato il regista e attore Lorenzo Lavia che, con la pièce da lui diretta e cointerpretata, “Era un fantasma”, aprirà la manifestazione giovedì 3 settembre alle ore 21. Abbiamo cercato di cogliere il pensiero di Lavia in relazione al momento presente e, prendendo spunto dalla drammaturgia scritta da sua moglie, l’attrice ed autrice Arianna Mattioli, quale fosse la sua idea di teatro e della vita.

 

All’interno del Todi Festival convivono quest’anno due tendenze: la prudenza e il desiderio di ricominciare. Con quali sentimenti e riflessioni ti avvicini a questa manifestazione?

Non nego di essere preoccupato. Io vivo prevalentemente di teatro ed ogni giorno cambiano gli scenari che fanno dubitare non solo del futuro prossimo ma anche di quello immediato: saprò di essere stato al Todi Festival solo a fine spettacolo. Personalmente ho fatto il tampone perchè esiste anche una necessità di tutelare il proprio ambiente famigliare oltre a quello lavorativo. Sotto quest’ultimo aspetto farò di tutto per portare a compimento lo spettacolo che, anche se non prevede scene di bacio, contempla comunque una certa prossimità tra gli attori. Ho fiducia nelle persone che vanno a teatro perchè, diciamocelo chiaramente, chi va a teatro è diverso da chi frequenta certi locali a Porto Cervo: sono mondi diversi, hanno letto libri diversi e fanno altre cose nella vita. Il teatro ormai è aperto a tutti e non è solo riservato agli intellettuali o a chi ha le stesse mie idee politiche, altrimenti rischierebbe di essere un luogo autoreferenziale. Chi è stato una volta nella vita a teatro è sempre un po’ diverso da chi non lo ha mai frequentato: questo è poco ma sicuro. Esiste cioè una propensione al rito e al rispetto che si sostanzia anche nel saper stare in silenzio senza bisogno di guardare ogni cinque minuti il cellulare, escludendo sempre le solite quattro - cinque persone che rappresentano comunque una netta minoranza. Parliamo quindi del rispetto del prossimo, ancor prima del rispetto per le regole, perchè se io ti faccio vivere e tu mi fai vivere abbiamo colto l’essenza della libertà.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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