Martedì, 16 Aprile 2024
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Nella confusione di necessità che l’anomala contemporaneità impone il teatro va annoverato fra gli invisibili, per uscire da questa anacronistica situazione per i lavoratori dello spettacolo il gruppo Attori, Attrici Uniti ha deciso di organizzarsi in gruppi di discussione, che per necessità del periodo si sono svolti virtualmente, per discutere un piano d’azione concreto e organizzato, con l’unica importante richiesta di essere ascoltati e compresi nelle richieste di tutela. 

Quella che è infatti una categoria parcellizzata, ha deciso di riunirsi per formare progressivamente un’identità, approfittando dell’anomalia del momento storico per rivendicare dei diritti necessari e dovuti, non solamente legati alla pandemia in corso, ma ancor di più a necessità che indugiano sopite nel teatro da fin troppo tempo. Criticità annose e ingombranti come un Fus insufficiente per tutelare un patrimonio artistico ampio e diversificato come quello italiano e l’assenza di un modello di disoccupazione che permetta un sussidio fra un contratto e l’altro.

Nei giorni precedenti abbiamo pubblicato il documento stilato dal movimento, ma fermarci lì sarebbe stato un tradimento ai principi dell’iniziativa: Attori e attrici uniti è una comunità fatta di voci, forti e di storie diversificate. 

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Rileggendo le recensioni degli scorsi mesi alla luce degli eventi attuali, la riflessione si dispiega su due fronti paralleli: da un lato emerge chiara l’evidenza di ciò che è assente, dall’altro diventa ingombrante la presenza di tasselli che la quotidianità frenetica permette troppo spesso di accantonare. 

Una fra le questioni sollevate in questi giorni riguarda la necessità del teatro e l’ingiustizia del ritardo nelle riaperture delle sedi designate agli spettacoli dal vivo.

Probabilmente la ragione che più impone la necessità di affrettare la riapertura dei teatri è il bisogno di recuperare un luogo in cui la sospensione del quotidiano è concessa, in cui i pensieri veloci possono essere fermati, per dedicarsi alla riflessione e autoriflessione di ciò che è più grande, meno immediato, ma più reale dell’immediatezza.

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 “Qui e ora” non è possibile. Lo spettacolo dal vivo, già svilito in passato, sarà ulteriormente represso a causa dell’indispensabile distanziamento sociale dovuto all’emergenza sanitaria. Chissà in quanti ci staremo domandando: perché siamo rimasti inermi quando si concretizzavano i tagli dei fondi all’Istruzione, alla Sanità, alla Ricerca e alla Cultura? abbiamo smarrito la lucidità intanto che si depauperava il settore pubblico per sostenere il privato? 

Forse, considerato il presente, dovremmo restare in silenzio e porci queste domande. Forse avremmo dovuto fare, prima di adesso, “qualunque cosa” e rovesciare lo stato di passività sociale. Siamo e saremo capaci di fare “qualsiasi cosa” per risanare il bene comune? 

Per queste ragioni abbiamo ritenuto fosse importante condividere i seguenti due appelli.

 

Mentre C.Re.S.Co ha richiesto al Presidente Conte e al Ministro Franceschini che nel Comitato di esperti in materia economica e sociale, incaricato di elaborare e proporre misure per fronteggiare l'emergenza e per la ripresa graduale del paese, venga nominato anche un esperto del settore dello spettacolo dal vivo (qui il comunicato  https://bit.ly/2wLBixU), UTR – Unione Teatri di Roma si rivolge alla Sindaca Virginia Raggi e del Vicensindaco Luca Bergamo per studiare ulteriori azioni concrete.

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Il teatro è fermo. A quanto pare lo resterà ancora a lungo per il bene comune. Giusto, bisogna aspettare prima che ci siano le condizioni (per la sicurezza sia degli attori che degli spettatori), per tornare a vivere e fruire delle rappresentazioni teatrali. In questi giorni il dibattito su cosa si può fare per il teatro durante questa emergenza risponde a una domanda principale: trasmettere il teatro in televisione o sui social network può essere utile?

Il mondo degli addetti del settore è diviso in due. Da una parte chi, come Pino Strabioli, trova sbagliato, giustamente, parlare di teatro in televisione o sul web per il fatto che per potersi chiamare così è necessario avere un pubblico ed almeno un attore dal vivo. 

Dall’altra c’è chi invece spinge, come Monica Guerritore, per far sì che le emettenti televisive diano più spazio agli spettacoli teatrali e propone di far recitare gli spettacoli che sarebbero dovuti andare in scena in questi mesi in televisione.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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