Giovedì, 28 Marzo 2024
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Romeo e Giulietta 1.1. la sfocatura dei corpi, incontrarsi e perdersi tra le distanze

Recensione dello spettacolo Romeo e Giulietta 1.1. la sfocatura dei corpi andato in scena al Teatro Vascello il 18 luglio 2017 all'interno della Rassegna Fuori Programma

Non è solo uno spettacolo di danza quello a cui abbiamo assistito ieri sera al Teatro Vascello, è un linguaggio di corpi spolpati fin dentro la loro essenza, un idioma che racchiude la più grande e sconcertante verità relativa a qualsiasi forma di comunicazione presente sulla terra.
Romeo e Giulietta 1.1. è sì la "storia" dei due giovani innamorati di Verona, rappresentata però sotto un'altra luce.
Sul palcoscenico non ci sono oggetti. È nudo come i due personaggi che abitano la scena, avvolti, almeno per i primi venti minuti, da una fitta nebbia. Il contrasto di luci e questo velo di fumo intendono volutamente quello che Roberto Zappalà, regista e coreografo dello spettacolo, si promette di rappresentare sul palco.
Due figure si muovono al centro della scena, sono sempre equidistanti da loro, tracciati ognuno dalla propria individualità.

All'inizio si spostano da un punto all'altro senza un senso apparente, poi il loro movimento assume armonia, eleganza, delicatezza. Una prima parte infatti è caratterizzata da un individualismo, i due corpi/ballerini sembrano andare alla ricerca di qualcosa che non riescono ad afferrare, camminano in ogni parte del mondo anelando a qualcosa di tangibile, di concreto, che possa offrir loro la vita (o l'amore). L'alternarsi delle loro sagome, pur se viste nell'insieme, fanno percepire comunque nello spettatore una sorta di isolamento: ciascuno, per conto suo, sta comunicando qualcosa all'altro e al pubblico, qualcosa che, col passare dei minuti, andrà man mano svelandosi, sì come il velo di nebbia andrà dissolvendosi. L'incontro ha inizio a passo di salsa in un gioco di luci psichedeliche ma, prima che lo spettacolo abbia inizio, è bene concentrarsi su due fotogrammi ben precisi.
La scena cambia, dunque, ritrovandocisi nella camera oscura illuminata solo da una luce rossa e con i due corpi al centro. Ciò che fino a poco tempo fa non sembrava essere messo a fuoco adesso comincia a prendere forma. Il corpo si aggroviglia, si scompone, sembra plastilina da modellare finché trova la sua struttura: ancora un altro giro, un altro tentativo e la musica tace (le musiche sono dei Pink Floyd, Elvis Presley, Luigi Tenco, José Altafini, Mirageman, John Cage e Sergei Prokofiev). Lei (Maud de la Purification) prende a togliersi le scarpe imitata da lui (Antoine Roux-Briffaud), le distanze – che fino a poco prima apparivano insormontabili – si accorciano; ci troviamo ad assistere finalmente all'incontro dei corpi che scivolano sinuosi l'uno sull'altro, cercano e trovano un loro equilibrio, abbandonano il proprio disagio sociale, la propria unicità, la propria solitudine, la propria sfocatura, per concedersi all'amore.
Perché quindi Romeo e Giulietta 1.1. la sfocatura dei corpi? Perché un titolo così?
1.1. indica l'univocità dell'essere (si badi bene: 1.1. e non 1+1 come, quasi sempre, si è soliti pensare di Romeo e Giulietta), l'analisi profonda dell'individuo è raccolta tutta in quest'aspetto attraverso una coreografia che si concentra sugli unici interpreti presenti sulla scena. Lo spettacolo non ha niente di ostico, nulla dice e nulla tace, comunica solo per mezzo della danza e grazie alla straordinaria bravura dei ballerini (all'inizio né si toccano, né si sfiorano nemmeno con lo sguardo; non esistono l'uno per l'altro: ciechi, nella caligine, tentano invano di afferrarsi, sono come delle entità a sé stanti) sorprendenti ed emozionanti negli ultimi passaggi dove sublimano il loro incontro/amore con abbracci, coordinazione dei movimenti, dove il braccio dell'uno diventa il prolungamento dell'altro, il piede dell'uno il prosieguo dell'altro e così via all'infinito.
La sfocatura, tecnicamente, è una questione di distanza tra il centro focale dell'obiettivo è l'oggetto inquadrato, se questa distanza è inferiore o superiore ad una certa misura l'oggetto risulta sfocato. Quale storia migliore, allora, più di quella di Romeo e Giulietta poteva far percepire meglio questa sfocatura? Tutti ci sentiamo sfocati quando percepiamo che la distanza tra noi e il mondo, tra noi e l'amato non è quella giusta, quando la distanza che ci separa dall'essere amato è condizionata dal proprio essere nel mondo; quando siamo, ci sentiamo, crediamo di essere, troppo vicini, o troppo lontani. Proprio come Romeo e Giulietta. Proprio come Roberto Zappalà aiuta a far comprendere con questo spettacolo.
Perché la danza è anche questo. Un atto d'amore verso la vita.

 

Costanza Carla Iannacone
19 luglio 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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