Lunedì, 13 Maggio 2024
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Laura Verrecchia è un giovane mezzosoprano, in rapida e solida ascesa.

Fra le sue caratteristiche, una voce solida e  di ampia estensione,  un magnifico colore che riesce a declinare in tantissime sfumature, una tecnica  solida che le permette di affrontare un repertorio amplissimo, degli acuti  potenti che entusiasmano il pubblico.

Oltre gli aspetti musicali, però, emerge dirompente un talento interpretativo di gigantesco spessore, che la trasforma di volta in volta in un credibile Romeo, giovane e nervoso; in una  elegante  Giovanna di Seymour; in una umile ma determinata Angelina; in una Lupa sensuale e selvaggia; in una Eboli esuberante ed una spassosa Isabella.

Riesce a cogliere l’animo dei  personaggi, lavorando sulla parola, con dizione limpidissima e riuscendo a  trovare sfumature ed accenti mai scontati, riuscendo a divertire, commuovere, appassionare.

Abbiamo avuto il piacere di incontrarla a Trieste, durante le repliche di ‘La Cenerentola’, spettacolo di grande successo di pubblico e critica, che l’ha vista applauditissima protagonista accanto a dei fuori classe come Giorgio Caoduro e Carlo Lepore.

Con la cortesia e la disponibilità che le sono proprie ha accettato di sottoporsi alle nostre domande.

Cominciamo proprio dagli inizi. Lei è nata a Venafro, paese di circa 10.000 abitanti, dalla storia gloriosa ma certo  non famoso per le tradizioni musicali.

 

Come è nata la passione per il canto?

La passione anzi, la vocazione per la musica mi accompagna da sempre. Canto, ballo, suono da quando non avevo neanche gli strumenti per farlo ma è così che è successo, mi appartiene e basta. È la mia vita. Ciò che mi ha spinto a studiare e ho iniziato dal pianoforte e dal ballo, è stato il Festival dedicato al grande Mario Lanza (mio lontano parente), organizzato a Filignano, paese di mio padre. Lì ho potuto vedere da vicino la spettacolarità di quest'arte e mi sono resa conto della sua irrinunciabilità nella mia vita, seppur fossi ancora una bambina.

 

E’ stato difficile coltivare questa passione, vivendo in una realtà così decentrata?

Venafro è la città in cui ho iniziato i miei studi musicali e coltivato la passione per il ballo, il teatro. È una città in cui impari guardando anche le persone che, seppur in un ambito “amatoriale”, si cimentano in tante forme d'arte e tutto ciò è di forte ispirazione per chi ha dentro di sé quel fuoco che arde…Certamente per lo studio specifico del canto Lirico ho dovuto viaggiare quasi da subito: ho iniziato in un coro di voci bianche a Venafro ma dai 16 anni ho iniziato le lezioni con un'insegnante nel Lazio, poi al Conservatorio di Campobasso e alla fine sono approdata al Cherubini di Firenze.

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Intervista a Diego Santangelo, regista di ‘A Muzzarell’, nei cinema dal 15 febbraio 2024

 

A pochi giorni dall’uscita della sua opera prima, abbiamo incontrato Diego Santangelo e ci ha raccontato del suo primo film e di altri progetti in cantiere.

 

Parliamo prima al regista e presentiamolo: chi è Diego Santangelo?

Mi definisco uno che ancora sogna e gioca come un bambino. Nonostante io abbia 62 anni e sia nonno, non smetto di vedere la vita e tutto con estremo entusiasmo e con occhi ed animo sempre pronti a scoprire cose nuove. Sono fotografo, ho lavorato per anni nel mondo della produzione visiva, ma sentivo che era giunto il momento di provare – appunto – un’altra esperienza. Perché non si smette mai di crescere, no?

 

Parliamo un po’ di questa opera prima...

È stata un’esperienza meravigliosa, iniziata due anni fa. Ho pensato ad una storia semplice, che potesse ispirarsi ad una visione neorealista, come facevano i vecchi maestri del Cinema. Abbiamo lavorato con poche risorse. La sceneggiatura è stata scritta anche basandoci sul fatto che i luoghi e le realtà avessero fatto da protagonisti con la fotografia, insieme ovviamente all’enorme bacino di “characters”, fuori dalla dizione, dalle scuole e dalla recitazione studiata. Volevamo spontaneità e l’abbiamo trovata in attori veramente bravi, a partire dai giovani protagonisti.

 

Perché Napoli?

Napoli ha una storia cinematografica enorme alle spalle. Da sempre, praticamente, accoglie e ospita il Cinema. Per anni – e tuttora – è stata negativizzata, ma rimane sempre un territorio fecondo di storie da raccontare. Ci sono tornato dopo vent’anni di vita internazionale. È una città che soffro, che amo, che elaboro e filtro con gli occhi di un bambino. Non l’ho cercata però per temi cari a pellicole che vanno per la maggiore, anche se ne sono purtroppo presenti, ma perché facesse da sfondo ad una storia di adolescenza, che vive un malessere proveniente dal profondo.

 

Il tema principale del film sembrerebbe essere quello del viaggio, è così?

Un tema intramontabile, caro a libri, oltre che ad altre pellicole. Nel viaggio si vede, si vive, si cresce e si pensa. Ha permesso, a noi e ai personaggi, di vivere e girare nei luoghi del mito oltre che della storia. Pensiamo a Castel Volturno. Fazione associata ai Casalesi e ricordata per questo, ma ci sono luoghi legati al mito romano. Oppure Bagnoli, di cui non vediamo che un solo spiraglio, ma è ancora evidente la traumatica chiusura per il tessuto sociale. Il personaggio di Daniele è un muschillo per errore e guida il motorino: questo gli permette di passare in vari luoghi del passato

 

C’è anche però un accenno alla favola…

Ovvio! Pensiamo alla trama: un piccolo che attraversa il mondo esterno per poter passare da una casa a lui cara verso la nonna per portargli da mangiare. 

 

Cappuccetto rosso!

Esatto! L’allusione c’era ed era voluta. Non per niente, Martina – altra piccola protagonista – porta un abito rosso, che inizialmente doveva portare Daniele. Attraversando luoghi del mito, come in una favola e in una storia epica, il protagonista incontrerà personaggi gentili che daranno lui insegnamenti e correzioni utili ad una maggiore presa di coscienza. Parte di questo percorso, sarà fatto di silenzi, che prenderanno voce grazie alla colonna sonora, firmata da Adriano Pennino, che permette alla pellicola di avere diversi livelli narrativi.

 

Quali sono i prossimi progetti?

Intanto ci dobbiamo occupare di questo film: sarà presentato in quindici Festival riguardanti il cinema indipendente. Già sappiamo che questo film avrà un sequel, dedicato al personaggio di Martina, ma la produzione sarà più internazionale: ci sarà ad esempio Christopher Lambert. Non ci dimenticheremo mai, però, del nostro Sud e senza dimenticare l’analisi e la ricerca della redenzione, della fuga e della ricerca di risposte. Siamo sempre convinti che la Bellezza ci salverà: sia emotiva che quella che ci circonda.

 

Qualche consiglio per gli spettatori?

Lo do anche agli addetti ai lavori: proviamo a togliere un po’ di Materia che invade la nostra vita e lasciamoci condurre di più dalla Storia e dall’Ideale.

 

 

 

Francesco Fario

11 febbraio 2024

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Il soprano lirico Olesia Mamonenko non è solo una delle giovani voci più interessanti del panorama lirico contemporaneo, ma vanta un curriculum invidiabile, nonostante la giovane età.

  

Qual è stato il momento della sua vita dove ha capito che il canto sarebbe stato il suo futuro?

Sono sempre stata una bambina vivace, intenta a ballare, cantare e a fingere di suonare il pianoforte. Ho sempre desiderato diventare una cantante e lo dichiaravo apertamente a tutti, mostrando un grande entusiasmo. Ero talmente convinta della mia scelta che mia nonna, insegnante di pianoforte, notò una certa predisposizione unita alla passione per la musica e a cinque anni cominciai a prendere lezioni di pianoforte. Successivamente sono entrata al Ginnasio d’Arte, dove mi sono specializzata in pianoforte. Durante i miei studi sentivo nel cuore che il canto era una vera passione per me. A sedici anni, convinsi mia nonna a farmi iniziare le lezioni di canto con una insegnante che aveva una lunga carriera nel Mariinsky Teatro a San Pietroburgo e così il mio sogno di diventare una cantante lirica ha cominciato piano piano a realizzarsi.

 

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Intervista a Eugenio Guarducci, direttore artistico del Todi Festival, in scena dal 26 agosto al 3 settembre 2023 a Todi

 

Come sarà quest’anno il festival?

É un festival che vuole “ascoltare ciò che accade”, dal punto di vista della scena contemporanea. Siamo alla XXXVII edizione, l’ottava della mia direzione e cerchiamo di mantenere fede alla linea. Come sempre abbiamo affidato a un grande artista contemporaneo la grafica del festival, quest’anno Ugo La Pietra, che ha creato per noi il manifesto della rassegna, una pittura segnica che rappresenta il rapporto tra architettura e natura e che il festival omaggerà con la mostra temporanea “Effetto randomico” curata da Marco Tonelli.  Ho avuto la fortuna di rincontrare Ugo La Pietra dopo parecchi anni ed è stato un incontro felice. All’epoca La Pietra curò per la prima edizione di Eurochocolate l’esposizione “Dolce ceramica”. 

 

Lo spettacolo di aperura è affidato a Iaia Forte con lo spettacolo “Vita meravigliosa” un omaggio a Patrizia Cavalli, ce ne parla?

É un omaggio alla poetessa Patrizia Cavalli, cittadina di Todi e venuta a mancare un anno  fa, già lo scorso anno avremmo desiderato farlo, ma i tempi non erano sufficientemente maturi. Iaia Forte era una carissima amica della Cavalli, il titolo dello spettacolo è il titolo di una raccolta di poesie dell’autrice umbra, su cui l’attrice napoletana ha costruito una drammaturgia che ha come tema uno dei motivi dominati della scrittrice; la sua visione dell’amore, intesa come legame estremo tra gli esseri umani. Lo spettacolo verrà accompagnato dalla musica live della cantante Diana Tejera e siamo davvero curiosi di vederne il debutto, sabato 26 agosto alle 21.00.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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