Mercoledì, 29 Marzo 2023
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Recensione di Romeo & Juliet,  balletto di Renato Zanella su Musiche di Sergej Sergeevič Prokof’ev, in scena al Teatro Verdi di Trieste dal 21 al 26 marzo 2023

Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022-23

La stagione  del teatro Verdi di Trieste apre al balletto. Naturalmente non si tratta di una produzione interna: dal 2010 il capoluogo giuliano non ha più un Corpo di Ballo stabile, nonostante la gloriosa tradizione coreutica di quel teatro, a causa  delle leggi che hanno decimato le compagnie stabili, che ormai sopravvivono solo alla Scala, al San Carlo di Napoli, all’Opera di Roma ed al Massimo di Palermo. Trieste mantiene, comunque,  almeno un appuntamento all’anno con la danza, ma ricorre a compagnie esterne, il più delle volte  provenienti da teatri internazionali.

Questa volta la collaborazione è con la compagnia del teatro di Ljubljana, diretta dall’italiano Renato Zanella, nome importante della danza internazionale, forte di una esperienza prestigiosa prima come danzatore, poi come coreografo in importanti teatri, fino alla nomina, dal 1995 al 2005 di Direttore del Corpo di Ballo dell’Opera di Vienna. Dopo quell’esperienza,  non si contano le collaborazioni prestigiose, gli incarichi importanti, fino ad assumere, appunto, dal 2021, il ruolo di Direttore Artistico del Balletto Nazionale Sloveno a Lubiana. Una mossa saggia quella del Verdi di aprire una collaborazione con una personalità così interessante, che riesce a far uscire la danza dai cliché stantii senza operare fratture troppo  dolorose.

Quello allestito al Verdi è uno spettacolo moderno, che può contare sul  supporto drammaturgico di Tatjana Azman che trasporta l’azione in una Verona moderna, con alcuni riferimenti  persino contemporanei, una festa in discoteca e qualche stravolgimento, in certi passaggi un po’ complesso da seguire. Ma dal punto di vista tecnico, nulla era fuori luogo, niente era trascurato, ogni passaggio motivato. Alle volte persino ossequioso delle tradizione della grande scuola russa ottocentesca, nei ruoli principali, ma soprattutto in quelli secondari. Oltretutto gli irriducibili del tutù ad  oltranza, grazie al cielo pochi,  forse hanno confuso il lavoro di Prokof’ev, datato 1938, con lo spettacolo  della Compagnia di Milano visto al Verdi nel 2010,  che era un assemblaggio di musiche di Caikovskij e sicuramente hanno dimenticato, come ha fatto anche il programma di sala, della coraggiosa versione offerta dalla Compagnia Culberg  nel 1973, che era molto più dirompente del garbato e raffinato lavoro di coreografia di Zanella. 

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Cristicchi ed Amara incantano un pubblico entusiasta a Gemona del Friuli rendendo omaggio a Battiato

 

Recensione di Torneremo ancora concerto mistico per Battiato con Simone Cristicchi  ed Amara in scena dal 16 al 19 marzo 2023 nei teatri della rete ERT Friuli Venezia Giulia

 

La stagione teatrale del Teatro sociale di Gemona del Friuli, organizzata dall’Ert, si chiude con uno spettacolo  che segna un atteso ritorno: ‘Torneremo ancora’, il concerto mistico per Battiato portato in scena da Simone Cristicchi ed Amara.

La serata era sold out da tempo, a testimoniare il legame fortissimo fra i friulani e Cristicchi, che in occasione delle commemorazioni per il quarantennale del terremoto tenne uno spettacolo indimenticato nel Duomo della cittadina: ‘Orcolat 76’, nel quale seppe entrare nel cuore di chi quella nottata di scosse e paura, che cambiò il volto di una regione, la visse in prima persona.

Fu necessaria una doppia replica nella stessa giornata per cercare di accontentare le richieste, comunque in parte insoddisfatte’ di chi voleva assistere a quello che avrebbe dovuto essere un concerto ma divenne un rito collettivo, di una profondità insperabile e di un misticismo assoluto, che trovano in questo omaggio a Battiato un legame ideale.

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Recensione dello spettacolo La bottega del caffè in scena al Teatro Ambra Jovinelli dal 14 al 19 marzo 2023

 

È sempre stato obiettivo primario della commedia dell’arte quello di ritrarre l’umanità in tutti i suoi pregi e difetti, nei vizi e nelle virtù, nei valori e nella mediocrità e le opere di Carlo Goldoni non fanno eccezione. Considerato non a torto il padre della commedia moderna, Goldoni ha dato vita alla sua poetica rimaneggiando e revisionando le leggi della commedia dell’arte. Tutto il materiale necessario alle sue commedie, infatti, lo ha tratto direttamente dalla sua esperienza personale, da situazioni, personaggi e avventure legate ad accadimenti concreti, tanto che passioni, costumi e mode rappresentate nelle sue opere riflettono direttamente la vita vera. Ciò è tanto più evidente in questa “Bottega del caffè” messa in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma: il regista Paolo Valerio dirige uno spettacolo corale in cui nessun personaggio diventa protagonista assoluto, ma concorre a ricreare un complesso affresco della realtà odierna.

All’interno di una scenografia che ritrae in modo veritiero e rispettoso la Venezia del Settecento grazie all’accurato allestimento di Marta Crisolini Malatesta, si muovono i nostri personaggi vestiti rigorosamente in costume, fedelmente riprodotto in tutta l’eleganza e la ricercatezza dell’epoca da Stefano Nicolao. Ogni protagonista ha un compito e un ruolo ben preciso, cioè quello di impersonare un vizio o una virtù dell’essere umano: non a caso la platea dell’Ambra Jovinelli è accolta inizialmente da maschere danzanti sotto le quali si nascondono le migliori e le peggiori qualità dell’umanità. Dal sempreverde vizio del gioco, praticato dal mercante Eugenio, alla corruzione del cinico Pandolfo fino all’onestà del caffettiere Ridolfo, si crea un microcosmo animato dalle diverse dinamiche che si instaurano tra i personaggi, che litigano, si aiutano e si impicciano delle altrui questioni.

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Recensione dello spettacolo La madre, in scena al Teatro Quirino dal 14 al 26 marzo 2023

 

Il tema de “La madre” è una sorta di manifesto femminile che andrebbe letto in una carta dei diritti delle donne, quando queste diventano madri. La maternità è tema diffuso nei testi teatrali, così come è diffuso il tema di una mancata rinuncia alla maternità, allo strappo del distacco dai figli, doloroso e irrisolvibile, se la donna in questione non ha praticato un lavoro su se stessa e sulla “costruzione” di “altre vie” oltre a quella della maternità. Nulla di nuovo, se non fosse che il testo di Zeller ne indaga tutte le derive patologiche.  

Anna, la protagonista, interpretata da Lunetta Savino, è incatenata a tal punto nel suo ruolo di madre e di moglie tradita, ma che ha tradito anch’essa attraverso il suo insano amore per il figlio, sa sdoppiarsi in scena, in vari piani narrativi, che riproducono il racconto in una serie di realtà costantemente alternate. La resa è a tratti straniante, e credo che sia questo l’obiettivo del regista Marcello Cotugno. La stessa recitazione è spesso alienante, come se nel dramma psicologico della donna cadessero uno alla volta tutti i protagonisti. Il marito, interpretato da Andrea Renzi, il traditore, a volte profondamente solo, a tratti disilluso, sempre incatenato nei ricatti morali di una moglie che palesemente non lo ama più, seppure lo ha mai amato. Il figlio, un giovane e virtuoso Niccolò Ferrero, che non ha soluzioni contro una madre che lo ama troppo, se non la fuga, o l’omicidio (e non solo metaforico). La fidanzata del figlio, interpretata da  Chiarastella Sorrentino, il mostro che allontana il bene amato da Anna e che per un gioco di ruoli assume le vesti anche dell’ amante del marito. 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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