Giovedì, 05 Dicembre 2024
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Recensione di Giselle, balletto  di Adam, in scena a Trieste dal 14 al 19 maggio 2024

 

Il Verdi di Trieste propone come titolo di balletto una pregevole edizione di ‘Giselle’, messa in scena dalla ’compagnia della SNG Opera in balet Ljubljana, diretta dal Maestro Renato Zanella.

Il primo plauso va al teatro che, pur non avendo più il proprio glorioso corpo di ballo, nelle cui file brillarono, fra gli altri Rigano e Principini,  riesce sempre a proporre spettacoli che incontrino il gusto del pubblico.

Già dalla scorsa stagione il Verdi ha iniziato una collaborazione con il Teatro di Ljubljana, che ha una compagnia di respiro internazionale , con danzatori di grande spessore e che conta su  figure come il già citato Zanella ed il coreografo Josè Carlos Martinez, dal 2022 direttore del balletto dell’Operà di  Parigi.

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Recensione de Il principe del varietà di Antonello Costa in scena al Nuovo Teatro Orione di Roma dal 9 maggio al 12 maggio 2024

 

Il Varietà è stato un genere di spettacolo in voga dagli anni ’20 fino ai ’70 del XX secolo. Si mischiavano ballerini e giocolieri a macchiettisti e comici, passando per cantanti e scene dal carattere dolce e malinconico. Tutto contornato da abiti sfarzosi e minuziosi, scenografie magiche che facevano invidia agli odierni effetti speciali, capaci di cambiare improvvisamente una spiaggia con un’abitazione benestante, con tanto di tavoli e mobili. Da qui sono nate personalità come Delia Scala, Erminio Macario, Totò, Ettore Petrolini, Bice Valori, Nino Taranto, Franca Valeri e molti altri. Nel corso degli anni il genere – anche per rispetto ai “mostri sacri dello spettacolo” che ne erano nati – ha sempre destato interesse nelle nuove generazioni di attori. Tra questi c’è Antonello Costa, che con “Il principe del Varietà”, in scena al Nuovo Teatro Orione di Roma dal 9 maggio al 12 maggio 2024, ha voluto donare al pubblico un assaggio di questo genere, in maniera più moderna.

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Recensione dello spettacolo La casa delle api in scena al Teatro Belli dal 7 al 19 maggio 2024

 

La sensazione è quella di addentrarsi in un sogno: schiuse le tende della platea ci si trova di fronte a un palco dove un uomo e una donna, separati da un tavolo, sono tenuti per i polsi da lunghe funi che dal soffitto finiscono per fissarsi al pavimento. Ai lati una serie di schermi televisivi, il tutto sovrastato da un nodo scorsoio. Il tempo di far sistemare il pubblico in sala e la scena si anima: Melisso De Sapio (Josafat Vagni), nel momento in cui sta per suicidarsi, è disturbato dalla visita della dottoressa Deborah Moncinelle (Mariné Galstyan): la terapista lo ha in cura all’interno di quello che si capisce essere un manicomio. Tra loro incombe un’oscura figura (Manuèl Palumbo) che, alla guisa di un burattinaio, tira le fila delle azioni di entrambi. Melisso fa presto a liberarsi dagli ingombranti lacci: una conseguenza della connaturata inquietudine che lo porta a non stare mai fermo o perché, un tempo affermato linguista, è abituato a risalire all’origine delle cose senza farsi distrare dalle apparenze. Gli scambi con la terapeuta non hanno nulla di tranquillizzante: alle domande di lei, risponde seminando ulteriori dubbi che riguardano tanto le azioni più banali quanto le questioni esistenziali che da sempre agitano il genere umano.  

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Recensione di ‘La Cenerentola’, in scena a Trieste dal 26 aprile  al 5 maggio 2024

 

Abbiamo scritto nei giorni scorsi di una entusiasmante ‘La Cenerentola’ andata in scena al Verdi di Trieste.

In due delle sei recite  ci sono dei cambi nel cast che meritano alcune riflessioni.

Alla seconda visione lo spettacolo  si conferma, dal punto di vista visivo, decisamente riuscito. La  regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi , superato l’effetto sorpresa di certe trovate, pare scorrere addirittura meglio . Le scene di Lele Luzzati sono funzionali ed agili, i costumi ripresi da Nicoletta Ceccolini in alcuni casi risultano, pensiamo per esempio a Don Ramiro, ancora più d’effetto e l’apporto delle proiezioni video di Giuseppe Ragazzini si dimostra più ampio e suggestivo che al primo impatto.

Dal punto di vista vocale, ci sono alcuni interpreti invariati nelle due compagnie.

Matteo D’Apolito, Alidoro, conferma il giudizio precedente: una voce educata, non potente ma interessante, forse un po’ affaticata dal ritmo serrato delle recite. Buona la resa nell’aria del primo atto, anche se in alcuni passaggi  un suono più sontuoso avrebbe dato maggior pathos alla narrazione.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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