Convince la direzione del Maestro Calesso ed incanta il Germont di Roberto Frontali.
‘La Traviata’ è titolo rappresentato moltissime volte a Trieste negli ultimi anni.
Questo è l’ottavo allestimento nel secondo millennio.
Con fortune alterne, vocalmente e scenicamente, ma sempre con entusiasmanti riscontri al botteghino, a riprova di quanto il pubblico triestino ami il capolavoro di Verdi.
Vogliamo fare una premessa di cui siamo profondamente convinti: questa partitura è vittima della sua stessa popolarità, che la condanna ad una visione più romantica che sperimentale, più palesemente drammatica che raffinatamente poetica. Soffre della banalizzazione di tutti i brindisi cantati da chiunque, con tempi balordi, infarciti di da capo inventati, acuti inseriti a caso e partecipazioni di voci impreviste ed imprevedibili.
Invece questo è titolo raffinato, intenso, cesellato in ogni passaggio, studiato in tutte le parole.
Verdi ha pianto ogni nota della partitura, nelle pause ha raccontato la sua vedovanza, nei passaggi senza orchestra il suo senso di solitudine, ha condiviso prima la voglia di abbandonare una vita nella quale non riusciva a ritrovarsi e poi il turbinio degli ‘anni di galera’ che anestetizzarono a colpi di ‘prime’ e di ‘adattamenti’ uno strazio che gli graffiò sempre l’animo.
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