Sabato, 27 Luglio 2024
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La recensione di ‘Ungaretti poeta e soldato’, in scena dal 10 al 23 aprile 2024 in teatri di Veneto e Friuli Venezia Giulia

 

Fra ottobre 2024 e maggio 2025 prenderà forma, in Friuli Venezia Giulia,  una serie di mostre dedicate a Giuseppe Ungaretti.

 Al Museo di Santa Chiara, a Gorizia, si potrà vedere  ‘Ungaretti Poeta e Soldato’.

Alla Galleria d’Arte Contemporanea di Monfalcone, invece, verrà allestita  ‘Da Boccioni a Martini. Arte nelle Venezie al tempo di Ungaretti sul Carso’.

Si tratterà, possiamo supporre, di iniziative realizzate con grande attenzione, di forte impatto e con pezzi interessanti, perché questà è la cifra distintiva di Marco Goldin , autore da anni  di rassegne espositive di grande successo di pubblico.

A Gorizia sono preannunciati contributi video interessanti, materiali relativi alle trincee ed agli anni di guerra ed i lavori di dodici artisti contemporanei chiamati a raccontare le atmosfere ungarettiane con le loro opere.

Idea questa non proprio innovativa, visto che ricordiamo con piacere la bella mostra di qualche anno fa intitolata ‘Pittura di guerra’, curata da Dino Marangon e coordinata da Balilla Gritti, che aveva coinvolto differenti realtà espositive del Triveneto e quasi settanta artisti, dedicata  alle vicende tragiche del primo conflitto mondiale , ma certamente questa nuova proposta saprà suggerire altri stimoli, anch’essi interessanti.

La mostra di Monfalcone volgerà lo sguardo al fecondo gruppo di artisti di  Ca’ Pesaro,  e questo permetterà di celebrare, accanto ai più noti Rossi e Martini, alcune eccellenze formatesi nel territorio friulano e giuliano e costrette a spostarsi per trovare quel consenso e quella approvazione che nutrono l’animo degli artisti.

Ma aspettando di poter recensire quelle esposizioni, ritorniamo al presente e precisamente  alla serata ‘Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo’, la presentazione per lanciare le future proposte ideata da Goldin,  come si è scritto deus ex machina delle mostre e sempre più tentato dal mondo del teatro.

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Recensione dello spettacolo Il Prestanome. Dall'omonimo film di Walter Bernstein. Con Antonello Avallone. Adattamento teatrale e regia di Antonello Avallone.  In scena al Teatro Sette dal 4 al 21 aprile 2024

 

New York, anni ‘50. Lista nera.  Un sistema di controllo governativo che precludeva agli artisti, scrittori e persone dello spettacolo, inseriti nella “lista”, la possibilità di lavorare perché reputati sovversivi o sospettati di simpatie comuniste. Alfred Miller ( Roberto Attias)  è uno scrittore di talento e autore di testi televisivi a cui improvvisamente  sono state chiuse le porte perché comunista e inserito nella black list. Risucchiato rapidamente nell’anonimato, senza futuro né identità, sfida lo strapiombo della strada più pericolosa ma l’unica percorribile: chiedere al suo amico Howard Prince ( Antonello Avallone) , cassiere di un bar,  di essere, dietro compenso, il suo prestanome. Questi,  accettando immediatamente la proposta, soprattutto a causa di una serie di debiti da sanare, si trova proiettato nel mondo televisivo che, grazie al successo dei “suoi” testi  frequenterà sempre più assiduamente.  Entra in contatto con il produttore Phil Sussman ( Stefano Santerini ) e la sua collaboratrice Florence Barrett ( Elettra Zeppi) entrambi molto entusiasti della sua scrittura, a tal punto da motivare  Florence ad intraprendere una relazione sentimentale con lui,  affascinata più dall’artista che dall’uomo. Sullo sfondo è  sempre presente l’ombra dei sistemi di controllo americani costantemente intenti a frugare  nel passato degli artisti per intercettare anche il minimo indizio di simpatie comuniste ed estrometterli dal circuito che conta. Esattamente come stava succedendo al comico Hecky Brown, umiliato e fatto fuori dal giro, nonostante la notorietà, e costretto ad accontentarsi di spettacoli di periferia scarsamente retribuiti. Lo stesso Howard verrà interrogato dalla Commissione per le attività anti americane  poiché sospettato di amicizie non gradite. Ma anche la normalità della gente ordinaria può generare comportamenti straordinari. 

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Recensione dello spettacolo La Scomparsa di Majorana in scena al Teatro Arcobaleno dal 12 al 14 aprile 2024

Alla domanda“Come si può essere siciliano?”

un siciliano può rispondere: “Con difficoltà”.

Leonardo Sciascia

 

Ettore Majorana è stato un giovane e geniale fisico siciliano che negli anni Trenta aveva lavorato nel gruppo di ricercatori di Enrico Fermi a Roma, celebre come “i ragazzi di via Panisperna”, che studiavano la possibilità della fissione nucleare. A 32 anni, Majorana si imbarca su una nave che da Napoli è diretta a Palermo, lasciando due lettere nelle quali annuncia la propria scomparsa. Majorana non sbarcò mai a Palermo, il suo corpo non venne mai ritrovato e venne considerata come più plausibile l’ipotesi del suicidio in mare causato da una forte nevrosi. In seguito si disse che fosse stato rapito e che si trovasse in Venezuela.

Il caso portò non poco scompiglio nella comunità scientifica, le indagini si conclusero rapidamente, lasciando tuttora il mistero su cosa sia davvero successo. Ed è il mistero che incita Sciascia ad avviare la propria inchiesta e a conferire un senso a tale scomparsa. 

Gli scritti di Leonardo Sciascia, l’individualità di Ettore Majorana, l’etica come elemento fondamentale della scienza, sono il nodo intricato dello spettacolo teatrale in scena al teatro Arcobaleno, attraverso la trasposizione teatrale di Fabrizio Catalano, nipote di Sciascia.

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Recensione dello spettacolo Zio Vanja in scena al teatro Vascello dal 9 al 14 aprile 2024

 

Secondo episodio della trilogia inserita nel progetto Cechov diretto da Leonardo Lidi, quest'opera corale appassiona e commuove il pubblico dal primo all'ultimo minuto. L'interpretazione è magistrale, efficace, il ritmo azzeccato e vario, cavalcante e minimale, capace di sviare l'eventuale dilungarsi dell'autore e centrare i momenti chiave della storia con precisione e chiarezza.

Nonostante uno dei temi principali sia la noia, questo spettacolo riesce a raccontarla con destrezza e costante attrazione per gli spettatori.

I personaggi sono scandagliati nei minimi dettagli, gli interpreti li vivono passando dal dramma alla commedia in modo comico e convincente con gusto e leggerezza.

E' proprio quest'ultima la cifra di questa messa in scena: gli attori sembrano “danzare” nello spazio, non muoversi, lo abitano con naturale scioltezza, abilità e plasticità.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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