Recensione del concerto della cantante a San Vito al Tagliamento, il 4 agosto 2025
A San Vito al Tagliamento, piacevolissima località del pordenonese dalla lunga storia, si è tenuto lo spettacolo “Da Berlino a Broadway”, protagonista Ute Lemper, artista affascinate, conosciuta in tutto il mondo, che ogni volta che compare sulle scene italiane, regala momenti indimenticabili.
In questo caso era eccezionale anche l’accompagnamento, costituito da ben tre orchestre: l’Accademia d’archi Arrigoni, l’Accademia Musicale Naonis e l’Orchestra da Camera di Pordenone dirette dalla bacchetta sapiente di Valter Sivilotti, che immaginiamo sia stato il deus ex machina della situazione.
Inoltre in alcuni momenti interveniva al pianoforte Vana Gierig, strumentista eccezionale dalla fama adamantina, che ha ampiamente dimostrato di meritare.
La cantante ha una enorme personalità. Lo si è sentito nella voce, senza cedimenti nell’amplissimo registro, solida negli acuti, affascinante nell’ ottava inferiore nella quale trova sfumature abissali, sicura nei picchi siderali . Ma lo si è visto anche nella gestione dei movimenti, spesso minimi ma certamente carismatici. Si è percepito dai segnali e dagli sguardi lanciati ai vari addetti al palcoscenico, ai quali chiedeva con l’espressione di aggiustare volumi, luci, situazioni. Una sorta di regista dal palcoscenico, che il team riusciva a leggere ed accontentare con bravura.
In questo senso un plauso va formulato per i tecnici del suono, con una nota particolare per il Sound engineer Marco Melchior , che sono riusciti ad amalgamare al meglio possibile il suono delle tre orchestre, francamente accalcate in palcoscenico, mantenendo la voce della solista sempre sontuosamente in primo piano, ma soprattutto inibendo gli effetti di una serie di generatori che prima dell’inizio dello spettacolo facevano temere il disastro con il loro rumoreggiare sordo ed inclemente.
Invece.... tutto è sembrato sparire quando gli strumenti hanno cominciato a suonare. Si sentivano le sfumature, i tocchi, i suoni velati e si gustavano i passaggi.
Era una autentica magia, perché appena la musica si fermava, quella sorta di locomotiva stanca riprendeva il suo viaggio rumoroso, pronta a perdersi di nuovo, salvificamente, ai primi accordi.
Ma veniamo allo spettacolo vero e proprio.
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