Giovedì, 13 Novembre 2025
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Recensione del concerto della cantante a San Vito al Tagliamento, il 4 agosto 2025

A San Vito al Tagliamento, piacevolissima località del pordenonese dalla lunga storia, si è tenuto lo spettacolo “Da Berlino a Broadway”,  protagonista Ute Lemper, artista affascinate, conosciuta in tutto il mondo, che ogni volta che   compare sulle scene italiane, regala momenti indimenticabili.

In questo caso era eccezionale anche l’accompagnamento, costituito da  ben tre orchestre: l’Accademia d’archi Arrigoni, l’Accademia Musicale Naonis e l’Orchestra da Camera di Pordenone dirette dalla bacchetta sapiente di Valter Sivilotti, che immaginiamo sia stato il deus ex machina della situazione.

Inoltre in alcuni momenti interveniva al pianoforte Vana Gierig, strumentista eccezionale dalla fama adamantina, che ha ampiamente dimostrato di meritare.

La cantante ha una enorme personalità. Lo si è sentito nella voce, senza cedimenti nell’amplissimo registro, solida negli acuti, affascinante nell’ ottava inferiore nella quale trova sfumature abissali, sicura nei picchi siderali . Ma lo si è visto anche nella gestione dei movimenti, spesso minimi ma certamente carismatici. Si  è percepito dai segnali e dagli sguardi lanciati ai vari addetti al palcoscenico, ai quali  chiedeva con l’espressione di aggiustare volumi, luci, situazioni. Una sorta di regista dal palcoscenico, che il team riusciva a leggere ed accontentare con bravura.

In questo senso un plauso va formulato per i tecnici del suono, con una nota particolare per il Sound engineer Marco Melchior , che sono riusciti ad amalgamare al meglio possibile il suono delle tre orchestre,  francamente accalcate in palcoscenico, mantenendo la voce della solista sempre sontuosamente in primo piano, ma soprattutto inibendo gli effetti di una serie di generatori che prima dell’inizio dello spettacolo facevano temere il disastro con il loro rumoreggiare sordo ed inclemente.

Invece.... tutto è sembrato sparire quando gli strumenti hanno cominciato a suonare. Si sentivano le sfumature, i tocchi, i suoni velati e si gustavano i passaggi.

Era una autentica magia, perché appena la musica si fermava, quella sorta di locomotiva stanca riprendeva il suo viaggio rumoroso, pronta a perdersi di nuovo, salvificamente, ai primi accordi.

Ma veniamo allo spettacolo vero e proprio.

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Nell’ambito del Festiv’Alba 2025 ha debuttato in prima nazionale “Oreste” con la regia di Alessandro Machia

 

La cornice è senza dubbio suggestiva, ci troviamo ad Alba Fucens, in provincia di Avezzano, nel contesto del FestivalAlba. L’anfiteatro, all’interno degli scavi archeologici, donato da Nevio Sutorio Macrone, prefetto del pretorio, ben duemila anni fa, alla sua città natale con un legato testamentario, raccoglie un pubblico in buona parte abbonato a questo Festival, che nell’arco dell’estate propone una serie di eventi di teatro, musica e danza. Sicuramente non c’è miglior collocazione per questa prima nazionale dell’ “Oreste” di Euripide per la regia di Alessandro Machìa. Il cast è blasonato, capitanato sicuramente da Pino Quartullo, che copre sia il ruolo di Tindaro, che quello di Apollo. La scenografia, scarna fino all’osso, ma sicuramente significativa, sette quinte screziate di rosso, probabilmente a indicare il sangue versato già all’inizio della tragedia. Sul palco solo un letto di acciaio, con le ruote, simile a quello degli obitori, sul quale giace Oreste (Marco Imparato), madido del sangue versato, in preda ai suoi deliri.

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Report su tre giorni del festival organizzato da Kronoteatro alla sua sedicesima edizione

 

Un frutto della passione che spunta, o trafigge il palmo di una mano e dal quale esce il succo e irrora inevitabilmente lo spazio inferiore di un manifesto che in questi giorni del Festival abbiamo visto in ogni angolo di Albenga. Un’immagine di senso che racconta più di ogni altra descrizione una manifestazione che è arrivata alla sedicesima edizione e che in questi anni ha raccolto una serie di importanti successi, tra cui il Premio Garrone nel 2016, la nomination al Premio Ubu del 2021 e il prestigioso Premio Hystrio nel 2022. Ed è proprio il “frutto della passione” il sottotitolo del festival, che “…non visto dagli occhi sventati/distratti altrove a campi più facili/radica e butta/si apre in bocciolo…” (come recita una strofa dei versi sul programma). Ed è così che germina questa manifestazione, lontana da “occhi sventati e distratti”, ai margini di un’Albenga nel bel mezzo delle pratiche estive che accompagnano in questi giorni le città di mare. Ai margini e nei campi, in una azienda agricola, in questo caso la “Bio Vio” , che ha accolto all’interno dei sui capannoni dal 31 luglio al 3 agosto una serie di eventi di arti performative, alcuni dei quali in prima nazionale. Non si snatura della sua forma l’azienda agricola, anzi tra pallet e cassette di frutta impilate a costruire una quinta immaginaria, il pubblico viene accolto tra profumi di menta ed erba cipollina, i sensi sono entrati in gioco quasi tutti; ora tocca allo stupore delle performance. 

Qui il report di questi tre giorni di spettacoli e “passione”. 

 

“Malincòmio”, di e con PierGiuseppe Di Tanno, venerdì 1 agosto, ore 19.30.

Di Tanno porta in scena alcune delle poesie scritte da lui per la “Collana Isola”, una preziosa selezione poetica del 2013, curata da Mariagiorgia Ubar, che raccoglie una serie di versi che come le isole sono uno sguardo in “mezzo al nulla”. E la performance di Di Tanno in parte è allestimento nel nulla di una scena completamente vuota e candida percorsa unicamente dai disegni dei cavi elettrici che scendono e scorrono a conclusione dei tanti microfoni sul palco. Una scrittura misteriosa, un disegno magico che si insinua sulla scena e dà forma fisica a parole intense e sentite. I microfoni sono puntati non solo sul volto dell’attore, ma anche dinanzi al ventre, come se ci fosse la necessità di far ascoltare anche una seconda voce, quella “della pancia”, più ruvida e scomposta forse, ma sicuramente autentica. E se questa era la volontà di Di Tanno sicuramente è riuscita, facilitato da una presenza scenica che da sola fa spettacolo, l’attore recita una dopo l’altra le poesie della sua silloge, senza darci dei riferimenti di inizio e fine, ma in un flusso di coscienza continuo, che non si spezza mai, che segue le corde dei cavi elettrici disegnati sul palco. Sullo sfondo scorrono figure di donne, ne riconosciamo alcune in poetesse che poi Di Tanno ci dirà essere i suoi punti di riferimento. Un allestimento pulito e toccante, senza orpello alcuno, che ci è piaciuto molto, soprattutto per il non trascurabile valore dei testi, composizioni accurate, “suonate”, come nella volontà del suo autore/attore.

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Recensione dello spettacolo Antigone in scena dal 22 al 24 Luglio 2025 al Teatro Argentina

 

Il regista e coreografo norvegese Alan Lucien Oyen, le cui opere hanno girato 15 paesi diversi, guida un gruppo eccezionale di danzatori attori molto vulnerabili che per quasi tre ore dense fluttuano poeticamente in uno spazio essenziale, con scenografie di legno che si spostano creando quadri visivi potenti.  Lo spettacolo in prima mondiale è “Antigone”, inserito nella programmazione estiva del “Teatro Ostia Antica Festival”.  Le musiche sono toccanti, tipiche del teatro danza, si sposano perfettamente con la narrazione e coinvolgono gli artisti e il pubblico. Spesso contrappongono la dolcezza alla drammaticità sul momento narrato, amplificandolo per contrasto.  La storia di Antigone viene "agita" a più riprese, intervallata da storie più contemporanee in cui spiccano altre eroine femminili ribelli alle convenzioni o scelte sociali della loro epoca, che spesso si sacrificano per la giustizia. “Cicatrici sul collo della storia”. 

Il messaggio è chiaro, anche dopo 2000 anni la violenza e il sopruso ancora imperano, molto chiaramente anche ai giorni nostri. Ecco in scena ripetute le lotte per il potere tra fratelli, Eteocle e Polinice che si amano e si odiano, la sofferenza espressa solo a gesti simbolici, a movimenti drammatici ripetuti dai danzatori.  Il testo in inglese con sottotitoli interpretato dagli artisti,  che completa la narrazione scenica risulta per lo piu essenziale, va diretto al punto senza sbavature e fronzoli e con grande efficacia e incisività riporta il significato sociale dell'opera. Parole tremende e attuali. Alcune cosi definitive da risultare massime di vita. 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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