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Il Glory Wall di Leonardo Manzan al teatro Vascello: Non sappiamo quello che vogliamo dire
Recensione dello spettacolo “Glory Wall” in scena al teatro Vascello dal 13 al 18 ottobre 2020
In principio era La Parola: Censura. Questa è la genesi dello spettacolo di Leonardo Manzan (autore e regista) e Rocco Placidi. Cos’è la censura? Come può uno spettacolo sulla censura non essere censurato? E soprattutto: perché qualcuno dovrebbe censurarlo? Karl Kraus disse: “La libertà di pensiero c’è, il problema è che manca il pensiero”. Manzan traspone questo aforisma in una verità più provocatoria: “Se nessuno ci censura è perché nessuno si interessa del teatro”. Un cortocircuito che costringe il regista ad unica scelta: autocensurarsi.
Appena lo spettatore entra in sala deve confrontarsi con una prima provocazione: un muro divide palco e platea. La parete, però, presenta dei fori, i cosiddetti Glory Hole (con l'espressione glory hole si intende un buco praticato in una parete attraverso il quale è possibile svolgere attività sessuali, mantenendo tuttavia l’anonimato). Da questi escono braccia, parti del corpo e oggetti che animano lo spettacolo. In “Glory Wall” Manzan capovolge le convenzioni teatrali: alla platea viene chiesto di agire, di rompere le regole. La rappresentazione non procede finchè qualcuno nel pubblico non accende una sigaretta che spunta dal muro, o finchè non vengono lette battute proiettate sulla parete. Così lo spettatore diventa attore, la platea diventa parte della messa in scena e la censura incontra un altro cortocircuito: non può agire sul pubblico stesso. Nello spettacolo tutti si ribalta: il muro non nasconde gli attori al pubblico, ma nasconde il pubblico (che diventa attore) agli attori, che diventano spettatori.
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