Recensione dello spettacolo La Fortuna con l'effe maiuscola, di Eduardo De Filippo e Armando Curcio. Regia di Raffaele De Bartolomeis. In scena al Teatro Petrolini dal 24 al 27 Novembre - Dal 1 al 4 Dicembre 2022
Un tavolo e qualche sedia di legno, pareti scarne e poco più. Della dismessa fabbrica di ghiaccio è rimasto solo il freddo, quasi a ricordare e rivendicare la veste originaria della dimora che attualmente ospita la famiglia Ruoppolo, composta da Giovanni (Raffaele De Bartolomeis), la moglie Cristina (Imma Priore) ed Erricuccio (Mario Sapia). Questi è il figlio adottivo della coppia, un carattere ostinato e bizzarro: all'apparenza non perfettamente presente mentalmente, ma con una spiccata maestria nel guadagnarsi da vivere con azioni moralmente rivedibili e, per tale ragione, mal tollerato dal padre adottivo. La famiglia versa in situazione di totale miseria e don Giovanni, di professione scrivano, è costretto ad arrangiarsi con lavori saltuari, affidandosi al buon cuore dei “datori" di turno. È il caso dell'avvocato Manzillo che, dopo averlo ricompensato per l'ottimo svolgimento del lavoro assegnatogli, gli propone inoltre, una ghiotta occasione per affrancarsi parzialmente dalla sua condizione miserevole. Il baroncino Sandrino di Torrepadula (Luca Di Cecilia), infatti, è innamoratissimo della figlia del marchese ed intenzionato a sposarla ma, essendo orfano, non incontra i favori del padre di lei che non saprebbe come giustificare in società la condizione del genero. La soluzione escogitata dall'avvocato, in accordo con il baroncino, è quella di far riconoscere, artefattamente, a don Giovanni la paternità del giovanotto in cambio di cinquantamilalire. In tal modo, il giovane avrebbe un padre naturale e la famiglia Ruoppolo un pò di “respiro” economico. In contemporanea, arriva dall'America la notizia della morte del sign. Federico, il fratello ricco di don Giovanni, che lascia un'eredità da capogiro che quest'ultimo ha diritto di percepire per intero. Ma a una condizione: non avere figli naturali poichè, in caso contrario, l'eredità passerebbe direttamente a loro. La questione verrebbe velocemente regolata dal notaio Bagnulo, colui che ha informato della morte di don Federico. L'entusiasmo di don Giovanni viene rapidamente smorzato non appena realizzato che, avendo poco prima accettato di millantarsi padre naturale del genero del marchese, perderà il diritto all'eredità, arricchendo ulteriormente il “figlio naturale”. Risolutoria sarà la saggezza della scelta finale di don Giovanni, ben consapevole che la felicità implica sempre, per paradosso, la sofferenza.
Commedia in tre atti di Eduardo De Filippo e Armando Curcio, datata 1942, dove il chiaro scuro dell'esistenza umana emerge prepotentemente: ad una disarmante agiatezza si contrappunta una incolpevole miseria. De Filippo e Curcio indagano gli abissi emotivi di chi, inseguendo invano il proprio riscatto, diviene vittima di se stesso e della propria ingenuità, inebriata, questa, da facili suggestioni. La risata e la malinconia si inseguono vicendevolmente fino a fondersi, evidenziando come la stessa esistenza umana è un paradosso di comicità e tragicità. L'umorismo di De Filippo nasce dalla amara constatazione della finitezza e difettosità della vita, come, parimenti, la stessa nota malinconica è il sottotesto dell'immediatezza della risata. La vita si muove per opposti come questa commedia ci insegna, che racconta forse la contrapposizione più paradossale: l’ imprescindibilità della sofferenza per raggiungere la felicità.