Domenica, 03 Novembre 2024
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Al Teatro Vascello di Roma dal 27 al 3 marzo 2024, “4 5 6” scritto e diretto da Mattia Torre, prodotto da Marche Teatro

 

Quando un artista manca si sente; si sente come nel caso di Mattia Torre alle prime degli spettacoli teatrali che portano il suo nome, come in questa occasione. “4 5 6”, in scena in un Teatro Vascello gremito, che ha ospitato nella sua prima - del 27 febbraio - personaggi illustri, ma soprattutto amici del compianto autore. Mattia Torre ha creato un solco importante nel mondo della cultura italiana, le sue sceneggiature per teatro, cinema e televisione (una su tutte “Boris”), sono una cifra indelebile che ha cambiato il modo di fare spettacolo nell’ultimo ventennio. Sarà per questo che Torre continua ad essere citato e riprodotto costantemente e la sua scrittura ironica e tagliente continua a illustrare il quadro di un paese che lo sceneggiatore  ha guardato a fondo, nelle minime spigolature, rappresentandolo con un linguaggio ironico che non stanca mai. “4 5 6” è la storia comica e violenta di una famiglia che, isolata e chiusa, vive in un luogo sperduto, non chiaro, fuori dalla città spesso citata come luogo di  diffidenza, da cui stare il più possibile lontani.

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Recensione dello spettacolo L'albergo dei poveri in scena al teatro Argentina dal 9 febbraio al 3 marzo 2024

 

Prima nazionale del nuovo lavoro di Massimo Popolizio, la sua ottava regia, prodotta dal Teatro di Roma e dal Piccolo di Milano. Il testo letterario dell'affermato scrittore russo Maksim Gor'kij racconta un mondo sotterraneo di derelitti umani e sociali, falliti e dimenticati, che anelano a riemergere, senza avere i mezzi per farlo, o si aggrovigliano tra loro con liti, intrecci casuali e gesti estremi di disperazione. “L'onore e la coscienza sono solo per i padroni, per chi comanda.” si dice tra le righe.

Un testo molto complesso e difficile da rappresentare, sfida che Popolizio si carica sulle spalle e vince, rendendo pieni, vivi, tridimensionali quei personaggi e i loro tumulti interiori. Lo contraddistinguono il solito coraggio e originalità nelle scelte, la sicurezza di mezzi e intenzioni, il sarcasmo, la densità umana e il brio dell'arco narrativo scenico. Il primo regista a portare tale opera in scena nel 1902, col titolo originario “Bassifondi”, fu nientemeno che Kostantin Stanislavskij, il grande pedagogo e regista, scrittore e fondatore del “Metodo”.  Lo stesso Strehler poi nel 1947 inaugurò “Il Piccolo” proprio con quest'opera, dando allo spettacolo il titolo attuale.

Nella versione in scena oggi all'Argentina, s'assiste ad un lavoro certosino del regista e dei sedici attori. Il focus è sui caratteri, sulla parola espressiva e su azioni sceniche impreziosite dalla guida del maestro Michele Abbondanza, coreografo e ballerino d'altissimo livello e forza espressiva. I movimenti passano dalla leggiadria volatile al peso specifico di corpi che trasmettono fatica e disorientamento d'una vita arrancata e di stenti. Tutto ciò viene trasmesso dall'ambiente freddo, apocalittico e sotterraneo da cui non si può fuggire. Lo sottolineano luci scialbe, costumi e colori d'una scenografia che con i suoi “praticabili" di legno segue lo stile scenografico russo. L'effetto visivo e atmosferico è quindi di squallore e straniamento, ovunque prevalgono le tonalità dei grigi.

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Recensione dello spettacolo Top girls, in scena al Teatro Vascello dal 20 al 25 Febbraio 2024

 

Primo atto. Marlene festeggia. È arrivata. È diventata una Top Girl. Partita dal bassissimo, ha raggiunto una posizione lavorativa invidiabile e remunerativa: dirigerà un'agenzia di collocamento. Sfolgorante in un abito rosso, il suo colore, siede al tavolo di un lussuoso ristorante con una compagnia stravagante ed eccezionale. L’olandese Margherita la pazza, ritratta in un quadro di Bruegel, la giapponese Lady Nijō, poetessa e concubina dell'imperatore, la viaggiatrice vittoriana Isabella Bird, la paziente Griselda, protagonista di una novella di Boccaccio, addirittura la Papessa Giovanna. Le Top Girls della storia. Raccontano le loro vicende, componendo un affresco, quello della condizione femminile, che, depurato da ogni vanagloria, appare desolante. Sottomissione, sopraffazione, punizione, violenza. Un “Perché siamo così infelici?” emerge improvvisamente dissonante fra brindisi e risate. Secondo atto. Marlene e le sue dipendenti in ufficio. Dai colloqui emergono storie note: donne rimaste escluse a causa dell’impegno familiare, uomini che si sentono usurpati dall’avanzata femminile. Terzo atto. Una povera casa. Marlene, la sorella Joyce, la nipote Angie. La pièce diventa un dramma intimo, un confronto fra le due sorelle sul tema delle loro opposte scelte di vita. In mezzo la ragazza, che nella vicenda assume un ruolo chiave. La donna nella storia. La donna oggi. Il drammatico resoconto.

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La recensione di I ragazzi Irresistibili, in scena per l’Ert a Palmanova il 22 febbraio 2024

 

L’Ert  in questa stagione è riuscita ad organizzare dei  cartelloni decisamente interessanti per i teatri della sua rete.

Ci sono spettacoli  comici, drammatici, di gusto tradizionale, alternativi, di danza, concerti, incontri, sperimenti  ed avanguardie.

Perfettamente coscienti della necessità di riportare i giovani a teatro, gli organizzatori stanno cercando di proporre un caleidoscopio di iniziative, per riuscire a coinvolgere fette nuove di pubblico, a rimpolpare la schiera degli appassionati.

Ci sono nomi di grande popolarità, altri assolutamente emergenti. Appaiono fra gli attori alcuni personaggi baciati dalla visibilità televisiva ed altri del tutto sconosciuti.

In generale spettacoli di qualità buona, spesso ottima.

Ma anche delle serate memorabili.

Sicuramente una di queste è stata la messa in scena di ‘ I Ragazzi Irresistibili’, autentica  lezione di come si fa il Teatro .

Una prima considerazione: due mostri del palcoscenico come Umberto Orsini e Franco Branciaroli, che per inciso recitano senza amplificazione, hanno accettato di essere inseriti con una replica  della commedia di Neil Simon nel calendario dell’Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia, andando a recitare su un palcoscenico, quello di Palmanova, che certo non vanta un prestigio nazionale od una capienza oceanica, come l’evento, peraltro, avrebbe meritato. 

Una prova di umiltà e di dedizione al pubblico che è già una lezione.

Scendendo al dettaglio dello spettacolo, di grande efficacia, ancor oggi, dopo oltre mezzo secolo,  il testo di Neil Simon , sul quale Massimo Popolizio, autore di una regia attenta e di grande efficacia, non è intervenuto con nessuna di quelle censure che forse saranno  anche ‘ politicamente corrette’ ma certamente sono letterariamente obbrobriose.

In un tempo in cui si sbiancano Otello e si criminalizza il Principe Azzurro perchè  bacia Aurora, addormentata, senza il suo consenso, che meraviglia ascoltare qualche frase scortese, vedere delle avances pecorecce e pensare che chi ha allestito lo spettacolo non abbia fatto tagli perché pensa che il pubblico che va a teatro sia sufficientemente intelligente da saper interpretare, valutare, distinguere, prendere le distanze.

Maurizio Balò, figura fondamentale per la scenografia teatrale del secondo Novecento, ha realizzato delle scene piacevoli visivamente, centrate dal punto di vista narrativo e molto funzionali..

La stanza dell’albergo, con la tappezzeria che in alto si stacca, la finestra opaca che non  ha memoria di essere stata pulita, la semplicità degli arredi, colpisce per come tratteggia l’ambiente e ci cala da subito nella giusta atmosfera.

Peraltro la scena è, di fatto, una cassa acustica efficacissima, il che, in un tempo in cui neppure all’opera pare si tenga conto delle leggi della fisica, è dote non da poco.

Non c’è nulla di superfluo, ma ogni particolare è curato.

Si apre la porta e vedi le altre porte sul corridoio. Quando Willy va in cucina, intravedi i mobili. Il giornale che il nipote porta allo zio attore è quello giusto. Il chiavistello che si blocca, troneggia  in  tutta la sua macchinosità. 

Quando i due protagonisti vanno a provare in televisione, ci sono i microfoni giusti, le scrivanie del tempo, gli arredi scenici raffazzonati, proprio come li ha descritti Simons.

Anche i cambi della scenografia a vista, fatti da gustosi personaggi in impermeabile, che si muovono a tempo di musica, sono una trovata che unisce funzionalità ed ironia.

Un piacere vedere tanta cura e tanta attenzione, oltretutto in uno spettacolo di giro, che quasi ogni giorno deve essere smontato e rimontato.

Altrettanto riusciti i costumi di Gianluca Sbicca, che sa distinguere con bravura i vari codici narrativi della vicenda, le luci di  Carlo Pediani, che regalano attimi di grande suggestione visiva.

Curato ed efficace nella resa il suono di Alessandro Saviozzi.

Accanto ai ‘due  ragazzi’, quattro bravi attori. 

Flavio Francucci è un nipote affezionato, che cerca di badare e tenere a bada l’imprevedibile zio.

Bravo nel mutare il registro, passando dai toni affettuosi a quelli irosi, per farsi poi supplichevole.

Strisciante con i potenti della televisione,  determinato con lo zio, Francucci riesce ad essere divertente senza scivolare nella farsa ed a raccogliere l’apprezzamento  del pubblico.

Eros Pascale è un godibile tecnico della televisione, un po’ imbranato, goffo nei movimenti, ripreso dal regista, cui Popolizio ha regalato la voce .

Emanuela Saccardi è una divertente e sconclusionata infermiera, dalle forme prorompenti e dalla voce volutamente sgradevole, costruita forzando  il registro acuto.

L’infermiera di Chiara Stoppa è severa, determinata, cinica, con sicuri tempi comici e grande mimica facciale.

Rimangono i due protagonisti.

Franco Branciaroli è Willy, un vecchio attore alla deriva, che non accetta di essere dimenticato, o forse meglio ne ha la consapevolezza ma non vuole ammetterlo pubblicamente.

La tavolozza dei colori è vastissima ed i registri espressivi sono sconfinati, ma non ci sono scivolamenti nella gigioneria, nell’autocompiacimento. Branciaroli dà la sensazione di entrare  ed uscire dal personaggio come se stesse ricamando il ruolo, con alcuni sorrisi spiazzanti che potrebbero essere indifferentemente dell’uomo o del personaggio e creano una magica intesa con la sala .

I tempi sono infallibili, la misura ineccepibile, i gesti sapienti. L’infarto che lo colpisce  è un crescendo di movimenti apparentemente incontrollati, che ha il ritmo di una vera coreografia, così come il semplice muoversi nella stanza è narrazione sapiente.

Una prova di superba bravura, peraltro decisamente faticosa visto che lo spettacolo lo vede in scena per due ore.

Impossibile trovare termini sufficienti a spiegare la prestazione di Umberto Orsini, che non dimentichiamo che ad aprile festeggerà i novanta anni e che è in tournee con due spettacoli.

Al, il suo personaggio, entra in scena dopo che è stato ampliamente descritto e demolito dall’ex compagno.

Si presenta come un vecchietto un po’ impaurito, incurvato, con uno sguardo fisso e spento.

Man mano che lo spettacolo va avanti, piano piano,la voce, all’inizio giocata  sui tono complessi del falsetto, diventa più stentorea, le frasi si fanno determinate senza perdere i toni disincantati, i movimenti ritornano quelli del vecchio attore. Per i capricci, figli della popolarità di un tempo, usa il registro vocale più alto, per il racconto dell’uomo che vive con la  figlia e la sua famiglia accarezza i toni del centro, ogni tanto scendendo verso l’ottava inferiore, quasi in un duello fra rappresentazione e metateatro, quando  ritornano alla superficie brandelli di affetto e memorie condivise.

Signorile ed elegante, appare come l’alter ego di Willy, che con il tempo si è fatto sciatto e greve.

Orsini trionfa con una recitazione chiarissima. Non sfugge neanche una parola del suo testo, che alle volte assume ritmi incalzanti e musicali, ma incanta anche con i silenzi, con l’immobilità che gli asciuga l’espressione, con i piccoli gesti con cui ingioiella la prova: un labbro che vibra commosso, una mano incerta.

Non si pensi che siano segni del tempo che passa: a fine spettacolo, al momento degli applausi, lo sguardo si fa vivacissimo, attento, percorre la sala, si illumina per le infinite acclamazioni; la postura è atletica, i movimenti quelli di un quarantenne e per di più agile.

Smessi ruoli, entrambi i protagonisti sembrano appendere, con gli abiti di scena, anche qualche decina d’anni ed incantano la platea dimostrando quanto la loro passione sia autenticamente Irresistibile.

Alla fine un trionfo per tutti, con acclamazioni  e standing ovation per  Branciaroli ed Orsini, chiamati in scena moltissime volte.

Una vera lezione di Arte, con due attori che hanno saputo regalare la Poesia del teatro.

 

 

Gianluca Macovez

24 febbraio 2024

 

informazioni

I RAGAZZI IRRESISTIBILI 

di Neil Simon

con Umberto Orsini e Franco Branciaroli 

e con Flavio Francucci, Chiara Stoppa, Eros Pascale, Emanuela Saccardi

scene Maurizio Balò 

costumi: Gianluca Sbicca
luci: Carlo Pediani
suono: Alessandro Saviozzi
regia Massimo Popolizio

produzione: Teatro de Gli Incamminati, Compagnia Orsini, Teatro Biondo Palermo
in collaborazione con: AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali e Comune

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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