Martedì, 16 Aprile 2024
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Pier Paolo Pacini ci parla del Centro di Avviamento all'Espressione fondato da Orazio Costa

Abbiamo avuto modo di parlare con il professor Pier Paolo Pacini, direttore del Cae (Centro di Avviamento all'Espressione) per rivolgergli delle domande riguardanti il nuovo corso del centro di didattica espressiva fondato da Orazio Costa che ha operato fin dal 1979 all’interno del Teatro della Pergola e che quest'anno festeggia i quarant'anni di attività. 


Professor Pacini, qual è il metodo d’insegnamento che viene utilizzato nel Centro di Avviamento all'Espressione?

Noi usiamo, storicamente, il metodo mimico di Orazio Costa, del quale sono stato allievo e col quale ho contribuito alla creazione del Cae, ad oggi ancora attivo, del quale sono tuttora presidente e che, l’anno prossimo, compirà quarant'anni.

 

Oltre la grande importanza storica del luogo in sé, qual è la cifra che distingue la sua scuola dalle altre in Italia?

Innanzitutto, direi, la metodologia. Il metodo mimico è forse uno dei fattori più importanti dal momento che Orazio Costa è stato il più grande pedagogo teatrale ed uno dei più grandi pedagoghi teatrali europei. Poi, noi del cae, condividiamo due principi, fondamentalmente. Due principi che abbiamo inserito all’interno del bando: il primo è “formare uomini e donne prima che attori ed attrici” e, in secondo luogo, vogliamo “formare artigiani di una tradizione vivente per un teatro di parola” in cui si veda il luogo teatrale come un tempio. Questa potrebbe sembrare una cosa eccessiva ma, il luogo teatrale inteso come tempio, vuol dire un luogo differente dove succedono cose differenti ma che comunque hanno a che fare con la vita fuori del teatro. Un tempo si sarebbe detto che abbiamo un’ideologia molto forte, ma abbiamo un’idea di teatro e un’ideologia di che cos’è il teatro in sé

 

Perché, per un attore, è importante il teatro nel suo percorso di formazione?

Partiamo da una premessa: forse bisognerebbe chiedersi anche che cos’è l’attore oggi, in cosa si riconosce, da cosa possiamo dire che qualcuno è un attore. Sicuramente un attore deve compiere due studi per formarsi. Sono due periodi diversi, sono formazioni che hanno caratteristiche diverse: prima lo studio tecnico, poi quello più classico. Naturalmente l’attore poi cambia. Ci sono attori di trent'anni che rimangono con la stessa formazione scenica e culturale anche a cinquanta, ottanta. Mi viene da dire un percorso di vita.

 

Qual è la sua personale visione del teatro?

L’idea che ho definito prima elencando il secondo principio che noi del cae condividiamo, ovvero quella del teatro come luogo sacro, nel senso religioso del termine. È un posto fatto di verità, in cui ci si confronta con cose diverse rispetto a ciò che probabilmente siamo costretti ad affrontare fuori dal palco. Un luogo in cui si pensa, si riflette. Si esce da un mondo per entrare in un mondo “diverso”. Credo che il teatro debba essere questo.

 

Con la nuova stagione teatrale del teatro “la Pergola”, quali obbiettivi si prefissa il suo corso?

Vogliamo inaugurare una stagione nella quale gli studenti devono cercare di frequentare “la pergola” e non conoscerlo solo come teatro storico. Più nello specifico stiamo pensando ad una stagione dove i ragazzi vadano a vedere degli spettacoli organizzati dagli studenti degli anni precedenti.

 

Nell’era della comunicazione immediata, di massa, qual è la funzione, oltre quella di puro intrattenimento, che maggiormente impatta sulla società dei giovani amanti del teatro?

In questo periodo storico la questione è diversa: esiste una fascia di giovani amanti del teatro? Sì però, purtroppo, è minoritaria. Esiste un ridotto numero di giovani che segue molto il teatro e, al tempo stesso, c’è un’altissima fascia di ragazzi che reputa il teatro un luogo dove avvengono cose noiose e che credono sia frequentato da persone noiose e vecchie.

Io credo che sia una risorsa. Bisogna far capire ai ragazzi che comunque il teatro non racconta solo una parte della nostra società. È un mondo che parla anche di cose lontane, astruse.

 

Per concludere questa breve intervista, quale consiglio vorrebbe dare a chi si avvicina per la prima volta al mondo del teatro, sia come spettatore che come attore?

Io non ho consigli, è un argomento per me difficile sul quale posso dare consigli. Credo che il teatro vada vissuto come una ricchezza: come può essere considerato una ricchezza un tramonto o l’acqua fresca quando si è assetati. Solo questo. Il teatro fa parte, secondo me, dell’essere umano e bisognerebbe considerare il fatto teatrale, ciò che il teatro racconta, piuttosto che il teatro in sé.

 

Nicolò Ferdinandi

17 settembre 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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