Venerdì, 26 Aprile 2024
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Sofia Bolognini e Dario Costa si raccontano. Progetto Bologninicosta e Romeo e Giulio in scena al Teatro Abarico dal 29 al 31 gennaio 2016

Intervista a Sofia Bolognini e Dario Costa in scena con Romeo e Giulio al Teatro Abarico dal 29 al 31 gennaio 2016

Nuovi artisti e nuove realtà emergono. Una chiacchierata informale nella sala prove dell’Abarico. Un piccolo angolo di San Lorenzo dove si respira un’aria autentica, pregna di creatività. Fra qualche sigaretta e un paio di domande Sofia Bolognini e Dario Costa si sono raccontati e hanno parlato del progetto Bologninicosta e dell’avvio del primo spettacolo: Romeo e Giulio, in scena proprio all’Abarico dal 29 al 31 gennaio.

Bologninicosta, cosa e chi rappresenta questo nome?

Sofia: Bologninicosta nasce nel dicembre 2015, quando io e Dario decidiamo di dare concretezza a un’idea già attiva. Io, personalmente, avevo molti testi miei e molta voglia di fare. Dario dalla sua ha dato stimolo alla creazione tanto da farla partire. Il nostro è un gruppo costituito da attori mobili, ci piace diversificare i casting e vedere le diverse combinazioni in base ai progetti che portiamo avanti, raccogliamo insomma idee e esperienze, non sottovalutando il fatto di poter raggiungere un giorno un gruppo fisso, coeso e compatto.

 

Dario: La nostra più che una compagnia è una produzione. Non facciamo solo teatro, il logo stesso, infatti, porta la dicitura di musica e teatro, che convogliano poi nel linguaggio più ampio della performance. Siamo esattamente questo, una produzione di arti performative, che cerca le persone giuste da inserire e che vogliono inserirsi nel contesto giusto, con un occhio sempre puntato sul sociale.


Entrambi siete alla vostra prima regia e provenite da due ambiti artistici forse non proprio identici. Da che tipo di formazione e esperienze escono Sofia e Dario e con quale metodo (se ve ne è uno specifico) avete improntato la vostra produzione?

Dario: Faccio musica da sempre praticamente, il mio approccio al teatro è nato da poco. La mia è dunque una formazione che parte da una realtà artistica diversa e che l’incontro col mondo del teatro ha inserito nel giusto contesto. Sento infatti che l’intreccio della mia esperienza musicale con il teatro crei un connubio perfetto per la mia idea di espressione. Compongo da sette anni e in questo specifico spettacolo ho diretto il coro e mi sono occupato interamente della creazione delle musiche. Il tutto verrà gestito con un’elaborazione musicale dal vivo, in vista di un progetto totalmente live. Riguardo al metodo, di sicuro è un pilastro importante per Bologninicosta. Si è pensato da subito a un determinato tipo di approccio, e in questo, devo dirlo, io ho sicuramente contribuito e aiutato, ma l’impronta di base è sicuro firma della qui presente Bolognini (sorridendo)


Sofia : Diciamo che il metodo è nato camminando, e Dario è stato fondamentale in questo cammino. Avevamo un’idea, non presuntuosa, non pensiamo che il nostro sia “il” metodo, sicuramente tendiamo a far convogliare più esperienze per poi adattarle al nostro approccio al teatro. Attingo ai vari studi condotti e li faccio miei, con la consapevolezza che i maestri hanno anche un po’ invaso troppo il panorama teatrale con dei dettami che vengono interpretati e utilizzati in forme rigide. Si lavora ancora con attori che vengono manipolati a mo di manichino, copione sempre in mano e via a seguendo il metodo del fai questo e fai quello. Il regista deve sicuramente indirizzare, pulire i gesti, gestire, lasciando però una libertà di espressione che a volte viene limitata. Il rischio che si incorre è quello di schematizzare una persona che viene con un suo bagaglio e deve sì adattarsi, ma contemporaneamente dare e arricchire con la sua presenza in scena. Nell’affinare una pratica mi sono rivolta al mio essere prima di tutto un’attrice e mi sono, quindi, semplicemente comportata così vorrei che un regista si comportasse con me. Prima di tutto nasco come attrice infatti, riferendomi alla domanda sulla mia formazione. In un certo senso mi piace definirmi figlia d’arte, anche se i miei genitori sono operai.

Dopo le ore passate in fabbrica però, nel tempo libero, tengono delle lezioni di teatro, gratuitamente, per i giovani del luogo (io sono marchigiana di origine). Creano delle piccole isole di creatività che servono da stimolo per avvicinare la gente al mondo meraviglioso dell’arte e contemporaneamente distoglierla da situazioni di disagio che molti ragazzi, ad esempio vivono. Quindi da piccolissima mi son sempre trovata in contesti dove regnava la passione per la recitazione. Trasferitami a Roma ho seguito un altro richiamo che caratterizza la mia persona, ovvero la partecipazione politica. All’attivismo dei primi anni romani sentivo che mancava qualcosa e ho ripreso a far teatro. Le due cose praticamente si sposano in me. Ho seguito diversi progetti e avuto la fortuna di lavorare con grandi rappresentanti come Eugenio Barba, Motus, Pierpaolo Sepe, Claudio Spadola, la compagnia itinerante degli Instabili vaganti.


Parliamo un po’ dello spettacolo con il quale debuttate. Nel descrivere il vostro lavoro avete utilizzato espressioni quali: intemperanza politica e ostinazione teatrale. Come ci verranno consegnate parole così forti? Inoltre Romeo e Giulio è un titolo che rimanda inequivocabilmente ad uno dei più grandi drammi di sempre. Quanto c’entra realmente l’opera shakespeariana?

Sofia: Il testo di Romeo e Giulio è totalmente inedito, non segue, infatti, il copione della tragedia di Shakespeare. Il testo è diviso in quadri, lo spettacolo è scandito da momenti bui, come a suddividere le sequenze, il passaggio da un atto all’altro e vi sono dei leggeri richiami alle scene (il ballo, il balcone) riprese e decontestualizzate. Non è dunque un nuovo rifacimento di Romeo e Giulietta, il riferimento alla tragedia esiste perché il nostro è uno spettacolo che si basa sul tema dell’amore contrastato, e seppure il contesto non c’entra con Shakespeare, la sua opera è uno dei massimi modelli di amore contrastato nel panorama letterario teatrale. Anche i nostri protagonisti si scontrano con una realtà ostile, con la mancanza di comunicazione nell’ambito familiare, le difficoltà da superare per parlare di se, il percorso di riconoscimento di se e della propria identità sessuale, la mancata accettazione altrui, il giudizio imperante. È uno spettacolo che offre più punti di vista, dove le diverse voci di questo paese vengono riprese. Ed è forte proprio perché tremendamente odierno e tremenda è la realtà dei fatti. Abbiamo creato scene che fossero d’impatto, basate si su una drammaturgia scritta ma è maggiormente sul teatro fisico che abbiamo lavorato, mischiando attimi di denuncia, con sbeffeggiamenti espliciti ai senatori “malpancisti”.


La messa in scena è capitata in un momento particolare, all’interno dell’occhio di un ciclone dove si alternano manifestazioni a favore di unioni civili a family day e approvazioni di disegni di legge. La scrittura del testo risale, però, ad un anno fa e il tema dell’omosessualità, assieme ai vari argomenti tra i quali la questione trans, quella gender ecc. sono sempre molto dibattute. Vi sono stati momenti fondamentali che hanno influenzato la stesura del testo, scenari, situazioni di vita vissuta, esperienze che vi hanno influenzato?

Sofia: Sì, la stesura risale a un anno fa, ma caso vuole che ci esibiamo proprio in questi giorni burrascosi, e va benissimo così. La nostra è una voce che si vuole aggiungere. Ovviamente il testo non poteva non richiamare la situazione odierna, quindi vi sono state delle aggiunte che fanno esplicito riferimento a questi giorni. Per il resto, frequentare molti contesti sociali, avere diverse conoscenze e amici omosessuali, ma anche semplicemente vivendo esternamente le situazioni con un occhio che è allenato a domandarsi determinate cose mi ha sicuramente portato a elaborare meglio la mia idea di base. Mi sono confrontata, ho parlato prima, dopo e durante la scrittura con chi vive in prima persona il dibattito omosessuale, in modo da addentrarmi, correggere il tiro lettura di modo da far affiorare meglio alcuni aspetti. Vi è stata poi ovviamente la lettura di testi specifici, raccolto dati e informazioni sulla questione dei suicidi. È stato tutto un lavoro, dove, oltre ad andare contro alle condanne e alle discriminazioni, si vogliono abolire stereotipi e banalità. Si ponga le domande giuste, non lasciamo risposte ma si pongono domande giuste…con le giuste domande si trovano


Nuovi progetti Sappiamo che Romeo e Giulio è sold out tutte le sere. Altri progetti in vista?

Dario: Ve ne sono diversi, tutti esprimono il nostro interessamento nei confronti delle minoranze, che cerchiamo di affrontare ripulendoci da convinzioni quotidiane che si imprimono o al massimo portarle assieme a noi per fare un confronto diretto. Abbiamo preso contatti con associazioni per fare un periodo di insediamento nei campi rom, magari affiancare laboratori, captare delle cose che maturate possono poi dar vita a un testo. Nella forma del teatro, che è quella più comunicativa riportiamo la realtà con un fare che a me piace definire di base sociologica. È tutto in cantiere per ora, vi terremo aggiornati.

 

Erika Cofone
29 gennaio 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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