Domenica, 28 Aprile 2024
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Cristiano Gualco e Simone Gramaglia ci parlano del loro Quartetto di Cremona, di Beethoven e del nuovo appuntamento con "Esplorando Beethoven"

#musica 
Intervista a Cristiano Gualco e Simone Gramaglia nuovo concerto del ciclo "Esplorando Beethoven" con il Quartetto di Cremona sabato 13 febbraio alle 17.30 nell'Aula Magna della Sapienza.

Quart. Cremona ridotta credit Damiano Rosa
Vi formate come quartetto d'archi nel 2000 presso l'accademia Stauffer di Cremona, ma individualmente come arrivate alla musica e allo strumento che suonate?

Cristiano Gualco: Il 2000 è stato l'anno in cui, durante i nostri studi solistici all'Accademia Stauffer di Cremona, ci siamo messi insieme per formare un quartetto, che poi si è stabilito nella formazione attuale all'inizio del 2002. Prima del quartetto e della Stauffer, tutti ci siamo diplomati al Conservatorio di Genova, dopodiché abbiamo continuato gli studi all'estero, chi in Inghilterra, chi in Belgio e chi in Svizzera. Paolo è stato l'unico a non affrontare un periodo di perfezionamento dopo il Conservatorio, essendo il più giovane ed avendo subito dopo il diploma iniziato col quartetto.

Nel 2015 avete terminato l'incisione dell’integrale dei Quartetti di Beethoven per la casa discografica tedesca Audite. Dopo aver inciso nel 2012 per la Decca l'integrale dei Quartetti di Fabio Vacchi, quali suggestioni vi hanno portato a fare questo lavoro di ricerca su Beethoven che vi è valso importati riconoscimenti come quello dello Strad e le 5 stelle dal BBC Music Magazine?

Cristiano Gualco: Beethoven è la tappa necessaria per ogni quartetto per sviluppare la conoscenza della musica, del suo messaggio, e la propria individualità. Il pensiero di affrontare un'integrale Beethoveniana c'era sempre stato, ma si concretizzò con la proposta dalla Società del Quartetto di Milano di eseguirla per i 150 anni della sua attività. Subito dopo è arrivata l'opportunità da parte dell'Audite di registrarla, dopo che il responsabile dell'etichetta ci ascoltò durante un concerto in quintetto con Angela Hewitt, con cui lui collabora da molti anni.
Il lavoro fatto su Beethoven è stato enorme: il suo pensiero ha portato all'estremo strumentale e filosofico il quartetto d'archi.
Abbiamo ricevuto molte critiche positive sulle registrazioni dell'integrale, ma siamo particolarmente contenti che il BBC Magazine abbia recensito così bene la nostra op.132, a cui per tanti motivi teniamo tantissimo, e che è stato uno dei primi quartetti affrontati ai nostri esordi.


Dopo questo grandissimo lavoro dei diciassette Quartetti quale/quali sentite più come vostro/i?

Cristiano Gualco: Personalmente adoro gli ultimi quartetti di Beethoven. Su tutti, la Grande Fuga per la stranissima forza espressiva a cavallo tra il passato e il futuro.

Ma la cosa bella dei quartetti di Beethoven è che ognuno ha una vita propria, è un carattere ben definito e diverso dagli altri. La ricchezza di forme, colori e messaggi di questi quartetti è per me rimasta impareggiata 

 

Come nasce il ciclo di concerti "Esplorando Beethoven"?

Simone Gramaglia: Esplorando Beethoven", così come l'idea di registrarne tutti i quartetti, nasce dal mio desiderio costante di valorizzare il nostro lavoro attraverso progetti nuovi, artisticamente stimolanti e, quando possibile, divulgativi.
L'idea di suonare e spiegare il nostro approccio e le nostre differenti visioni su Beethoven è piaciuta subito a Francesca Fortuna che ha voluto realizzare questo ciclo.
Ed il titolo esprime al meglio il lavoro che un quartetto fa quando studia l'integrale di un autore. Si diventa quattro esploratori che devono imparare a cogliere lo spirito e i messaggi di quello che scoprono creando però dei forti punti di riferimento così da non perdersi durante l'esplorazione.


Sabato 13 febbraio alle 17.30 nell'Aula Magna della Sapienza ci sarà la nuova tappa che vede in programma i Quartetti in sol maggiore op. 18 n. 2 e in fa maggiore op. 59 n.1. Cosa potete dirci riguardo queste due partiture a livello compositivo ed esecutivo?

Cristiano Gualco: Nel nostro tentativo di mostrare sempre i "diversi stili" di Beethoven, anche in questo concerto paragoniamo uno dei primi quartetti con l'op.59, definita opera di mezzo. Il quartetto op.18 n.2 è estremamente retorico, nel senso che la conduzione della musica appare come un discorso tra quattro persone, con le sue sorprese e contraddizioni. L'op.59 n.1, pur usando ancora un materiale di stampo classico, è senz'altro proiettato verso uno slancio romantico, che Beethoven sentiva già suo pur essendo compositore del periodo classico per eccellenza.
Dal punto di vista esecutivi entrambi i quartetti sono molto virtuosistici, in particolare l'op.59, che personalmente ritengo il più difficile tra tutti i quartetti di Beethoven.


Cosa prova un musicista a suonare uno strumento originale dell'epoca (di cui voi disponete grazie all'aiuto della Fondazione Kulturfonds Peter Eckes) e che vantaggi ne trae sul piano esecutivo/espressivo?

Cristiano Gualco: Esistono ottimi strumenti moderni, e ottimi strumenti antichi. Come anche il contrario. Molti musicisti, anche solisti di chiara fama usano strumenti moderni, pur possedendo anche ottimi strumenti antichi. È difficile parlare generalmente su un argomento così vasto. Posso dire che nella nostra esperienza lo strumento antico tende ad avere una personalità di suono più definita di quella di uno strumento molto nuovo. Quindi, una volta trovato lo strumento antico giusto per sé, che è molto importante, trovare sintonia con lo strumento antico è forse un processo più semplice, mentre lo strumento moderno va in qualche modo "educato" più a lungo. Siamo stati molto fortunati nell'aver ottenuto il prestito di questi strumenti dalla Fondazione Eckes, e posso dire che di tutte le "configurazioni" adottate negli anni, questa è per ora la migliore.

 

Concludendo, vi ringrazio per la disponibilità e vi invito a fare un invito ai nostri lettori per venirvi a seguire questo sabato alla Sapienza.

Simone Gramaglia: "Audentes fortuna iuvat" mi verrebbe da dire.
Beethoven ha dovuto essere molto audace per scrivere quello che ha scritto nel suo tempo, rimanendo spesso solo e incompreso. Ma ha avuto la fortuna di comporre capolavori assoluti ed immortali.
Oggi tocca a noi essere audaci mantenendo vive l'esecuzione e l'ascolto di questi capolavori e la nostra fortuna sarà di poterne godere!
Vi aspettiamo sabato numerosi e appassionati come sempre!

 

Fabio Montemurro
11 febbraio 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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