Venerdì, 19 Aprile 2024
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DOIT FESTIVAL: I don’t care, la digitalizzazion in una performance

Il 6 e 7 aprile 2017 il DOIT festival ha chiuso la sua stagione con un momento performativo. Direttamente dalla Puglia, la Piccola Compagnia Impertinente scambia due parole con noi de La Platea.

A chiusura del Doit festival va in scena I don’t care. Da dov’è nata l’intuizione per questa performance?

Il primo istinto fu quello di lavorare con la luce degli smartphone, considerarla alla stregua di quella di un faro teatrale. Da lì nacque il desiderio di raccontare o provare ad interpretare la realtà dei social, attraverso la dipendenza dal mezzo stesso, dall'uso che se ne fa e dagli effetti che la vita sui social ha sulla qualità delle relazioni umane. 

 

“Raccontare la frammentarietà (frutto della rivoluzione digitale) della “narrazione” del quotidiano”. Che rapporto avete con questo mondo digitalizzato?

Credo che tutti, più o meno, ne siamo dipendenti. Dipende dai periodi, dalle situazioni, dai mestieri che si fanno. In teatro, ad esempio, i social sono fondamentali per poter raccontare la propria esperienza, incuriosire gente in merito ai tuoi eventi, condividere ciò che è la fatica del tuo lavoro sul palco. Credo sia necessario pensare ad un uso corretto, doveva essere così anche quando la televisione entrò nel quotidiano della vita di tutti, con la differenza che la rivoluzione digitale è molto più complessa, enorme per portata di informazioni e quantità di stimoli come di pericoli. 

 

Il potere del performativo, dunque, come viene interpretato da una giovane compagnia come la vostra?

I ragazzi protagonisti di questo spettacolo hanno un'età molto giovane, per loro un mondo senza connettività non è neanche un ricordo. Semplicemente non è mai esistito. Lavorare sulla dipendenza da social non ha fatto di loro persone che hanno smesso di usare internet o lo smartphone. Non si può, crediamo. Oramai è una rivoluzione che non può tornare indietro. Ha avuto, però, l'effetto di far pensare di più alle proprie vite, alla qualità dei sentimenti, delle proprie opinioni, e dei propri valori. Insomma, hanno avuto il desiderio di scegliere, condizione fondamentale per essere liberi. 

 

Nuovi progetti in cantiere?

Con orgoglio, stiamo portando in giro I DON'T CARE nei festival esteri. Il riscontro è ottimo, la gente ci ringrazia per aver parlato di questo tema fondamentale. Ovunque, quale sia la cultura predominante, il problema è sentito, soprattutto nelle sue storture, negli insulti gratuiti, nella possibilità di non concepire più una vita capace di partire dai sensi reali e viverli rispetto ai tempi di cui ognuno necessita.

 

Erika Cofone

8 aprile 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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