Venerdì, 13 Dicembre 2024
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Ruben Rigillo: l'arte dello spettacolo di padre in figlio

#intervista

Il 24 gennaio 2017 abbiamo assistito al Teatro Goldoni di Livorno allo spettacolo La bottega del caffè di Goldoni, con la regia di Maurizio Scaparro. Prima che si alzasse il sipario, Ruben Rigillo che nella commedia interpreta il conte Leandro, ci ha concesso una intervista.

Figlio dell’attore Mariano Rigillo, approda a teatro nel 1993 in L’osteria di campagna di Raffaele Viviani e due anni dopo esordisce in televisione con Il maresciallo Rocca. 

 

Suo padre è un famoso attore. Quanto ha influito l’aria respirata in famiglia sulla sua scelta di divenire a sua volta attore?

Io non volevo fare l’attore, mi interessava di più la regia, poi quando è finita la scuola sono quei periodi in cui non sai bene che fare, un po’ sbandati. Andavo a vedere mio padre che faceva le prove di uno spettacolo nel 1993, L’osteria di campagna di Viviani e mio padre mi disse “Senti Ruben, non c’è ancora l’attore che farà questa parte, leggila tu” quello si respirava in casa mia. 

 

Quali sono i suoi hobby?

Musica. Tanta musica, suono diversi strumenti, ho un complesso di jazz, poi colleziono soldatini di piombo, letture, libri, tanti per fortuna, e chi vuole fare l’attore si deve trovare un hobby, che non sia il mestiere, sennò questo mestiere ti fa uscire un po’ pazzo.

 

Lei hai fatto molta televisione, dove si trova più a suo agio? In televisione o in teatro?

In entrambi. Sono due cose molto diverse, se stai uno, due anni senza fare teatro lo senti che cominci a disimparare certe cose, mentre in televisione non è così. Sono due modi diversi di recitare. Non puoi recitare in televisione come in teatro, e non puoi recitare in teatro come in televisione.

 

Lei sei cimentato con la regia teatrale, qual è il ruolo che le da più soddisfazione? L’attore o il regista?

La regia è molto bella in realtà, quando hai i mezzi e le possibilità di fare le cose fatte bene, la regia appunto è bella. Il regista non è tanto quello che si inventa la scenografia, ma quello che riesce a fare andare gli attori su una certa strada, lavorare con loro, e portarli poi al compimento dello spettacolo, quello è il bello del regista. 

 

Qual è lo spettacolo che ancora non ha allestito e le piacerebbe allestire?

Bella domanda, qui non ti so assolutamente rispondere, io ne ho fatti talmente pochi che mi piacerebbe allestire quasi tutto (ride), ho fatto solo tre regie teatrali, ma il mondo è pieno di bel teatro e belle storie.

 

Nella sua carriera ha recitato con attori importanti, uno su tutti Gigi Proietti, quale insegnamento ha tratto da questa vicinanza?

Gigi è la non star per eccellenza. E’ gentile, umile, disponibile, non si arrabbia mai con nessuno, è sempre pronto a darti il suggerimento giusto, a lavorare con te anche in televisione in cui i tempi sono molto diversi. Anche quando hai dieci minuti prima di girare la tua scena, lui ti prende da parte e ti dice “proviamola, prova a fare così, viene meglio, prova questo, prova quello” è di una generosità assoluta.

 

Può parlarmi de La bottega del caffè e del suo ruolo?

Questo allestimento è con la regia di Scaparro, una regia molto pulita, senza invenzioni strane o cose del genere, fedelissima al testo di Goldoni, a parte primo garzone, secondo garzone, prima guardia, seconda guardia, che ormai vengono tagliati in tutti i testi per esigenze produttive, ma molto rispettoso del testo classico. Poi Micol e Viviani, sono perfetti nelle loro parti, io qui faccio il conte Leandro che è il truffaldino giocatore d’azzardo, un personaggio divertente, un fannullone, un simpatico bifolco, con la mia faccia non potevo fare il cattivo bifolco (ride) dovevo fare per forza il bifolco buono. E’ bello farlo, poi questa versione della Bottega essendo molto rispettosa è bella. Fare Goldoni, con le parole di Goldoni, alla maniera di Goldoni. 

 

Qual è l’ultimo film che ha visto?

Oceania, perché ho una bambina di quasi cinque anni e quindi quelli di animazione li vedo tutti. Non ci vado tanto al cinema, sono tanti gli impegni familiari.

 

E in televisione cosa guarda? 

Pochissima televisione. Mi dicono tutti “Devi vedere Breaking Bad, House of Cards, Game of Thrones” ma la serie richiede un impegno: ti devi vedere sedici puntate, due, quattro serie, non c’è il tempo. Preferisco fare altro, leggermi un libro. 

 

Qual è il libro che ritiene fondamentale non tanto per la sua formazione di attore, quanto come uomo e che consiglierebbe a tutti di leggere?

L’isola del tesoro di Stevenson, quello è un grande libro, che va riletto, io l’ho letto da bambino e poi l’ho riletto, ed è un libro eccezionale. Questo è il primo che mi è venuto in mente, evidentemente mi ha lasciato un segno particolare.

 

 

Gabriele Isetto

25 gennaio 2017

 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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