Venerdì, 19 Aprile 2024
$ £

La signora delle camelie, un incanto spezzato

Recensione dello spettacolo La signora delle camelie in scena al Teatro Quirino dal 27 febbraio all’11 marzo 2018

 

La signora delle camelie è un romanzo cupo, triste, senza possibilità di riscatto. Perché, dunque, mettere in scena un testo così malinconico? Forse perché l’amore è al centro di tutto e con esso i vizi e i pregiudizi della società perbene. E poi c’è il fattore denaro. O forse, solo per una dannato desiderio di poesia.
Non è facile portare sul palcoscenico uno dei grandi classici della letteratura francese dell’Ottocento ma Matteo Tarasco, regista di questo spettacolo e in scena al Teatro Quirino in questi giorni, ci è riuscito eccome.

Il dramma, supportato da una scenografia povera, è vero, ma efficiente quanto il disegno delle luci, colpisce soprattutto per la sua liricità, la tenerezza e la crudeltà che avvinghiano i personaggi.

La vicenda narrata è quella di Margherita Gautier (Marianella Bargilli), una bellissima cortigiana parigina di cui si invaghisce Armando Duval (Ruben Rigillo) un giovanotto semplice, di umili origini e molto superficiale. Il ragazzo la conosce una sera mentre si esibisce a teatro, da quel momento prende corso il loro amore contrastato da pregiudizi sia sociali che economici. Margherita, in realtà, è stata l’amante di molti uomini e, tra questi, c’è un conte che la mantiene estinguendo ogni suo debito. Quando s’innamora di Armando, Margherita è disposta a sacrificarsi per lui rinunciando ad essere l’amante del conte, con la conseguenza che è costretta a spogliarsi di ogni suo bene per soddisfare i creditori. Margherita non accetta l’aiuto di Armando che, tramite Prudance (Silvia Siravo) amica della donna, venuto a sapere delle condizioni in cui versa la sua amata, si offre di aiutarla vendendo la tenuta ereditata dalla madre. Ciò desta le ire di suo padre, Monsieur Duval (Carlo Greco) il quale non accetta che il buon nome della famiglia venga macchiato dal disonore che gli sta arrecando il figlio, “indotto” ad offrire il proprio denaro per amore di una prostituta, tanto più che la stessa ha deciso di cadere in disgrazia per non pesare sulle spalle di Armando, offesa ancor peggiore della prima. Venuto a conoscenza di quanto sta accadendo, Monsieur Duval si reca a casa di Margherita e, dapprima, la implora di lasciar perdere il figlio salvo poi, alla fine, ordinarle di farlo. La vendetta di Armando sarà brutale: la tradirà con Prudance anche se quest’ultima si mostrerà reticente nei suoi confronti.
La storia non può che avere una triste conclusione, dovuta principalmente dalla malattia che affligge Margherita e che, nel giro di pochi mesi, la strappa alla sua timida e lesta giovinezza.

La durata dello spettacolo è di un’ora e mezza, senza intervallo, scelta dettata da un copione che non si presta ad interruzioni per non spezzare la magia che si crea sul palcoscenico. Magia, purtroppo, che viene tenuta in vita solo grazie alla scenografia, al disegno luci curate da Gigi Ascione e dalle musiche di Mario Incudine. Da apprezzare invece resta il lavoro del regista che ha saputo ricreare e mantenere la poesia dell’amore infelice tra Margherita e Armando, dei dialoghi che sanno far riflettere, e l’interpretazione di Carlo Greco, l’unico che ha saputo dare uno slancio allo spettacolo. I personaggi di Margherita e Armando, di contro, sono deboli: Marianella Bargilli è una Margherita troppo impostata e poco passionale, le fa eco dappresso anche Ruben Rigillo, meno impostato ma neanche troppo empatico. Modesta, infine, Silvia Siravo nei panni della sua Prudance.
Un vero peccato, considerato che da un lavoro registico e scenico ben studiato poteva venire fuori un capolavoro degno del suo romanzo.

 

Costanza Carla Iannacone
1 marzo 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori