Giovedì, 16 Maggio 2024
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Emigranti secondo Fares: nel testo di Mrozek il dramma degli stranieri in terra straniera

Recensione Emigranti in scena al Teatro dell'Orologio dal 27 ottobre all'8 novembre 2015

Due polacchi di diversa estrazione sociale, un operaio di origini contadine poco istruito e un borghese intellettuale, dividono la cantina di un palazzo di una "non precisata" città in una "non precisata" nazione dell'Europa del Blocco Occidentale (si presuppone però da diversi dettagli che sia la Repubblica Federale Tedesca).

I nostri due eroi contemporanei pur venendo dallo stesso luogo e parlando la stessa lingua sono incapaci di comunicare perché ognuno dei due è "emigrato" inseguendo un sogno differente da quello dell'altro e porta dentro di se un ricordo diverso della città e della vita che si è lasciato alle spalle.

L'operaio è avido, pensa sempre al denaro ad accumularne il più possibile giorno dopo giorno, e sogna di tornare in patria con i soldi per potersi costruire una casa a tre piani e fare una festa dove inviterà tutti (o quasi) i suoi compaesani; l'intellettuale invece parla di un Paese e di un'esistenza alle quali non vuole ritornare, che erano come una gabbia, dove non poteva esprimere liberamente le sue opinioni e il suo pensiero, e descrive il Nuovo Mondo, dopo che è emigrato come un trampolino di lancio per le sue aspirazioni. Parallelamente descrive l'odio per chi ora lo guarda come uno straniero senza sforzarsi di capire la condizione di prigionia da cui è evaso e di un libro, sull'uomo, che non scriverà mai davvero.

E' il 31 dicembre, ultimo dell'anno, tutta la città è in festa, mentre nel sottoscala i due discutono ferocemente, si fanno scherzi spesso crudeli, si criticano amaramente a vicenda, distruggono l'uno i sogni dell'altro, si fanno tragicomiche confessioni, si abbandonano al languore della nostalgia... però, a tratti, da questo continuo estenuante confrontarsi, un barlume di comprensione nel loro animo si fa strada.

Un testo, questo di Slawomir Mrozek, scritto nel 1974, che ci mostra come il popolo e la classe intellettuale polacca pur opponendosi alle stesse istituzioni non riuscissero a comunicare e addirittura, invece di aiutarsi, paradossalmente si remavano contro.
Al contempo lo stesso testo metteva e mette tutt'oggi in luce la condizione di chi "emigrante" per le più disparate ragioni (fame, lavoro, esilio politico, ...) si ritrova ad essere uno straniero in terra straniera, guardato con diffidenza ed occhio fin troppo spesso negativamente critico "dagli altri".

Un'ottima messa in scena di Giancarlo Fares e Marco Blanchi che parlando di due drammi che hanno segnato la storia del secondo '900. Quello dell'URSS che impose a diversi stati di confine come la Polonia di diventare Paese Satellite instaurando, con la nascita delle Repubbliche Popolari, una politica di regime totalitario di stampo sovietico e quello dell'Emigrazione di chi da una lato cercava un riscatto economico-sociale e dall'altro di chi intellettuale guardava, al di là della Mitteleuropa, all'Occidente democratico e alla libertà di pensiero, opinione e stampa. Uno spettacolo che getta con ironia e caustico sarcasmo nuova luce tanti fatti contemporanei che stanno purtroppo ricalcando la storia del passato politico europeo e mondiale più recente.


Fabio Montemurro
31 ottobre 2015

 

informazioni

 

Leggi l'intervista a Giancarlo Fares a questo link:

 

http://laplatea.it/index.php/teatro/interviste/897-intervista-a-giancarlo-fares-regista-e-interprete-di-emigranti-di-slawomir-mrozek.html

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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