Giovedì, 18 Aprile 2024
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Svestire la forma per omaggiare la materia: l’impavido azzardo di “Naked”

Recensione dello spettacolo di improvvisazione teatrale “Naked – Studi Nudi d’Improvvisazione”, in scena al Teatro Stanze Segrete di Roma nei giorni 15, 16 e 17 Febbraio 2019

 

Naked è un pregiato prodotto di raffineria teatrale, uno spettacolo di trascinante empatia che convoglia il pubblico verso il mondo, intimo e profondo, dei suoi protagonisti. 

Uno spazio, un tempo e due attori costretti muovercisi intorno senza poter oltrepassare quel ristretto universo ai bordi del quale gli spettatori assistono quasi con il timore di disturbare, tanta è la vicinanza ai sussulti, ai fremiti e ai sospiri della coppia di interpreti. Fabrizio Lobello e Patrizio Cossa salutano con inebriante magistralità l’affezionato pubblico di “Naked – Studi Nudi d’Improvvisazione”, progetto che, sotto l’accurata e onnipresente regia di Giorgia Giuntoli, nasce nel 2016 e volge ora al termine non prima di aver nuovamente convinto pubblico e critica delle infinite potenzialità di un’improvvisazione spogliata di ogni orpello, nuda in tutta la sua sconvolgente bellezza, ridotta al più minimale grado di esistenza, quello dove gli attori altro non hanno che due sedie sopra le quali prendono forme le anatomie di due protagonisti, ogni sera diversi e ogni sera spinti ai confini della loro esistenza, scandagliata in ogni direzione.

Nell’estemporaneità del momento, più della regia perfettamente studiata, dell’essenzialità di una scenografia squisitamente funzionale e della sceneggiatura, ipnotizzante malgrado apparentemente semplice, ciò che spicca con maggiore prepotenza è la psicologia dei personaggi, i cui corpi, confinati entro i limiti spaziali e temporali imposti dallo spettacolo, al limite dei propri movimenti, iniziano a trasudare, senza più restrizioni morali, ogni più cavernoso sentimento, che oltre agli sguardi, alle espressioni e ai gesti, si manifestano con più intensa convinzione nei dialoghi, mai banali, perennemente in bilico tra il detto e il non detto. 

La forza della messa in scena colpisce come un pugno: l’ambiente claustrofobico assume allegoricamente le sembianza di un ring quotidiano nel quale i due contendenti si alleano, si scontrano, si allontanano e poi trovano insospettabili ragioni per riavvicinarsi. Il tutto si svolge sotto lo sguardo degli spettatori con un dinamismo impressionante, senz’altro paragonabile alla rapida manualità di una cinepresa che non si lascia sfuggire alcun dettaglio, che non si fa distrarre da ammalianti musiche di sottofondo, folgoranti abiti, cambi di scena improvvisi, anche perché non c’è nulla di tutto ciò. 

Lo spettacolo aderisce da subito ai canoni della commedia e man mano incentra l’attenzione sulle problematiche che scaturiscono dalle relazioni interpersonali, riversandosi in tematiche insidiose per la loro complessità, che nonostante tutto i due attori sorreggono con aitante vigore, non mancando di sciogliere i nodi venuti al pettine con quell’onerosa dose di morale e sarcasmo che fa tanto bene alla salute.

 

Giuditta Maselli

17 febbraio 2019

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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