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La Gatta Cenerentola: è di scena la Napoli del Seicento

Recensione dello spettacolo La Gatta Cenerentola andato in scena al Teatro Le Salette dal 5 al 17 febbraio 2019

 

Quando si parla della favola di Cenerentola è difficile che nella nostra mente non riaffiorino ricordi legati alla scarpetta di cristallo, alla fata turchina, al principe azzurro, alla matrigna e alle sorellastre.
Eppure, la versione che tutti noi conosciamo, portata in auge dalla Disney, è molto lontana dalla fiaba originale La Gatta Cenerentola, scritta nel 1634 da Giambattista Basile e presente nella celebre raccolta Lu Cunto de li Cunti.


Nell'opera di Basile, ambientata nella Napoli del Seicento, non troviamo la povera fanciulla che viene salvata dal principe e trova finalmente l'amore. Piuttosto, si denunciano apertamente vizi e capricci dell'aristocrazia.
Si tratta di un racconto popolare, all'apparenza scritto per allietare i bambini ma che in realtà è un coarcervo di doppi sensi, di rimandi sessuali, di allusioni il cui scopo ultimo è divertire un'annoiata nobiltà, ignara di essere essa stessa oggetto di beffa da parte dell'autore.
L'ambiziosa sfida che raccoglie il regista Stefano Maria Palmitessa è proprio di riportare sul palco la vera storia di Cenerentola con l'aiuto di Francesca e Natale Barreca, curatori dei testi.
Lo spettacolo del regista romano non è il primo adattamento teatrale dell'opera di Basile. Già nel 1976, Roberto De Simone aveva presentato al Festival di Spoleto la sua rivisitazione riscuotendo notevole successo.
Tuttavia, la versione che porta in scena Palmitessa è molto più vicina all'originale senza per questo rinunciare ad alcune velleità legate del percorso professionale del regista.
Il primo elemento è la scenografia: il boccascena è ridotto e gli attori possono essere visti solo dal busto in su. Un chiaro riferimento al teatro delle marionette che consente di introdurre effetti a sorpresa continui durante tutta la rappresentazione, suscitando ilarità e partecipazione in platea.
Gli attori entrano in scena mascherati: in alcuni casi al trucco di scena si aggiunge un'ulteriore maschera. Un artificio apparentemente eccessivo che indurrebbe a pensare di voler celare a tutti i costi il reale. Quasi a voler vietare alla realtà di affacciarsi sul palco. Eppure, ciò che accade è esattamente il contrario: grazie alla maschera, si è più portati a rivelare la verità.
Ad accompagnare la rappresentazione, le musiche originali di Valerio Gallo Curcio, intonate più volte quasi a sottolineare le ossessioni covate dai protagonisti. Una ripetizione, questa, che non stanca, anzi conferisce dinamicità e accompagna lo spettatore nei vari momenti della storia.
Risulta discordante, invece, il ballo a cui è affidato il passaggio ad un atto successivo e la cui coreografia ed esecuzione sono affidate a Mara Palmitessa. Rispetto al resto dello spettacolo, l'esibizione risulta troppo lunga, distraendo lo spettatore dal resto della rappresentazione.
Altre due variazioni introdotte rispetto all'originale sono: i due patrigni al posto delle due matrigne e il finale da cui si intuisce che l'unica a trarre beneficio da tutta la vicenda è proprio Cenerentola. L'epilogo a sorpresa, infatti, mette in luce una donna in grado di riappropriarsi della propria femminilità e di non soccombere ai capricci del marito. 
La Gatta Cenerentola di Palmitessa, dunque, attraverso i toni della commedia grottesca è in grado di trasmettere il disagio dell'esistenza umana nella continua ricerca di soddisfare i suoi desideri e le sue pulsioni.


Carmen De Sena
19 febbraio 2019

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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