Sabato, 27 Aprile 2024
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La locandiera al Teatro Vascello. Andrea Chiodi racconta la modernità del teatro goldoniano

Recensione dello spettacolo La Locandiera, di Luca Goldoni. In scena al Teatro Vascello dal 29 gennaio 2020 al 2 febbraio 2020

 

Distanti e incompatibili perchè provenienti da due pianeti diversi e, quindi, per natura reciprocamente irraggiungibili, la ricchezza, così come il potere, non trovano la loro completezza e rispondenza nel sentimento. Questo infatti, è costituito da una materia “altra” obbediente a leggi più preziose perchè interiori che sfuggono alla mera esteriorità, rendendola un involucro vuoto..un’apparenza..una suggestione. 

Il Marchese di Albafiorita e il Conte di Forlipopoli, ospiti della stessa locanda, sono rivali in amore poichè entrambi invaghiti di Mirandolina, la locandiera. I due nobili differiscono prevalentemente per la loro dispinibilità economica. Il Conte infatti è molto più potente economicamente mentre il Marchese, in evidenti difficoltà finanziarie, cerca di supplire a questa sua “carenza” assicurando protezione alla ragazza. Tuttavia, entrambi i personaggi sono tristemente accomunati dall’attitudine all’apparenza che si sostanzia nel mostrare, piuttosto che nell’ essere.

Mirandolina disinteressata e, probabilmente, nauseata sia dal denaro ma, ancor più, dallo sfoggio di questo come unica modalità relazionale, cerca di fatto un linguaggio diverso che racconti e contatti con semplicità l’essenza della persona. Un terzo ospite della locanda, il Cavaliere, si contrappunta ai due personaggi maschili, dimostrandosi assolutamente avverso e ostile al genere femminile, a tal punto da provarne una vera e propria repulsione e malcelato odio. Tale forma di rude risentimento nei confronti delle donne crea rancore ed alimenta vendetta nell’animo di Mirandolina che, nel suo compiacersi dall’esser corteggiata e mal sopportando l’altrui indifferenza e inimicizia, incarna l’universalità della natura femminile. La sua sfida personale sarà quella di far innamorare di sè il Cavaliere, per poi rifiutarlo e screditarlo pubblicamente. Ella, mantenendo la promessa fatta a suo padre, sposerà poi Fabrizio, il cameriere della locanda. 

Datata 1753, la commedia di Carlo Goldoni é caratterizzata da tratti assolutamente rivoluzionari che rinnovarono un certo modo di fare ed intendere il teatro. Precedentemente gli attori, fedeli al canovaccio, tendevano ad affidarsi al loro istrionismo da improvvisatori per dare forma al loro personaggio, spesso una maschera, di fatto piatto, stereotipato e privo di anima. Con Goldoni compare la partitura scritta: i personaggi, diversificati, acquistano uno spessore umano esprimendo e rappresentando in scena le diverse gradazioni della loro essenza interiore. A tal proposito, il personaggio di Mirandolina sembra condensare al meglio la filosofia goldoniana mostrandosi decisamente moderno. La personalità della locandiera emerge prepotentemente da uno sfondo a tinte unite costituito dall’asetticità formale di personaggi ingessati, incapaci ed imbarazzati dal provare emozioni al punto tale da doverle mascherare con comportamenti stereotipati. Mirandolina, al contrario, è prima di tutto una donna che, di fatto, si ribella ad una certa gerarchia “di genere” ed inverte i rapporti di forza tra uomo e donna, rifiutandosi di cedere alle proposte materiali dei due nobili, decidendo lei chi sposare. All’ipocrisia della parola, caratteristica di un certo fare borghese dell’epoca, ella, in antitesi col suo tempo, contrappone con altezzosità la sua schiettezza irriverente. 

Cristallina è sembrata la volontà del regista Andrea Chiodi di personalizzare l’opera goldoniana raccontando “la sua versione” pur rispettandone l’essenza e la drammaturgia originali come il mantenimento dei numerosi “a parte” dimostra. Chiodi imprime un timbro prevalentemente comico alla commedia attraverso una caricaturizzazione delle figure chiave, “riequilibrate” prevalentemente da Mirandolina. Ella, infatti, attraverso la maturità del suo essere si assurge a controcanto ai personaggi maschili. Le luci (Marco Grisa),nei passaggi in cui attenuano la loro brillantezza per offrire una gradazione soffusa, sembrano valorizzare, come una carezza, la personalità della locandiera.

Decisamente di livello la performance di Tindaro Granata che caratterizza il “suo” Marchese con tratti decisamente effemminati, isterici e capricciosi, comunicando, inoltre, il costante affanno del nobile nel pareggiare la potenza del suo rivale. Oltremodo sopra le righe, tuttavia, è parsa tale interpretazione, di fatto priva di una modulazione espressiva che contemplasse anche la sobrietà, divenendo ben presto preda della caricatura e della prevedibilità. In crescendo l’interpretazione di Fabio Marchisio nel ruolo di Cavaliere. Dopo un inizio forse troppo “recitato”, l’attore riesce efficacemente ad esprimere il contrasto interiore del suo personaggio indeciso e frustrato, fino allo sfinimento, tra l’impulso di cedere al fascino di Mirandolina e l’imperativo di rimanere immune alle donne. Ben esaltata da Andrea Chiodi l’originalità di tale figura goldoniana che, proprio grazie alle sue debolezze, si rende umana e, quindi, vera. Forse non immediatamente assimilabile la scelta registica di far impersonare alle attrici i personaggi maschili, nello specifico Fabrizio (Caterina Filograno) e il Conte (Caterina Carpi), pur risultando gradevole la recitazione delle due artiste anche nel doppio ruolo di Ortensia e Dejanira, due attrici comiche che tentano di fingersi nobildonne. Di indubbio spessore la prova attoriale di Mariangela Granelli che conferisce personalità, autorevolezza e astuzia al personaggio della locandiera, rendendola una figura credibile e rivoluzionaria. I costumi e l’allestimento scenografico (Margherita Baldoni), entrambi dominati dal colore bianco, rimandano ad una sobria ed essenziale eleganza senza sfarzosità con significati simbolici. Il lungo tavolo bianco che caratterizza la scena diventa quasi un secondo palco sopra il quale hanno luogo alcuni passaggi narrativi, divenendo al contempo, nella parte sottostante, una quinta trasparente ospitante i personaggi in quel momento non chiamati in causa. Suggestiva la scelta di suddividere il prologo originario in più riprese e di creare nella lettura un’alternanza fra gli attori. Essi, dismettendo parzialmente i loro costumi di scena, divengono protagonisti di un momento “altro” rispetto alla commedia, con riverberi di metateatro. Il regista snellisce lievemente la pièce, omettendo alcuni passaggi ridondanti che avrebbero rallentato la ritmica narrativa, mantenuta invece costante grazie anche ad un attento utilizzo del corpo come forma espressiva e comunicativa.

Il numeroso pubblico divertito esprime il proprio indubbio consenso ad una commedia complessivamente elegante e ricercata .

 

Simone Marcari

1 febbraio 2020

 

 

Informazioni

Cast: (in ordine alfabetico)

Caterina Carpio

Caterina Filograno

Tindaro Granata ( Marchese di Forlipopoli)

Mariangela Granelli ( Mirandolina)

Fabio Marchisio

 

Scene e costumi: Margherita Baldoni  

Assistente alla regia: Maria Laura Palmieri

Disegno luci: Marco Grisa

Musiche: Daniele D’Angelo 

Realizzazione costumi: Maria Barbare de Marco

Compagnia Proxima Res di Tindaro Granata

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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