Giovedì, 28 Marzo 2024
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Il talento di dar voce a Chi niente fu (non dirà niente)

Recensione dello spettacolo Chi niente fu (non dirà niente) in scena al Teatrosophia dal 31 gennaio al 2 febbraio 2020

 

Come spesso accade, è nei teatri più piccoli o meno blasonati che si ha la possibilità di assistere a spettacoli e studi nati dall’urgenza creativa di nuovi autori e compagnie che amano mettersi davvero in gioco. Un esempio perfetto è Chi niente fu (non dirà niente): vincitore per l’edizione 2019 del Festival Inventaria nella sezione demo. L’incontro tra l’attrice Dalila Cozzolino e il giovanissimo Giuseppe Pipino, che ne firma, il testo fa sì che la Compagnia Ragli decida di produrlo. Entra quindi in gioco la sapiente regia di Rosario Mastrota, supportato da Antonio Monsellato. Gli accoglientissimi spazi di Teatrosophia, una realtà piuttosto recente nel cuore di Roma, accettano di ospitarlo. Ed è così che esistenze poeticamente desolate acquistano voce e corpo, potendosi raccontare al pubblico.

In un palazzo fatiscente rimangono solamente tre inquilini. Al piano più basso vive Carmela: una esistenza ai margini, indossando perennemente tre paia di calzini. Per nessun motivo poggerebbe i piedi a terra o li mostrerebbe a qualcuno. Le hanno violentemente insegnato che i piedi, nella sua famiglia, sono un bene prezioso. Di cui non è degna. La madre le ha detto così. Ma cosa accadrebbe se, per una volta, facesse di testa sua?

Al piano superiore si nasconde Marino: la sua omosessualità non è solo una vergogna ma un vero e proprio scandalo per tutti quei parenti che non vede più. Il motivo? Nel segreto degli attimi rubati, al marito della sorella piaceva un po’ troppo. Così eccolo, reietto e farneticante, a cianciare d’amore e a ricordare quei momenti irripetibili pagati con il sangue, le umiliazioni, gli abusi.

Più in alto di tutti c’è Elvezia: da bambina, per colpa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, è rimasta cieca da un occhio. Ora è una vecchia a cui è sempre mancata la metà delle cose: non solo da vedere ma anche da sentire con il cuore. Finché non riuscirà a dare un nome a quello che prova nel petto. 

Sebbene si tratti della prima restituzione di una residenza, Chi niente fu (non dirà niente) può definirsi uno spettacolo totalmente compiuto. Merito dell’instancabile talento di Dalila Cozzolino che, da sola, riesce a dare accenti e personalità a ognuno dei ruoli che è di seguito chiamata a interpretare. Merito dell’incredibilmente ben calibrato gioco di luci di Giacomo Cursi che, nonostante il ridotto spazio, ottiene un ambiente per ognuno dei tre personaggi. Insieme a una scelta efficacissima dei pochi oggetti di scena: come la piccola lampadina che, insieme a una malandata pulsantiera d’ascensore, è capace di scandire piani e mondi.

Lo spettacolo si chiude con una piccola intuizione registica che sfonda con grande delicatezza la quarta parete e lascia lo spettatore trasognato. Una riflessione a questo punto è d’obbligo: ciò che si è visto era, forse, solo una messinscena teatrale. Ma la degradazione, la solitudine, la follia, la tenerezza erano vere. Magari, senza che ve ne siate mai accorti, abitano nel vostro stesso palazzo. 

 

Cristian Pandolfino

6 febbraio 2020

 

Informazioni

Teatrosophia

Chi niente fu (non dirà niente)

Regia: Rosario Mastrota
Assistente alla regia: Antonio Monsellato
Testo: Giuseppe Pipino
Attrice: Dalila Cozzolino
Luci e suono: Giacomo Cursi
Produzione: Compagnia Ragli
In collaborazione con: Scena Verticale

Foto:Luana Iorillo

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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