Sabato, 27 Luglio 2024
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Re-imparare a riflettersi: La Commedia della Vanità al teatro Argentina

Recensione dello spettacolo La Commedia della Vanità in scena al Teatro Argentina dal 29 gennaio al 9 febbraio 2020

 

“Se lo spirito non diventa immagine, sarà annientato insieme col mondo.”

(Simon Mago)

 

La Commedia della Vanità di Claudio Longhi messo in scena a partire da un testo di Elias Canetti è racconta la ciclica ascesa e decadenza del rapporto dell’uomo con il proprio ego, prospettando un’inesorabile ripiegarsi dell’uomo su sé stesso e sulla propria immagine.

Lo spettacolo di Longhi diventa allora un monito universalizzabile: nell’era dell’iperfetazione dell’immagine, La commedia della vanità invita lo spettatore ad utilizzarla con parsimonia, a riflettere su quanto la propria immagine sia il proprio patrimonio più prezioso, fornendo una sorta di libretto di istruzioni su cosa provoca l’eccesso di autoriflessione.

Le scene di Guia Buzzi riprendono un’estetica dark che attinge molto al panorama del cinema muto tedesco degli anni ’20, sembra di camminare fra i tetri e inquietanti palazzi de Il gabinetto del dottor Caligari. E ‘un circo orrorifico quello che domina la scena, che con la sua pedana rotante mostra esposti l’involuzione dei personaggi, una discesa inesorabile verso gli inferi.

La struttura all’italiana del Teatro Argentina è sicuramente una sede ideale per questo spettacolo, che viene raccolto dalla sala come una piccola Wunderkammer in cui gli specchi onnipresenti sulla scena creano dei giochi di luci che accecano e confondono lo spettatore, come tanti novelli Galileo di fronte alla scoperta del funzionamento del telescopio. 

I ventitré personaggi in scena sembrano caduti dalla scatola dei giochi di un bambino inquieto, con i loro costumi colorati, da cui sotto si intravede il nero dominante, quasi una rinata pelle che li rende tutti uguali, bruciati, come le loro immagini, si riversano in ogni lato della platea e dei palchi, costringendo il pubblico ad una fruizione costantemente vigile. 

Riescono gli interpreti a ricreare quella che Canetti definisce maschera acustica, come ogni abitante di questo fantomatico paese senza immagine deve crearsi per sopravvivere una propria canzone, così ogni attore modella su sé stesso le modulazioni che il proprio personaggio ha, rendendosi, anche nei casi di piccole parti, indimenticabile allo spettatore. 

Una carovana di caratteri inquieti e inquietanti che ricorda la tavolata di Freaks di Ted Browning, lentamente tutti vengono accettati in questa comunità di outcast che non possono guardarsi; l’unico modo per vedersi è specchiarsi negli occhi degli altri o lasciarsi descrivere, ma l’immagine riflessa negli occhi è diversa ogni volta e le descrizioni sono solo vane adulazioni. 

Fra bambine senza innocenza, ricchi decadenti e seduttori spietati nessuno viene escluso da questo lento affogamento nell’oblio di sé.

Le tre parti oltre alla lenta decadenza del paese senza un’immagine raccontano anche la parabola discendente del potere.

Attraverso l’indimenticabile interpretazione di Fausto Russo Alesi, che interpreta tre personaggi diversi: Joseph Barloch, Joseph Garahus e Heinrich Fohn, non a caso con lo stesso volto, ma soprattutto con la stessa voce, che da tonante e propositiva nella prima parte, va ad accartocciarsi, ad affievolirsi come le sue certezze sull’esperimento, e mentre la macchina per gli applausi smette di funzionare durante i discorsi dell’ormai neo-dittatore della città, viene eretto un monumento che lo celebra: morbosa realizzazione di una inevitabile dipendenza dalla vanità.

 

Mila Di Giulio

8 febbraio 2020

 

 

Informazioni

LA COMMEDIA DELLA VANITA’

di Elias Canetti

traduzione Bianca Zagari

regia Claudio Longhi

Con Fausto Russo Alesi, Donatella Allegro, Michele Dell’Utri

Simone Francia, Diana Manea, Eugenio Papalia, Aglaia Pappas

Franca Penone, Simone Tangolo, Jacopo Trebbi

e con Rocco Ancarola, Simone Baroni, Giorgia Iolanda Barsotti

Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo

Elena Natucci, Marica Nicolai, Nicoletta Nobile, Martina Tinnirello

Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana

violino Renata Lacko

cimbalom Sándor Radics

drammaturgo assistente Matteo Salimbeni

assistente alla regia Elia Dal Maso

assistente ai costumi Rossana Gea Cavallo

preparazione al canto Cristina Renzetti

scene costruite nel Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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