Giovedì, 05 Dicembre 2024
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All’Ambra Jovinelli in scena Michele Placido e l’incredibile cast di “La bottega del caffè”

Recensione dello spettacolo La bottega del caffè in scena al Teatro Ambra Jovinelli dal 14 al 19 marzo 2023

 

È sempre stato obiettivo primario della commedia dell’arte quello di ritrarre l’umanità in tutti i suoi pregi e difetti, nei vizi e nelle virtù, nei valori e nella mediocrità e le opere di Carlo Goldoni non fanno eccezione. Considerato non a torto il padre della commedia moderna, Goldoni ha dato vita alla sua poetica rimaneggiando e revisionando le leggi della commedia dell’arte. Tutto il materiale necessario alle sue commedie, infatti, lo ha tratto direttamente dalla sua esperienza personale, da situazioni, personaggi e avventure legate ad accadimenti concreti, tanto che passioni, costumi e mode rappresentate nelle sue opere riflettono direttamente la vita vera. Ciò è tanto più evidente in questa “Bottega del caffè” messa in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma: il regista Paolo Valerio dirige uno spettacolo corale in cui nessun personaggio diventa protagonista assoluto, ma concorre a ricreare un complesso affresco della realtà odierna.

All’interno di una scenografia che ritrae in modo veritiero e rispettoso la Venezia del Settecento grazie all’accurato allestimento di Marta Crisolini Malatesta, si muovono i nostri personaggi vestiti rigorosamente in costume, fedelmente riprodotto in tutta l’eleganza e la ricercatezza dell’epoca da Stefano Nicolao. Ogni protagonista ha un compito e un ruolo ben preciso, cioè quello di impersonare un vizio o una virtù dell’essere umano: non a caso la platea dell’Ambra Jovinelli è accolta inizialmente da maschere danzanti sotto le quali si nascondono le migliori e le peggiori qualità dell’umanità. Dal sempreverde vizio del gioco, praticato dal mercante Eugenio, alla corruzione del cinico Pandolfo fino all’onestà del caffettiere Ridolfo, si crea un microcosmo animato dalle diverse dinamiche che si instaurano tra i personaggi, che litigano, si aiutano e si impicciano delle altrui questioni.

Proprio dentro questa comunità agisce il Don Marzio interpretato da Michele Placido, un nobile napoletano a Venezia, che tra un caffè e l’altro scruta e spia le figure che gli si muovono intorno proprio come un qualsiasi spettatore in platea. Non a caso lo si trova perennemente seduto al tavolino della bottega del caffè mentre gli altri sono presi dalle loro vicende a cui Don Marzio si diverte ad assistere con un occhialino che non corrisponde alle diottrie che gli mancano, e delle quali scandisce il tempo con un orologio che non funziona. È attraverso in questi due particolari che si ravvisa la caricatura goldoniana del pubblico in sala che osserva la narrazione scenica, ma con Don Marzio si va oltre la mera osservazione della vita degli altri personaggi. Da questa, infatti, parte per manipolare e deformare i vizi degli altri protagonisti e le situazioni che la sua “mala lingua” risolve: colpisce ancora l’irresistibile fascino del pettegolezzo che anima e muove i fili della commedia. Sembra proprio che dal Settecento l’umanità sia rimasta identica a sé stessa: come i personaggi di Goldoni, ognuno cerca nell’altro da sé il capro espiatorio delle proprie colpe e omissioni ed è per questo che nella scena finale Don Marzio viene additato e messo alla berlina dagli altri personaggi, che non intendono rivelarsi per ciò che realmente sono. Ancora oggi, per difendersi e ricompattarsi nei suoi schemi, la società tende ad espellere e allontanare quell’elemento “diverso” che altrimenti metterebbe in crisi i principi stessi su cui essa si basa. Eppure, è proprio grazie alla storpiata, ma esatta, osservazione della realtà del nostro antieroe Don Marzio che la verità si rivela.

Il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia, la Fondazione Teatro della Toscana e la Goldenart Production sono le tre grandi produzioni italiane dietro la realizzazione di “La bottega del caffè” che, oltre a un Michele Placido perfettamente calato nel suo ruolo, si avvale della bravura di Luca Altavilla, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Anna Gargano, Vito Lopriore, Francesco Migliaccio e Maria Grazia Plos. Insieme hanno dimostrato di formare un cast realmente affiatato e omogeneo: si respira un ritmo frenetico e serrato sul palco che coinvolge completamente lo spettatore al punto da non avvertire la mancanza della pausa fra un atto e l’altro. Fin dalla prima entrata tutti gli attori riescono a catturare l’attenzione del pubblico sia grazie ai movimenti di scena, curati da un’attenta Monica Codena, che alla regia che, tra un atto e l’altro, lascia il giusto tempo allo spettatore di rielaborare ciò cui ha assistito per poi catapultarlo nuovamente nella realtà veneziana.

Al termine della prima, Michele Placido ha tributato un ringraziamento alla platea dell’Ambra Jovinelli: «Dobbiamo ringraziarvi perché in questi due anni siete voi ad aver resistito con le mascherine con pazienza piano piano siete tornati a teatro. Grazie alla vostra resistenza con queste mascherine siete tornati a far respirare la cultura al teatro italiano».

 “La bottega del caffè” è un degno ritratto dell’attuale società tanto che forse nemmeno un attento osservatore del carattere umano come Goldoni mai avrebbe pensato che, a distanza di tre secoli, la sua commedia sarebbe risultata ancora così moderna.

 

Diana Della Mura

17 marzo 2023

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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