Lunedì, 29 Aprile 2024
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La famiglia raccontata da Mattia Torre in “456”, metafora di un’Italia cinica e senza valori

Al Teatro Vascello di Roma dal 27 al 3 marzo 2024, “4 5 6” scritto e diretto da Mattia Torre, prodotto da Marche Teatro

 

Quando un artista manca si sente; si sente come nel caso di Mattia Torre alle prime degli spettacoli teatrali che portano il suo nome, come in questa occasione. “4 5 6”, in scena in un Teatro Vascello gremito, che ha ospitato nella sua prima - del 27 febbraio - personaggi illustri, ma soprattutto amici del compianto autore. Mattia Torre ha creato un solco importante nel mondo della cultura italiana, le sue sceneggiature per teatro, cinema e televisione (una su tutte “Boris”), sono una cifra indelebile che ha cambiato il modo di fare spettacolo nell’ultimo ventennio. Sarà per questo che Torre continua ad essere citato e riprodotto costantemente e la sua scrittura ironica e tagliente continua a illustrare il quadro di un paese che lo sceneggiatore  ha guardato a fondo, nelle minime spigolature, rappresentandolo con un linguaggio ironico che non stanca mai. “4 5 6” è la storia comica e violenta di una famiglia che, isolata e chiusa, vive in un luogo sperduto, non chiaro, fuori dalla città spesso citata come luogo di  diffidenza, da cui stare il più possibile lontani.

I tre protagonisti, madre, figlio e padre, ignoranti, diffidenti e aggressivi, si continuano a tirare addosso accuse mentre attendono un ospite che a loro dire gli cambierà la vita. In questo spazio di attesa i tre si lanceranno accuse reciproche, ritagliando tre personaggi con dei contorni inquietanti, difficili da trapelare nell’animo, poiché animo forse non c’è. La scena si svolge totalmente in un interno spoglio e umile, una sala da pranzo sul quale pendola un capocollo che oscilla insieme ai suoi personaggi, rendendo ancora più grottesco ogni movimento. Perennemente accesa sulla scena una pentola di sugo, il “sugo perenne” che è sul fuoco da anni a ricordo della nonna morta, parrebbe così un cenno di una dolcezza che ci fa amare per un attimo i personaggi; se non fosse che quel sugo va costantemente rabboccato per evitare che si secchi e ciò conferisce ai personaggi un obbligo a “restare” immobili in quell’ ambiente, dai quali nessuno dei tre potrà uscire mai nonostante le ipotetiche ambizioni. Ambizioni del figlio, in principal modo, che sogna la città, “schifata” invece da un padre dispotico che lo tiene in gabbia. Singolare anche il passaggio sull’età del figlio, che gli stessi genitori vedono vecchio, seppure all’anagrafe appena diciannovenne; un tempo che passa e invecchia, quasi raddoppiando l’età a chi lo vive in quella condizione di chiusura. Il padre tirannico, ossessionato dal cibo e dal pranzo da preparare per l’ospite illustre che li raggiungerà e al quale lui imputa la salvezza della loro condizione di vita. Una madre isterica, assillata da l’aver perso un tegame al quale lei affida tutti i sentimenti e gli umori di quella vita fino allora apparentemente inutile. Il luogo in cui la scena si muove è sconosciuto, la lingua è sconosciuta, un dialetto improbabile. “4 5 6”, nell’ idea di Torre doveva rappresentare esattamente il quadro di un paese,  l’Italia, che non è un paese, ma una convenzione, dove non esiste unità culturale, morale e politica. Un paese secondo Torre dove sono tutti contro tutti, anche all’ interno dello stesso nucleo familiare. L’ospite atteso da tempo, pare sancisca una tregua, l’attesa di questo futuro nuovo e risolutivo pare debba far cambiare l’animo dei tre, ma purtroppo non sarà così. In realtà l’ospite tanto atteso non è altro che un funzionario comunale al quale il padre ha dato l’incarico di  acquistare i primi posti al campo santo ( i posti 4, 5 e 6 appunto). La morte, quindi, in un paese che non fornisce nessuna possibilità di vita degna, diviene una sorta di riscatto. Le riflessioni sulla morte in questo senso si fanno profondissime, citazioni evidenti a Eduardo, a Beckett, a Checov.  Si ride, si ride durante tutto lo spettacolo di questo cinismo grasso e fumante come quel “sugo perpetuo” che è esso stesso personaggio in scena. Si ride della morte, si riflette sul senso della vita, si muore infine tutti insieme; o in fondo si è già morti?

 

Barbara Chiappa

28 febbraio 2024

 

informazioni

“4 5 6”
produzione Marche Teatro – Nutrimenti Terrestri – Walsh  presenta
scritto e diretto da Mattia Torre
con Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri e con Giordano Agrusta
scene Francesco Ghisu
disegno luci Luca Barbati
costumi Mimma Montorselli

 

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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