Mercoledì, 15 Maggio 2024
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Teatro dell’orologio. L’artgianalitá di Out, portatore sano di fascino e semplicità

Recensione dello spetta, in sena dal 17 al 18 Dicembre presso il Teatro Dell’Orologio di Roma

Nel silenzio generale accadde il viaggio metaforico di una bambino senza nome. Dalla piccola bocca disegnata in carboncino sul legno non esce alcun suono e quindi nessuna informazione. Proprio per questo, forse, ci risulta così facile e immediato appropriarcene subito. Ognuno, tra gli spettatori seduti in platea, lo metabolizza a suo modo e a propria convenienza; lo adatta al suo vissuto, all’infanzia del suo presente o al suo passato di adulto. In ogni caso, sia che si tratti di un ricordo vicino o di una memoria lontana, quel bambino sembra lo conoscano tutti.

Così come sembra che tutti conoscano o abbiano conosciuto l’incontenibile paura del “fuori”, dei rumori che entrano dalla finestra, dell’ignoto oltre la porticina della gabbia. Eppure è solo questione di tempo prima che un’improvvisa tormenta di vento faccia crollare quelle pareti solo apparentemente solide, quelle rigide certezze abitative, spingendo il piccolo protagonista in una ricerca necessaria. Sulle tracce dell’uccellino liberatosi dal petto e che si staglia contro il preminente buio della sena con il suo bel colore rosso pulsante, eccolo, dunque, in cammino, in una viaggio di scoperta e formazione, attraverso pianteti sconosciuti e bizzarri individui, ciascuno dei quali saprà, a suo modo, indirizzarlo verso la meta.
È sorprendente, però, vedere soprattutto come bastino, in realtà, pochi minuti perché la presenza degli attori in scena cessi di infastidire l’attenzione del pubblico. Differentemente da ciò che è consueto e abituale in quel teatro di figura troppo spesso confinato solo nella tradizione puerile e folclorica, questi non si nascondono infatti dietro il grande telo nero, piuttosto si auto-dichiarano deliberatamente puro bios scenico. L’atmosfera onirica e favolosa offre allora un duplice livello di interpretazione, letterale e simbolico: l’estetica e contro tendente presenza dell’attore dietro il pupazzo, oltre che proporre un’inusuale e seducente visione animata, si avvale del merito di aver contribuito a rompere gli argini concettuali che troppo spesso racchiudono gli spettacoli in tipologie vaghe e primitive. Out, che la compagnia Unterwasser firma orgogliosamente come sua prima produzione, rappresenta a pieno titolo un riuscitissimo esempio di vero teatro contemporaneo, di rottura e mescolanza, dove confluiscono sulla scena diverse e molteplici tecniche rappresentative, dalle ombre al teatro d’oggetti, e in cui pupazzi, marionette e burattini si ritrovano finalmente ad abitare un mondo ben più vasto dello spazio, invece chiuso e limitato, della baracca o del teatrino. Il flusso magico che pervade lo spettatore, incantato di fronte ad un oggetto inanimato che prende vita, non si interrompe, ma, al contrario, amplifica la sua potenza, urtando contro un’inconsapevole miriade di fraintendimenti e pregiudizi. Out è un gioiellino che si eleva allo status di rivincita di quello che per oramai troppo tempo è diventato un’immeritata sottocategoria teatrale, ontologicamente meno nobile del teatro d’attore. È un’interazione invisibile quella che gli attori in scena praticano con i protagonisti di Out, quasi una muta conversazione tra oggetti vivi e corpi automatizzati, l’urgente convivenza tra manufatto e animatori, tanto secondari all’azione quanto indispensabili per la sua stessa riuscita. Il muoversi degli attori, infatti, non confonde, ma neanche sparisce; al contrario c’è e vuole esserci, è chiaro e visibile, e collauda un approccio nuovo, rischioso ed ardito ad un tempo, con lo spettatore, che assiste ad un sincero ed espresso sfondamento della finzione e insieme vive una stimolante esperienza, che fa leva su tutti i suoi sensi attraverso un simbiotico impiego delle luci, la plasticità dello spazio e la sua relazione con il movimento, una semplice ma efficace architettura drammaturgica e narrativa e le potenzialità allusive ed evocative degli oggetti.

 

Giuditta Maselli

20 dicembre 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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