Venerdì, 17 Maggio 2024
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Al Cinema Farnese di Roma l’Asian Film Festival presenta l’ultimo film di Shinya Tsukamoto

Recensione del film Shadow of Fire di Shinya Tsukamoto

 

Presentato nella sezione Orizzonti della Biennale di Venezia 2023, Shadow of Fire è una pellicola cruda, dura e senza filtri su quella che è stata la realtà della Seconda Guerra Mondiale in Giappone, sia dal punto di vista dei soldati sopravvissuti che della popolazione ridotta alla fame e al vagabondaggio.

In una piccola locanda nipponica ormai ridotta all’osso a causa degli incendi e della devastazione, una donna si prostituisce per guadagnarsi da vivere quanto basta per andare avanti senza stentare troppo. Una sera un orfano di guerra entra furtivamente nella locanda in cerca di cibo e un soldato le si presenta come cliente: si forma così una strana convivenza a tre in cui ognuno spera di trovare una parvenza di pace nell’altro, ma l’idillio non durerà a lungo.

Il regista, tra i più amati e apprezzati del panorama odierno, torna ad affrontare il tema della guerra, soffermandosi sui traumi e sui desideri di vendetta di chi l’ha dovuta subire. Proprio per questo, i personaggi di Shadow of Fire sembrano non avere una consistenza solida: la loro mente è evanescente e confusa, allo spettatore appaiono come fossero ipnotizzati da qualcosa di oscuro che alberga dentro di loro. Più che persone reali, sembrano le ombre di sé stessi.

Nella caratterizzazione dei protagonisti, infatti, gli attori si sono dimostrati molto bravi. Tutti e tre hanno saputo rendere reali sentimenti e angosce di quanti hanno affrontato, assistito e combattuto in prima linea una guerra che li ha devastati nell’animo e nella mente: al soldato basta un minimo rumore per impanicarlo e tornare sotto i bombardamenti; l’orfano è perseguitato dagli incubi notturni sulla sua casa avvolta dalle fiamme, mentre la donna sopporta da sola il peso del dolore della perdita della sua famiglia.

Tsukamoto presenta tre persone che hanno dovuto abituarsi a convivere con il dolore, la morte e la distruzione e sono rimasti svuotati. Dimostra, però, di riporre speranza nelle nuove generazioni: il piccolo orfano, infatti, trova la sua strada da solo e impara a ritrovare il senso della famiglia anche in situazioni disperate.

Il registra si conferma particolarmente bravo a dirigere e a raccontare i bambini anche in questo lungometraggio: la seconda parte è, infatti, tutta incentrata sull’orfano al punto che sembra di assistere a un altro film. Nonostante non manchi la coerenza narrativa con la prima parte della pellicola, sia l’ambientazione che il racconto si allontanano dal contesto iniziale, ma in realtà le due storie viaggiano su due binari paralleli che si ricongiungono nel finale.

Il viaggio dell’orfano tra devastazioni e sofferenze è simile al viaggio dell’eroe: unendosi a un improbabile compagno, il bambino-eroe dimostra una crescita e un cambiamento tali che lo renderanno sicuro di sé al punto da riuscire alla fine a mettersi in cammino da solo verso il suo futuro.

Dato che il mondo si sta allontanando dalla pace, mi sono sentito in dovere di girare questo film, come se fosse una preghiera”: mai film fu più indovinato.

 

Diana Della Mura

15 aprile 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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