Giovedì, 05 Dicembre 2024
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Sus Babi Teatro e Matilde D’Accardi ci parlano de “Il Duello”

Intervista collettiva alla compagnia Sus Babi Teatro e alla drammaturga Matilde D'Accardi  sul lavoro fatto per l'adattamento e la messa in scena de Il Duello di Conrad.

La genesi di quest'opera. Come nasce l'idea e come poi è stata sviluppata.

Matilde D'Accardi: Alessandro (Marmorini) , che nella vita reale è uno schermitore, era da tempo che voleva affrontare la riscrittura di questo romanzo di Conrad, così un giorno è venuto e mi ha detto vorremmo lavorare su  Il Duello, solo che vorremmo che avesse determinate caratteristiche: che fosse un certo tipo di testo, che parlasse al pubblico, che avesse anche qualcosa di contemporaneo, che gli attori fossero consapevoli della platea, quindi che ci fosse la conseguente rottura della quarta parete e in più che ci fosse qualcosa di epico. Quindi fin dal primo momento i riferimenti sono stati Shakespeare e Brecht.

 

 Ho lavorato su una sorta di costruzione per raccontare una storia che in realtà è un'epopea che dura 15 anni ed è stato molto divertente perché ho lavorato prima a "buttare giù" delle cose, poi loro hanno preso il testo l'hanno elaborato sulla scena e modificato per renderlo anche più vivo di quanto fosse letterario il mio.

 

Alessandro oltre ad essere il regista, qual è il tuo ruolo all'interno dello spettacolo?

Alessandro Marmorini: Interpreto Armand D'Hubert , uno dei due protagonisti, e poi sono stato quello che, grazie ad un attore che è venuto a mancare (Sasha Vulicevic), ha scatenato un po' il tutto; nel senso ho trovato il testo (l'avevo letto per la prima volta nel 2010) sul quale ci rimuginavo un po', poi ho avuta la fortuna di conoscere i miei attuali soci, incontrati in lavori messi in scena precedentemente, che sono saltati nella barca con me e abbiamo deciso di tirare fuori questo "lavorone" perché, lo devo dire, come prima produzione è stata un po' ambiziosa.

Ho scatenata la scintilla, abbiamo preso il testo e lavorato insieme cercando di trovare quale potesse essere l'adattamento al quale ci sarebbe piaciuto lavorare. Eravamo d'accordo tutti e quattro nel cercare qualcosa di prettamente teatrale, nel senso che oggi giorno andiamo a vedere il Teatro e spesso ci sono dei riadattamenti, dei lavori teatrali che non presuppongono più necessariamente due attori in scena che parlano, a noi è proprio questo che interessava : rendere un lavoro molto attoriale, molto teatrale, in un certo senso anche "vecchio stile".

 Volevamo raccontare una storia. Eravamo quindi tutti d'accordo (dato anche il basso budget) di rendere il cuore dello spettacolo il lavoro attoriale e quindi mettere l'attore al centro, per questo ci siamo rivolti a Matilde chiedendogli un adattamento che avesse molte caratteristiche del dramma shakespeariano e alla fine venne fuori il primo testo diviso in 5 capitoli, che sarebbero i 5 atti shakesperiani, ognuno dei quali comprendeva un duello e una canzone.

Partendo dal fatto che tre di noi si sono conosciuti lavorando a Sprecherburg che è un autore che usa spesso uno stesso attore per ruoli diversissimi, abbiamo cavalcato questa cosa senza aver paura di aggiungere personaggi al testo, abbiamo data mano libera a Matilde sul numero dei personaggi e poi ce li siamo giocati attorialmente noi. E' quindi un testo forse un po' sottoesposto, nel senso che abbiamo in tutto una dozzina di personaggi, strutturato come un duello, ovvero io e Michele (Lisi) che siamo i duellanti non cambiamo ruolo mentre a Matteo (Prosperi) e Carlotta (Mangione) l'oneroso compito di rendere vivo un intero Mondo. Tra l'altro la cosa che a me piace di più di questo lavoro è che è  "in fieri"  e quindi attualmente non possiamo dire che è concluso e penso anche che con Matilde, che si è resa disponibile "tout court”, abbiamo come per i testi shakespeariani diverse versioni e forse la sua forza attuale è proprio il fatto che lo scotto della fatica di prenderci a testate ha dato un prodotto che non potrebbe essere figlio di una mente sola.

 

Carlotta, quanti ruoli ricopri in questo spettacolo?

Carlotta Mangione: Erano cinque nella prima versione, poi sono diventati quattro perché c'è stato un cambiamento nell'ordine delle scene, abbiamo spostato, tagliato...cambi di costume ultrarapidi stile Arturo Brachetti, ovviamente i quattro personaggi sono sia femminili che maschili.

 

Ti sei ritrovata nei cambi? Qual è stato il tuo approccio con i personaggi?

Carlotta Mangione: In realtà i cambi fisici di costume sono un casino, nel senso che devo fare tutto di corsa, però interpretativamente devo dire che grazie al testo di Matilde si passa molto facilmente da una cosa all'altra e quindi mi sono lasciata trasportare dal testo e dalle scene che si susseguono una dietro l'altra senza farmi troppe complicazioni mentali ed ovviamente alcuni personaggi sono usciti più facilmente, forse quelli più divertenti, perché mi diverte giocare.

Michele, qual è il tuo ruolo?

Michele Lisi: Io interpreto l'altro duellante, Gabriel Féraud, e come tutti i personaggi non so se sono arrivato a capirlo effettivamente. Quasi allegoricamente rappresenta all'interno del testo questo popolo che cerca di elevarsi non cercando di essere aristocratico ma cercando di portare la propria “popolarità” ad un livello più alto, quindi si presenta al bel mondo anche in maniera arrogante, sporca, poco elegante. Noi abbiamo cercato di mettere l'accento sulla lotta di classe, che sembrava essere la cosa più interessante e che più ci rappresenta oggi.

 

Alessandro Marmorini: Leggendo il libro la prima domanda che ci siamo dovuti porre è stata “Perché questi due combattono per 15 anni?”

 Questo "duello" è il fascino del romanzo ma sopratutto doveva avere una risposta da parte nostra per tendere a un bersaglio di adattamento preciso e quindi ci siamo totalmente discostati dall'esperienza cinematografica di Scott spettacolare e troppo serioso rispetto al romanzo in lingua originale che è pervaso da una forte ironia che sottende il tutto.

 Quindi la risposta che ci siamo dati era focalizzare la lotta di classe che i due incarnano in seguito alla Rivoluzione Francese e quindi rappresentare le due forze in conflitto e dare pari dignità ad entrambe i personaggi.

Dopo la Rivoluzione e l'arrivo di Napoleone per la prima volta con il rituale del "duello" membri dell'esercito appartenenti a due classi sociali che non si erano mai potute neanche sfiorare dal quel momento potevano affrontasi faccia a faccia con una spada in mano.

Il figlio di un fabbro poteva finalmente dire la sua "fisicamente" al figlio di un nobile utilizzando una "violenza ritualizzata".

 

Tornando a te Michele

Michele Lisi: Praticamente Féraud porta un po' fuori questa popolarità e non a caso penso che molti dei personaggi più popolari che incontriamo  a un certo punto iniziano a parteggiare per lui, in qualche modo, in senso lato, arriva quasi a simboleggiare un secondo Napoleone che partito da una condizione sociale bassa è poi diventato Imperatore.

Riguardo la narrazione  la cosa che mi è piaciuta di più è stata che in qualche modo viene più raccontata che vissuta e che i personaggi che orbitano intorno a D'Hubert e Fèraud sono i veri protagonisti della storia; cioè chi ne parla, chi riporta il pettegolezzo, chi inventa....perché nessuno capisce qual è stata la causa scatenante per cui il duello a più riprese si protrae per tutto quel tempo.

 

Voi lo svelate il motivo o...

Michele Lisi: Noi diamo la nostra risposta, ossia la Lotta di Classe, in realtà, forse, in una scena in cui si potrebbe capire noi oscuriamo quella che potrebbe essere l'altra causa (ossia la storia d'amore con una donna che si contendono)

 

Matteo tu sei l'altro jolly in scena, però ora sono curioso della questione del flauto, parlacene

Matteo Prosperi: premesso che  io suono la chitarra e il sassofono tenore, la questione del flauto è nata dal fatto che nel testo di Conrad il Dottore suona il flauto e allora in questo gioco musicale che Matilde aveva trovato il Dottore iniziava a suonare il flauto. Ci sono state delle repliche in cui il flauto è stato suonato e poi quando è stato ripreso per portarlo a Roma abbiamo revisionato alcune cose e messo a fuoco meglio alcuni particolari e il flauto è sparito.

 Anche io faccio lo stesso lavoro di Carlotta, sei personaggi che poi sono diventati cinque, tutti uomini però ed uno è muto.

 

Quindi c'è un discorso gestuale?

Matteo Prosperi: C'è un discorso più fisico che gestuale, in realtà il fatto che sia muto si capisce verso la fine perché è tutto giocato sull'equivoco.

 Nella prima versione, quando lo spettacolo non era ancora rodato, c'erano momenti che io e Carlotta non facevamo in tempo ad uscire che subito rientravamo e quindi c'erano dei cambi assurdi "Togli la giacca – Butta la giacca –  Prendi la giacca – Rientra). Poi la cosa è stata messa a fuoco meglio anticipando di 10 secondi un'uscita o facendo dire a un personaggio una battuta in più dopo e quindi abbiamo oliato questo meccanismo.

Michele Lisi: Ci sono delle scene in cui a volte ci sono delle pause costruite con dei tempi un po' più lunghe per per aspettare l'entrata in scena di un personaggio. Addirittura Matilde nella prima stesura aveva scritto dei prologhi e dei codazzi per permettere a Carlotta e Matteo di uscire e rientrare, anche perché spesso una caratteristica della struttura dello spettacolo è che alcune scene si svolgono in contemporanea, il palco  viene diviso a metà attraverso l'illuminotecnica e quindi delle scene avvengono e vengono riprodotte contemporaneamente. E, per esempio, la cosa del flauto serviva perché a un certo punto succedeva che due scene si fondevano quindi Carlotta cantava e Matteo suonava col  flauto la stessa melodia quindi chi guardava capiva che erano in due luoghi diversi. C'era anche una drammaturgia musicale che portava avanti lo spettacolo.

 

Dopo aver sentito tutte queste cose..quanto è lungo questo spettacolo?

Matteo Prosperi: Adesso un ora e mezza...

 

L'originale?

Matteo Prosperi: Quando abbiamo debuttato un'ora e cinquanta più l'intervallo d 10 minuti, quindi si arrivava alle 2 ore. Però adesso l'ora è mezza secondo me è anche una cosa giusta.

Tornando ai personaggi ci sono dei personaggi sia per me sia per Carlotta che si sviluppano di più e poi ci sono quelli che ti ci affezioni, che sono belli proprio perché ci sono in una scena sola e quindi devi fare non ti dico le capriole ma devi trovare i momenti e i  movimenti giusti e quella vocalità e fisicità per dare una  connotazione netta avendo meno spazio.

 

Come nasce la collaborazione con Leineri?

Carlotta Mangione: Abbiamo conosciuto Francesco in Accademia poiché la Silvio D'Amico collabora spesso col Conservatorio di Santa Cecilia per quel che riguarda Contaminazioni. Poi noi abbiamo lavorato con lui anche in vari saggi degli allievi registi, compreso quello che citava prima Alessandro su testo di Sprecherburg.

 

Michele Lisi: Noi cercavamo delle musiche che ricordassero un po' quelle ariette che cantavano le nostre nonne non conoscendole, cioè seguendo il ritmo ma non la melodia, quel tipo di canzone popolare che però aveva dei richiami culturali molto alti.

Volevamo che la musica fosse parte della storia non che andasse sopra la storia, i personaggi cantano queste canzoni; non è una colonna sonora ma come se loro in un determinato momento della loro vita hanno cantato questa canzone.

 

Alessandro Marmorini: Francesco ha lavorato benissimo, gli abbiamo fatta questa richiesta musicale e in più uno sforzo ancora più grande insieme a Matilde dal punto di vista drammaturgico che riescono a sopperire alla necessità di spiegare al pubblico cosa succede a livello storico per cui diventano anche canzoni epiche.

 

Concludendo l'accoglienza del pubblico qual è stata?

Alessandro Marmorini: Roma forse l'abbiamo scontata in negativo perché volevamo fare uno spettacolo che non avesse pretese intellettuali ma che raccontasse una storia e la raccontasse a più livelli possibili. Mentre in provincia c'è una genuinità nell'accogliere gli spettacoli in teatro a Roma sembra esserci una specie di fare teatro per il mestierante, quindi per chi fa teatro. Dal singolo è stato accolto bene a livello di critica invece abbiamo invitato i critici ma non sono venuti.

Questo è uno spettacolo che abbiamo fatto anche nelle scuole e i ragazzi impazziscono anche perché ci sono degli elementi che sono prettamente "cinematografici" che in aula sui libri non potranno mai vedere e quindi si fanno prendere dalla storia dei due personaggi che durante questi 15 anni perdono letteralmente i pezzi e gli rimangono le ferite: uno perde un occhi, l'altro un braccio, l'altro diventa zoppo...però tutto va ad aggiungere peso a questa storia e a un certo punto si spera che il pubblico viva questi 15 anni, poiché in scena ci sono dei personaggi vissuti e non idealizzati.

 

Michele Lisi: A un certo punto Fèraud ha un braccio mozzato e alla fine dello spettacolo un bambino mi ha chiesto se era vero...

 

 

Fabio Montemurro

 

4 maggio 2015

 

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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