Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Intervista a Sarah Biacchi, al Teatro Sala Uno con Sorelle di Davide Strava

Da stasera fino al a domenica 22 va in scena al Teatro Sala Uno Sorelle di Davide Strava, una delle due interpreti è Sarah Biacchi alla quale abbiamo fatto qualche domanda sia riguardo allo spettacolo, sia riguardo se stessa e il suo lavoro sul palco.

Cantante lirica, attrice, regista...quali stimoli ti hanno portato a studiare e poi esplorare tutti questi campi artistici?

Tutto è nato dal pianoforte e dalla musica, che praticavo sin da piccolissima. Mi piaceva molto suonare, e mi ha dato una disciplina importante che mi è servita tutta la vita. Crescendo mi piacquero tantissimo anche la letteratura e la poesia italiane e straniere. Avevo 14 anni e scrissi un racconto per cui la professoressa mi disse: "Dove lo hai copiato?". Io ci rimasi male perché lo avevo scritto di getto, e questa sensazione del "creare di getto", col tempo ha portato con sé la scoperta immensa della voce, quella delle luci per raccontare lo spazio, e crescendo quella dei meccanismi narrativi tridimensionali (l'arte dal vivo). Ripeto: tutto nasce da un piccolo semino che credo sia stato gettato quando a 6 anni ho suonato ad orecchio la Primavera di Vivaldi su un pianoforte trovato per caso. Il resto si moltiplica.

 

La stampa ti ha definita poliedrica. Quali sono però le sfaccettature che maggiormente emergono di te quando sei sul palco?

Credo il chiaroscuro e le imperfezioni. Una volta desideravo essere eccellente in tutto: estetica, purezza vocale, pulizia del movimento. Non ci sono mai riuscita. La potenza rendeva quasi sempre distonico un senso di armonia quasi archetipico a cui tendevo. Oggi sento che le mie asperità sono la protezione naturale di una dolcezza che potrebbe rendermi anche troppo indifesa. Quindi credo che la cosa che emerge di più nelle creazioni artistiche che interpreto sia proprio il fatto che trovi sempre un qualcosa "che è migliorabile", o comunque che indica anche altre strade. Ultimamente questo mi piace molto, e mi ha portato ad un recentissimo incontro con un regista straniero che ho sentito sulla mia lunghezza d'onda. Sono curiosissima.

 

Questa settimana sei in scena al Teatro Sala Uno di Roma con Sorelle; quanto hanno influito e su quali piani le tue precedenti esperienze teatrali nell'allestimento di questo spettacolo e nel prossimo?

Questo lavoro, "Sorelle", nasce dal fatto che non avevo mai praticato la tragedia classica. Ne ero affascinata, e insieme a Davide (Strava, il regista), abbiamo ideato un progetto da presentare in un contesto meravigliosamente aulico come il Tempio Dorico a Segesta. Sorelle però non ha genitori tanto "artistici" quanto "personali".  E' diventato quindi un viaggio nei rapporti veri che abbiamo avuto con le nostre famiglie di origine, con i sensi di rifiuto e di accettazione verso i legami di sangue che non vanno come dovrebbero. Questo è stato importante e ha dato senso al fatto che la tragedia greca veramente parla sempre di cose che abbiamo in casa. Certamente le competenze artistiche e il lavoro di squadra ci permettono di snellire ed alleggerire il tempo di esecuzione per donarlo al "cercare" qualche soluzione che non sia la prima che viene in mente. E'sangue vivo quello che corre in scena. Il prossimo spettacolo, "Edith", in questo istante lo chiamo "Il figlio che non ho". In modo totalmente diverso porta a vestire la vita di Edith Piaf, e a trascinarla con me in giro per l'Italia anche se è stanca e arrabbiata e a volte non le va di andare in scena.

 

Quanto della Sarah della vita di tutti i giorni emerge in questa tua ultima interpretazione?

L'identificazione con Edith spesso mi sorprende. Soprattutto nel rapporto dentro - fuori con il palcoscenico. Veramente la sua semplicità d'animo ti porta a vivere il tempo che ti resta con molta allegria. Dolorante, ma divertita. Quindi più che esperienze artistiche direi che sono capitati entrambi nel momento di vita più giusto per renderli al meglio.

La Sarah di tutti i giorni è distante sia dalla piccola Antigone sia dalla kamikaze amorosa Piaf. La Sarah di Antigone era viva diciamo sette otto anni fa, quando per amore sarei stata disposta a distruggere e ad uccidere, in un vortice emotivo che lasciava poco spazio ai sentimenti quieti. Edith già è più matura, è una donna che ha perso il suo grande amore e decide di raccontarlo al mondo bevendoci su. Diciamo che Edith se ne è andata circa un annetto e mezzo fa, quando ho incontrato il vero amore. Da allora nella vita somiglio di più a un incrocio fra Lolita e la principessa Aurora. Speriamo duri.

 

Com'è lavorare e dividere il palco con Viola Graziosi?

Viola è una delizia. E'come una meringa che si scioglie in bocca. Trovo che sia una fortuna incredibile lavorare con lei. Siamo costantemente su un filo emotivo in cui sentiamo la stanchezza, l'energia e l'ascolto dell'altra. Non è mai uguale una prova, perché ci accorgiamo (ne parlavamo ieri) che continuiamo a proporre e a inventare il "gioco" di Sorelle, che non è altro che un gioco di ruolo per provare a superare il dolore del trauma. Ed è stato sconvolgente come ci siamo tuffate per mano nell'esplorazioni di parti tanto intime reciprocamente "esposte". C'è da dire che se non l'avessimo fatto con questa incoscienza da bambini, ma fossimo state un po' più caute il gioco non sarebbe venuto. Diciamo che vorrei fare con Viola un altro spettacolo e un altro e un altro.

 

Quanto è stato ed è importante per te recitare e cosa consigli a chi vuole intraprendere questa strada seriamente.

Consiglio di lasciar perdere. Di fare altri studi. Di inventarsi un'altra vita. Di non pensarci. E se proprio si è torturati notte e giorno dall'interpretare delle storie di andare a vedersi un mare di teatro, ma proprio tutto, anche la roba straniera, quella di danza, quella di avanspettacolo, il musical. Un giorno probabilmente se è tutto vero si rimarrà folgorati da qualcuno. Quel giorno capisci che devi seguire quell'artista, attore o regista che sia, e regalargli un pezzo del tuo percorso di vita. Poi, se si continua, le grandi scuole e gli incontri portano con sé le risposte giuste. Consiglio inoltre di iniziare da subito a fare cinema e televisione per regalarsi un futuro in cui si mangia. E poi.. auguro tanta tanta passione. Più che fortuna, tanta passione.

 

Fabio Montemurro

20 novembre 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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