Sabato, 20 Aprile 2024
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Daniele Pecci: con ''Il fu Mattia Pascal'' mi metto in gioco anche come scrittore

#Intervista a Daniele Pecci che sarà in scena con "Il fu Mattia Pascal" al teatro Quirino dal 6 al 18 novembre 2018

 

Il fu Mattia Pascal è stato trasposto più volte a teatro e interpretato da Giorgio Albertazzi, Flavio Bucci, Giuseppe Pambieri, Tato Russo… chi è invece il Suo Mattia Pascal? Quali sono i suoi punti di forza e di debolezza?

In questo confronto non lo so perché non ho visto nessuno degli allestimenti citati. La peculiarità del mio “Il fu Mattia Pascal” è che ho effettuato io stesso la riduzione e traduzione, la struttura drammatica del testo e del personaggio sono molto legati a me. Per l’interpretazione mi sembra di rifarmi molto a quello che il romanzo suggerisce. Mattia Pascal è un ragazzone alto, dinoccolato, impacciato, con un occhio strabico, dei capelli veramente particolari. Il viaggio che viene compiuto nello spettacolo è strettamente introspettivo, siamo davanti ad un personaggio che ha la sventura di provare cosa significa non avere più la certezza del nome, è come se privato del nome che ti identifica non sei più libero di fare ciò che vuoi.

Senza quel nome non puoi essere nulla, ne per te stesso ne per gli altri. Pascal nel corso dell’opera si allontana molto dal ragazzo di provincia che vi ho appena descritto, gli vengono sottrati soldi, affronta un matrimonio disastroso, la perdita di due bambine appena nate, tutte esperienze che lo portano a fuggire dalla sua realtà, per diventare Adriano Meis… quando vorrà poi tornare ciò che era si rende conto che è troppo tardi.

 

Come per Amleto, Enrico V, anche de Il fu Mattia Pascal Lei ha curato l’adattamento. Come è stato lavorare sulla rielaborazione di questo testo?

Gli adattamenti dei testi shakespeariani sono faticosi per via della traduzione. In questo caso il lavoro è stato più difficile perchè adattare un romanzo è diverso, implica anche un talento di scrittura con il quale mi sono dovuto confrontare. Che dire, è stato laborioso perchè bisogna cercare qualcosa che renda possibile la narrazione di tutto il racconto. Mi sono messo in gioco come scrittore, ho passato lunghi mesi invernali a lavorarci sopra prima di approdare al testo che sarà in scena da settimana prossima al teatro Quirino. Devo dire che mi lusingo per aver messo tutte le parole di Pirandello anche quelle presenti in altre opere, che conosco bene perché le ho recitate in altri spettacoli e le ho inserite in una cronologia molto simile a quella del romanzo. 

 

Quando ha capito che l’unico amore della sua vita è il teatro? Ci racconta come è avvenuto questo incontro fulminante?

Sono passati molti anni... avevo quindici anni e facevo le scuole superiori, fui invitato a partecipare ad un seminario che durava un anno. Il primo approccio è stato quello e devo di re che mi sono innamorato subito, ancora oggi non sono riuscito ad intuire cosa fosse ma ne ho subito immediatamente una grande fascinazione. Poi con lo studio ed il passare del tempo questa passione si è ingrandita sempre di più, ormai sono ventinove anni che faccio teatro a livello professionale, è un gran bel traguardo.

 

La grande Mariangela Melato diceva “Bisogna diffidare di due categorie di persone: quelle che non hanno personalità, e quelle che ne hanno più d'una” . Tra le due categorie in questione, chi teme di più?

Quelle che non ne hanno, nel senso che più che diffidare me ne tengo lontano per la mancanza di personalità. Secondo me è una mancanza di identità e con essa manca tutto il resto, che poi è ciò che rende speciale l’uomo. Chi ha più di una personalità almeno può essere gestito.

 

Il vocabolario Treccani definisce il verbo interpretare usando questi termini: spiegare, decodificare, esprimere, chiarire…  che significato assume questo verbo invece per Daniele Pecci? 

Quelli appena detti con l’aggiunta della divulgazione e della didattica. Per me, fin dagli esordi, fare teatro ha significato far conoscere agli altri un testo, uno scrittore, un’opera che magari prima non si conosceva. Mi piacerebbe che dopo aver visto lo spettacolo qualcuno dicesse me lo rileggo o leggo per la prima volta.

 

Progetti per il futuro?

Sono legato al teatro shakespeariano in quanto costituisce la summa del perché ho deciso di fare questo mestiere, vorrei ancora interpretare alcuni testi del bardo che finora non ho affrontato, ci sono poi altri progetti teatrali che mi intrigano ed ai quali sto già lavorando come traduttore e forse regista. Da poco ho cambiato agenzia e vorrei dedicarmi, dopo ventinove anni al cinema, spero che oltre agli impegni teatrali ci sarà anche un po’ di cinema.

 

Un buon motivo per venire al teatro Quirino per vedere il suo “Il fu Mattia Pascal?

Il teatro offre una sorta di sguardo introspettivo in ognuno di noi, anche lo spettatore più sprovveduto, se non è distratto dal telefonino, credo possa trovare qualcosa di se stesso e sopratutto di bello da regalarsi. Il teatro è ritrovare nuove motivazioni per stare al mondo. Venite a vedere “Il fu Mattia Pascal” perché oltre a poter godere della messa in scena del romanzo di uno degli autori mondiali più influenti del ‘900, potrete trovare in Mattia Pascal la storia di ognuno di noi. 

 

 

Enrico Ferdinandi

Carla Costanza Iannacone

2 novembre 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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