Venerdì, 26 Aprile 2024
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Finanziamenti ai Teatri: FUS, facciamo chiarezza

#riflessioni

 

La modalità di finanziamento dello spettacolo dal vivo è piuttosto macchinosa, ma procediamo con ordine. Il Fondo Unico per lo Spettacolo - FUS, istituito con la Legge n. 163/1985, ha lo scopo di sostenere finanziariamente enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante; e inoltre promuove e sostiene manifestazioni ed iniziative di rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero. Il Dm 27 luglio 2017 definisce modalità e requisiti per accedere al Fondo per i settori teatro, musica, danza e attività circensi. I contributi vengono concessi a progetti, triennali e annuali, su istanza di un soggetto e su iniziativa della Direzione Generale dello Spettacolo (Amministrazione).

Le attività dello spettacolo ammesse al Fondo sono quelle a carattere professionale relative alla produzione, programmazione, agli acquisti (nuove attrazioni e beni strumentali, danni conseguenti ad evento fortuito, strutturazione di aree attrezzate) e alle azioni trasversali (Tournée, Azioni di sistema, Residenze). Il FUS finanzia una parte dei costi ammissibili, pari al 60% del totale, del progetto ammesso al contributo. Per costi ammissibili si intendono “quelli direttamente imputabili a una o più attività del progetto, direttamente sostenuti dal soggetto richiedente, effettivamente sostenuti e pagati, opportunamente documentabili e tracciabili, riferibili all’arco temporale di ciascun programma annuale del progetto”. Il contributo, tuttavia, può subire riduzioni calcolate proporzionalmente al verificarsi di decrementi quali-quantitativi e dimensionali del progetto presentato rispetto alle valutazioni effettuate in sede di assegnazione, o essere revocato nei casi espressamente previsti. In caso di consistenza inferiore del Fondo si applica identica percentuale di riduzione. Qualora vi siano eccedenze possono essere adottati bandi annuali.

 

Eccoci al contenuto saliente: la domanda di ammissione. Cosa ci vorrà mai! siamo abituati, l’Italia è il paese della cattiva burocrazia. Eppure…

La domanda di ammissione deve essere presentata all’inizio del triennio di riferimento, entro e non oltre il 31 gennaio, mediante i modelli predisposti e disponibili online sul sito del Mibact/Direzione Generale dello Spettacolo. Deve essere corredata, in particolare, del progetto artistico triennale recante gli obiettivi quali-quantitativi, intermedi e finali da raggiungere; del programma annuale (da presentare anche per i successivi due anni del triennio) contenente i dati relativi alla “qualità artistica”, alla contorta “qualità indicizzata” e alla “dimensione quantitativa” del progetto (per tali categorie vi sono tabelle con l’elenco degli indicatori per la valutazione dei progetti per àmbito e settore); del bilancio preventivo che deve indicare i ricavi diretti, i costi ammissibili del progetto ed il relativo deficit. Il decreto suddivide le attività nei seguenti àmbiti: musicale, teatrale, di danza, circense. Ogni ambito è suddiviso in settori. Ogni soggetto può presentare “una sola domanda per un solo àmbito e all’interno di tale ambito per un solo settore”. Fanno eccezione l’àmbito Musica, i settori Rassegne e Festival e Tournée all’estero a cui è concessa una seconda domanda.

Non posso rassicurarvi dicendovi che questo è tutto, ma non è questa la sede per approfondire nel dettaglio la norma regolamentare. Andremo avanti continuando a seguire una linea piuttosto generale.

La fase successiva è relativa all’analisi delle istanze. La soglia minima qualitativa per accedere al contributo oggetto di valutazione da parte delle Commissioni sulla base della tabella relativa alla qualità artistica – è pari a dieci punti. Il punteggio minimo deve risultare ugualmente nel secondo e terzo anno, pena la carenza di qualità artistica e, di conseguenza, la perdita del contributo per le restanti annualità.

Sospiro di sollievo? Eh no, di calcoli ne abbiamo ancora e anche molto complessi …

Dopo aver stabilito la quota da assegnare ad ogni settore (considerati il numero delle domande, i deficit, i costi e i contributi degli anni precedenti), l’Amministrazione suddivide le domande in sottoinsiemi secondo il criterio di omogeneità dimensionale con una precisa formula matematica. Le domande ammesse sono poi ulteriormente valutate attribuendo ai relativi progetti un punteggio massimo di cento punti, secondo le categorie:

  1. a) qualità artistica fino ad un massimo di 35 punti
  2. b) qualità indicizzata fino ad un massimo di 25 punti
  3. c) dimensione quantitativa fino ad un massimo di 40 punti

 

Se da un lato tali tabelle tentano di definire un meccanismo di valutazione il più oggettivo possibile, dall’altro tendono ad omologare tutto il sistema. Ogni progetto culturale si pone obiettivi differenti e multiformi, per sua natura opera con disparate modalità rivolgendosi a un pubblico eterogeneo. Il decreto rischia di conformare lo spettacolo dal vivo, danneggiandone di fatto l’essenza stessa? L’evento artistico dovrebbe essere analizzato sul valore complessivo del progetto, non su singoli elementi distinti tra loro a cui attribuire un punteggio.

Ottenuta la graduatoria dei soggetti e relativi sottoinsiemi, l’Amministrazione determina l’assegnazione del contributo annuale tramite il seguente calcolo: “divide l'ammontare delle risorse del sottoinsieme per la somma totale dei punteggi ottenuti dalle domande ammesse, ottenendo il valore finanziario per punto del sottoinsieme; moltiplica il valore finanziario del punto per il numero dei punti attribuiti al singolo soggetto.

In questo intricato e ostico labirinto di indicatori, formule ed equazioni è obiettivamente quasi impossibile fare chiarezza se non riportando in maniera asettica quanto previsto dal decreto.

Ma continuiamo, o quantomeno proviamoci. 

Le attività teatrali riconosciute sono quelle relative alla produzione in Italia e all’estero: Teatri Nazionali, Teatri di rilevante interesse culturale, Imprese e centri di produzione teatrale; quelle relative alla programmazione: Circuiti regionali, Organismi di programmazione, Festival.

Per il dettaglio: sezione FUS-Teatro/riennio2018-2020

Entrare nel merito dei requisiti di ammissibilità al contributo richiederebbe un approfondimento notevole, perfino se solo volessimo esaminare esclusivamente l’àmbito teatrale. Prendiamo in considerazione i Teatri Nazionali e i Teatri di rilevante interesse:

REQUISITI

TEATRI NAZIONALI

TRIC

GIORNATE RECITATIVE DI PRODUZIONE IN UN ANNO

MIN 240

MIN 160

GIORNATE LAVORATIVE

IN UN ANNO

MIN 15000

MIN 6000

CONTRIBUTO DI ENTI REGIONALI O ALTRI ENTI PUBBLICI

PARI AL 100% DEL CONTRIBUTO STATALE

PARI AL 40% DEL CONTRIBUTO STATALE

POSTI TOTALI

 

SALE IN ESCLUSIVA

1000 POSTI

 

500 POSTI

 

400 POSTI

 

200 POSTI

 

SPETTACOLI ANNUALI DI AUTORI VIVENTI

2

(DI CUI UNO DI NAZIONALITÀ ITALIANA)

1

SPETTACOLI ANNUALI DI RICERCA

2

1

PERCENTUALE GIORNATE RECITATIVE IN ESCLUSIVA

60% DEL MINIMO DELLE G. RECITATIVE (1)(2)

40% DEL MINIMO DELLE G. RECITATIVE (2)

RECITE AL DI FUORI DELLA REGIONE DI APPARTENENZA

MAX 30 %

MAX 50%

RECITE IN COPRODUZIONE

MAX 40%

MAX 50%

PERSONALE ARTISTICO COINCIDENTE ANNO PREC.

MIN 40%

MIN 40%

PERSONALEAMMINISTRATIVO/TECNICO

ASSUNTO A TEMPO IND.

MIN 50%

MIN 30%

  • Inoltre, sempre per i Teatri nazionali, metà di tali g. recitative deve avvenire nelle sale e negli spazi del comune cui ha sede legale il soggetto
  • il 20% massimo può essere destinato a matinée per le scuole

 

Non basta, sono necessari ulteriori requisiti. Per Il teatro Nazionale la durata degli organi statutari e del direttore/direttrice, confermati per non più di una sola volta, non può essere inferiore a tre e superiore a cinque anni; il direttore può effettuare una sola nuova prestazione artistica, come nuova produzione e/o ripresa, all’anno; non può svolgere ulteriori attività manageriali o artistiche presso altri organismi sovvenzionati nel campo teatrale e qualora fosse anche regista, dovrebbe limitare enormemente la sua attività. In tal modo, la direzione artistica sarà in maggior misura affidata a coloro che provengono da circuiti amministrativi e organizzativi. Fornire al settore maggiore libertà, invece di puntare tutto su rigidi criteri, garantirebbe la possibilità di costruire una rete fertile e competitiva.

Nondimeno, ogni Regione ha un funzionamento autonomo. Sarebbe auspicabile, come già dichiarato e ribadito da AGIS, il No alla regionalizzazione del FUS: “Lo spettacolo italiano, percettore di finanziamento pubblico per la sua grande valenza civile e sociale, non può essere oggetto di valutazione sulla base di regole e criteri differenti da regione a regione”.

Nonostante tutto, qualcosa di positivo è da rilevare. La più importante tra tutte è la possibilità per le prime istanze di accedere al contributo, poiché i soggetti ammessi non sono più vincolati ad attività pregressa. L’intento è quello di valutare progetti e non soggetti. Inoltre, sono menzionati criteri come: ricambio generazionale, formazione del pubblico, capacità di innovare e di supportare mobilità artistica. Il decreto vuole sicuramente garantire, quanto più possibile, equità e trasparenza. Eppure, non è una mera questione economica relativa al riparto del FUS. È necessaria una legge che regolamenti l’intero settore e ne definisca tutti gli aspetti, affinché le realtà dello spettacolo possano, persino, autosostenersi senza difficoltà. Servono finanziamenti sì, ma soprattutto politiche culturali.

Cosa non funziona nel processo domanda/offerta? Cosa fa difetto nella promozione, diffusione e valorizzazione? Come si può incentivare il consumo?  Lo spettatore che ruolo ha in tutto questo?        È esclusivamente responsabilità politica lo stato in cui si trova oggi lo Spettacolo dal vivo?

Le problematicità sono molte, ma siamo certi di poter attingere a menti e personalità capaci.  Abbiamo vissuto un grande momento quando, grazie anche all’intensa attività di CReSCo, la Camera approvò in via definitiva il Codice dello Spettacolo (Legge n. 175/2017). Una svolta epocale per il settore. La legge prevedeva notevoli novità tra cui: l'incremento del Fondo, la promozione di programmi di educazione nelle scuole; l’ottimizzazione del rapporto di lavoro, stabilendo le idonee distinzioni delle specifiche attività; maggiori tutele sociali, previdenziali e assicurative; la semplificazione degli iter autorizzativi per lo svolgimento di attività di pubblico spettacolo; l’estensione dell’Art Bonus a tutti i teatri; l’introduzione di maggiore trasparenza, rilancio e crescita. La legge presumeva, inoltre, decreti attuativi che, tuttavia, non sono stati emanati. Senza i decreti la legge non è applicabile.

Il Ministro Bonisoli, durante la consulta del 14 gennaio, promise l’aumento del Fondo per l’anno 2019, volontà di migliorare tempistiche, valutazione e algoritmo del FUS. Il Governo sembrerebbe che stia mantenendo la promessa con l’approvazione in Consiglio dei Ministri di un nuovo disegno di legge delega che contiene la riforma del Codice dello Spettacolo: “Tra i dieci disegni di legge approvati dal Consiglio dei ministri, si delega il Governo a introdurre, attraverso la redazione di un “Codice dello spettacolo”, una nuova disciplina complessiva dello spettacolo dal vivo nelle sue diverse espressioni. Finalità è quella di conferire al settore un assetto più efficace, organico e conforme ai principi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa e volto a migliorare la qualità artistico-culturale delle attività, incentivandone la produzione, l’innovazione, nonché la fruizione da parte della collettività.” (AgCult Ddl deleghe, ecco il testo di riforma del Codice dello Spettacolo)

Tutto ciò fa ben sperare. In attesa dell’entrata in vigore, andiamo a teatro sperando di assistere a progetti (finanziati e non…) di alta qualità.

 

Caterina Matera

25 marzo 2019

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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