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Maledetto Peter Pan: Se le “corna” fanno ridere

Recensione dello spettacolo Maledetto Peter Pan in scena al Teatro della Cometa dal 10 al 28 gennaio 2018

 

Un salotto moderno, finemente arredato e con un tocco di rosso, il colore dell’amore. Al centro della scena lei (Michela Andreozzi): una donna sulla quarantina in evidente stato confusionale e con una pistola alla tempia. Inizia così, dalla fine Maledetto Peter Pan: la commedia francese, tutta al femminile, di Michele Bernier e Marie Pascale Osterrieth, in scena nei teatri italiani dal 2014 e fino al 28 gennaio al Teatro della Cometa di Roma. Dalla fine di una storia d’amore per l’esattezza, di quelle come tante, che funzionano, che durano anni e da cui nascono persino dei figli (in questo caso uno, il Topo, come lo chiama sua madre).

Eppure no, non è l’amore il protagonista della rappresentazione, o meglio non l’amore nella sua accezione romantica. Le reali prime donne della pièce sono loro: “le corna”. Quelle frutto della crisi di mezza età, quelle inconfessabili, subite o fatte, quelle di cui ci si vergogna o va fieri (dipende dai casi), quelle che “si sa, prima o poi toccano a tutti”. Sono loro che prendono forma, man mano che le riunioni e i viaggi di lavoro improvvisi di lui aumentano, fino a concretizzarsi sulla testa di lei e ad accompagnarla in tutti le “fasi dell’elaborazione del tradimento”. Una volta appurato che l’amante esiste, ha vent’anni ed è la segretaria.

Dal desiderio di farla finita alla depressione formato divano e fazzoletti, dal confronto con amici e parenti all’unico sollievo possibile: il cibo. Passando per la fase chiodo schiaccia chiodo, l’opprimente senso di solitudine e l’impagabile rivincita quando lui ritorna a testa bassa, per poi riandarsene ovviamente. Perché si sa, Peter Pan continuerà a scegliere Campanellino o per dirla alla Piero Angela: “l’esemplare umano maschio, passata la quarantina, è solito abbandonare la sua compagna per rivolgersi verso nuovi pascoli, più verdi, al fine di rinvigorire la sua virilità”.

È solo la cosiddetta “sindrome di Peter Pan”. Niente di più banale, dunque. A parte lei: la camaleontica e vulcanica Andreozzi, sola sul palcoscenico, se si escludono le “sue personalità” (come lei stessa ammette a fine spettacolo) e tutti i personaggi a cui magistralmente presta voce, gestualità e mimica in quasi due ore di rappresentazione, che scorrono veloci e al ritmo di grasse risate. Quelle del pubblico in sala, badate bene, anche e soprattutto del pubblico maschile.

Lo stesso pubblico che sin da subito si mostra ben disposto a fare da spalla, coinvolto com’è, in quella sorta di “one woman show” che la Andreozzi, diretta dal marito Massimiliano Vado, riesce a tenere in piedi, al punto da guadagnarsi una vera e propria piccola parte, con tanto di luci accese e botta e risposta con l’attrice, nel tentativo di scoprire se la coppia perfetta esiste davvero.

Comico, malizioso, universale Maledetto Peter Pan raccoglie, ancora una volta, un grande consenso da parte del pubblico e si porta a casa il merito di raccontare senza mezzi termini l’altra faccia dell’amore: quella che fa ridere solo a teatro.

 

Concetta Prencipe

15 gennaio 2018

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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