Martedì, 23 Aprile 2024
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Il colloquio: al de’ Servi “giacca e cravatta (non) sono obbligatorie”

Recensione dello spettacolo Il colloquio in scena al Teatro de’ Servi dal 16 maggio al 4 giugno 2017

La sala d’attesa ricorda una galleria d’arte contemporanea (per poi scoprire che quelle esposte sono opere dell’artista e scenografa Cristina Gasparrini). Un uomo, sulla trentina forse, buffo, trasandato e un po’ all’antica a vedersi, mangia seduto un panino. Poi si alza, gioca con le sculture esposte e con i pesci rossi nell’acquario, unica forma vivente, oltre a lui, nella stanza. L’attesa cresce e con essa la curiosità di conoscere cosa succederà di lì a poco. Dove siamo? Cosa stiamo aspettando? Verrebbe da chiedersi, se non conoscessimo il nome della pièce in scena in questi giorni al Teatro de’ Servi. Ha inizio così, con qualche minuto di attesa, la rivisitazione italiana della commedia francese Il colloquio.

 

L’apprezzamento della critica e del pubblico parigino e il tema così vivo e sentito anche in Italia hanno spinto Virginia Acqua a tradurre e a mettere in scena il testo di Serge Da Silva. Una rappresentazione che, in chiave ironica e leggera, affronta la spinosa e controversa questione della disoccupazione giovanile attraverso le paure, le ansie e le preoccupazioni di tre candidati in attesa di sostenere il fatidico colloquio.

Franco Nessuno (Luca Basile), Luca Leggenda (Ermenegildo Marciante) e Sergio Sangria (Tommaso Arnaldi) sono molto diversi tra loro ed alquanto strampalati. Tutti, però, si ritrovano nello stesso luogo e alla stessa ora per accaparrarsi quel lavoro, il lavoro dei loro sogni. E che importa se Luca è un brillante laureato, con un vestito da mille euro addosso e una Porsche parcheggiata nel vialetto. Nei fatti non è molto diverso da Franco, mediocre, piuttosto ingenuo e vestito alla meglio, così come dall’eccentrico Sergio, più simile a un fantasma di Elvis che al prototipo di un impiegato in banca. 

Eppure, giacca e cravatta a parte, tutti loro si fanno portavoce, ciascuno a modo proprio, di luoghi comuni, formalismi consolidati e paure classiche che attanagliano chiunque stia per sostenere un colloquio. Tutti loro sono sia vittime, sia carnefici, pronti a mettere in atto le più infime strategie pur di far fuori il rivale. In quella che altro non è che una guerra fra poveri. 

Particolarmente efficace il momento in cui, illuminati da un occhio di bue, i tre rispondono a turno alle stesse domande, ciascuno nei panni del personaggio che ha scelto di interpretare nella vita e sul palcoscenico. Difficile non immedesimarsi e ritrovare in almeno un paio di quelle risposte le proprie. Il pubblico sembra confermarlo e gradire uno spettacolo che nel complesso riesce a divertire e a far riflettere. Anche grazie alla bravura del trio. 

 

Concetta Prencipe

4 giugno 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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