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We will rock you: il Brancaccio diventa il posto dei campioni

Recensione dello spettacolo We will rock you, in scena al Teatro Brancaccio dal 27 febbraio al 3 marzo 2019


E’ il 2319, la musica è morta, non ci sono più le folle, le band musicali né il rock. E’ rimasta la speranza, quella di tornare all’epoca prima di internet quando la vita era vera. Questo lo scenario post apocalittico portato in scena dal regista Tim Luscombe nella nuova versione dello spettacolo We Will Rock you: solo il rock dei Queen potrà salvare il mondo dal grigiore e dal disagio che avvolgono la società.

Un disagio da cui già si sono salvati i due protagonisti, Galileo Figaro e Scaramouche, che rappresentano un tilt in un sistema omologato come quello in cui vivono. Bullizzati dai ragazzi gaga per la loro vita normale: non trascorrono le ore sui social, non si vestono come la maggioranza, sognano e si ribellano. Soprattutto amano la musica. Galileo la notte sogna delle frasi, dei suoni che lo destabilizzano e lo emozionano: sono frasi di canzoni storiche che generano anche i momenti di ironia dello spettacolo quando Galileo li canta senza riuscire a controllarsi. Il loro compito è quella di ritrovare gli strumenti musicali e la musica dal vivo, per farlo devono seguire la stella più luminosa. Nella loro ricerca incontrano i bohemiani, i ribelli, emarginati dalla società, si nutrono di emozioni e rischiano la vita per custodire i testi musicali.

Impossibile non appassionarsi alla loro missione che è riconducibile ad una lotta contro il male, rappresentato da Killer Queen (Valentina Ferrari, a cui è affidata la Direzione Artistica), ex blogger ed influencer, la regina della nuova società futuristica che vuole debellare dal suo regno ogni forma d’arte, di espressione e di sogno.
Scontato ed inevitabile il lieto fine ed è forse l’unica nota stonata in uno spettacolo che è un crescendo di emozioni, legate soprattutto all’energia liberata dalla musica.

La trama strizza l’occhio al rétro facendosi trascinare dalle musiche dei Queen, sottolineando la bellezza dei tempi prima degli smartphone, ma è fortemente attualizzata con richiami velatamente politici, frecciate ironiche alle band che nascono e muoiono nel giro di poco tempo fino alla musica costruita su misura che ribalta le classifiche e i festival.
La scenografia, concepita da Colin Mayes, imponente e strategica, sorregge una sorta di occhio del grande fratello, con un gioco di luci che varia a seconda della scena. Alle sue spalle, l’ennesima novità dell’edizione, una nuova band che suona dal vivo ed esce allo scoperto e diventa protagonista negli ultimi minuti.
Scelte innovative, musiche trascinanti e voci incredibili: l’apprezzamento del pubblico attraverso scroscianti applausi è evidente per tutta la durata dello spettacolo. Solo al termine però il vero coinvolgimento della platea, in piedi vicina al palco esortata dal cast a vivere gli ultimi brani. Il Brancaccio, così, si trasforma in Wembley, il posto dei campioni.

 

Enrica Di Carlo

1 marzo 2019

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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