Martedì, 14 Maggio 2024
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Teatro Ghione, uno sguardo dal ponte: ritratto (distratto) dei pericoli dell’american dream

Recensione dello spettacolo Uno sguardo dal ponte, in scena al Teatro Ghione dal 19 e 24 Novembre 2019

 

Un ponte divide i sogni dalla realtà, la terra promessa dal purgatorio dei poveri. Da quel ponte ma dalla sponda sbagliata, Eddy Carbone (Sebastiano Somma), scaricatore di porto nella Brooklyn degli emigranti italiani, getta il suo sguardo. Eddy non è che un onesto lavoratore che, con la comunità dei suoi simili, condivide gli arcaici valori della terra natia. Ma il sogno americano, perturbante e invincibilmente attraente è lì, nella sua stessa casa. Catherine (Cecilia Guzzardi), la giovane nipote, è dotata e intraprendente. Lei può spiccare il volo e attraversare il ponte, verso la ricca Manhattan. Ma quando le opportunità (lavorative e sentimentali) che la vita offre alla giovane, in procinto di fiorire verso la maggiore età, sfuggono al controllo del protagonista, egli sviluppa verso la ragazza una forma ossessiva di possesso, che evolve verso la morbosità e conduce inevitabilmente alla tragedia.

Distinguere, nel dramma di Arthur Miller, l’aspetto intimistico di un uomo afflitto da una morbosità incestuosa e lo spaccato sociale di un’epoca contraddistinta dalle divisioni sociali è difficile e forse concettualmente errato. La vicenda e i personaggi sono senz’altro metaforici ma, al contempo, crudamente realistici. Miller sembra condannare grettezza del pregiudizio che tarpa le ali della vitale Catherine e che vuole condannarla alla reclusione; dichiara l’inconciliabilità di due mondi che New York ha separato anche fisicamente; denuncia la pericolosità dell’ambizione insita nell’american dream; ma, al contempo, non smorza l’accento sugli aspetti patologici e tristemente umani della sua storia.

La regia di Enrico Maria Lamanna non dà un solido contributo al discernimento dell’opera, limitandosi a svolgere il compito con ordinata pulizia. Non prende posizione, non interpreta, non accende riflettori, non accentua. Gli aspetti tecnici, anche il commento sonoro che reca la preziosa firma di Pino Donaggio, scivolano via inosservati.

Tutto è affidato all’estro degli attori che, fortunatamente, rispondono. Sebastiano Somma, nel ruolo che fu di Raf Vallone nella trasposizione cinematografica di Sidney Lumet, è, tutto sommato, efficace: anche l’enfatica esasperazione dei registri più drammatici ben si sposa con un personaggio che ha nella forza fisica l’unico strumento di espressione. Più apprezzabili però gli altri protagonisti, che sanno mettere a servizio della caratterizzazione un mestiere palpabilmente solido. Brave sia Sara Ricci (Beatrice) che disegna con composta intensità il saggio equilibrio materno, che Cecilia Guzzardi, la quale dona dolcezza non leziosa e autentico brio alla sua Catherine; ma, sopra tutti, si fa apprezzare Davide Schiavo (Rodolfo), che dalla sicilianità del personaggio sa trarre i giusti accenti per far lievitare l’affetto del pubblico verso il personaggio dai cristallini sentimenti e dal veemente estro artistico, che lo stesso autore sembra prediligere.

Grazie al cast lo spettacolo funziona e viene convintamente applaudito dal pubblico. Si avverte però la mancanza di un lavoro ulteriore di approfondimento, che renda questo allestimento di Uno sguardo dal ponte qualcosa di più e di meglio di una buona produzione. Fare teatro o assistervi non può essere una mera routine. E adagiarsi sullo spessore di un testo non è la via da seguire.

 

Valter Chiappa

24 novembre 2019

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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