Sabato, 20 Aprile 2024
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THE EARLY BIRD: l’esercito degli invisibili. Si può sopravvivere alla scomparsa di un figlio?

Recensione dello Spettacolo The Early Bird/ L’uccellino del mattino in scena in streaming al Teatro Belli dal 14 al 16 novembre 2020, nell’ambito di Trend nuove frontiere della scena britannica a cura di Rodolfo di Giammarco

 

È mattina, Debby e Jack - due giovanissimi genitori - vivono il rito di ogni altra giornata che inizia: la colazione per Kimberly, la loro unica figlia, è già pronta; Jack è in ritardo a lavoro; Debby ripete a Kimberly il loro consueto: "Cosa mangia l'uccellino del mattino?", prima che lei esca di casa. 

Kimberly, uscendo, raggiunge da sola la pensilina dell'autobus. Quel giorno però accade qualcosa che sconvolgerà per sempre le vite di Debby e Jack, qualcosa d'imprevisto: Kimberly non tornerà più a casa. Scompare.

La scomparsa di un figlio rovescia il corso naturale della vita e lascia nei genitori che la subiscono un'agghiacciante e dilaniante vuoto, li riversa in un'immobilità che li imprigiona nel passato e rende impossibile qualsiasi proiezione nel futuro. 

La scena, essenziale e quasi priva di elementi scenografici, rinvia così allo spettatore l'illusione di trovarsi a sbattere contro mura invalicabili; al di là del tempo e dello spazio fisico, chi assiste viene trasportato in una dimensione metafisica che lo costringe a vivere senza alcuna via di fuga o distrazione visiva la tragedia che percorre l'anima e il corpo dei due protagonisti. 

Attraverso l'intensità creata da uno scrupoloso uso delle luci e accompagnata da una marcata capacità interpretativa, gli attori bucano lo schermo raggiungendo lo spettatore e conducendolo direttamente sulla poltrona del teatro per raccontargli l'angoscia e il dramma che i due giovani genitori stanno vivendo,  rendendolo  vivido, viscerale, tangibile.

Un dolore straziante che riduce Debby (Valentina Corrao) e Jack (Roberto Marra) all'immobilità, alla paralisi, a regredire in un miserabile tentativo di trovare delle risposte o, ancora peggio, dei colpevoli: "È forse mia la colpa? È forse tua la colpa? Compagni cattivi! Lei era troppo buona!".

La madre, che non si è accorta della fragilità della figlia; il padre, incapace di accogliere Kimberly e di creare con lei un rapporto di fiducia e confidenza; i dottori, che hanno preso una testolina ancora informe con il forcipe e hanno "squarciato" il ventre della madre e - figurativamente - la coppia e la famiglia; la società, tremendamente colpevole  di creare mostri anziché offrire strumenti per difendersene, di amplificare pregiudizi anziché diffondere sensibilità e costruire persone, di essere assente nel gravoso, delicato e doveroso impegno di proteggere bambine, bambini e adolescenti , che invece vengono addomesticati e mercificati, rendendoli soggetti a facili pregiudizi, infine vittime. Un atto osceno di depauperazione del futuro.  

"Era fragile", "sei troppo grassa", "è colpa tua", "è colpa mia": la ripetitività - la ripetitività di frasi come queste crea nello spettatore quel sentimento di angoscia nella ricerca del colpevole, la cui incriminazione solamente può assolvere dal senso di colpa. Può? 

Si può sopravvivere alla morte dei figli?

L'espressività forte, potente, a tratti volgare, i dialoghi quasi piatti ma scanditi dall'alternanza di silenzi e toni quasi impercettibili con frasi urlate e sentenze con l'indice puntato, l’uso dello spazio scenico dove Debby e Jack si muovono allontanandosi e avvicinandosi di volta in volta, spesso a scatti, come a ribadire l’uno la colpevolezza dell’altro e lo squarcio inflitto dal drammatico evento, rendono ancora più realistico il sentimento di smarrimento, di turbamento: un flusso di coscienza che ripercorre sempre gli stessi attimi.

Il pensiero è imprigionato nel senso di colpa, nelle rivendicazioni, nel non detto, nel non fatto, in una condizione d’'irrealtà che poteva essere ma non sarà più. Gli attori sono due, eppure sono più di due, perché personificano magistralmente di volta in volta tutti gli altri personaggi che ruotano attorno alle vicende. 

Risucchiati in una voragine dalla quale non riescono a uscire, questo vortice viene rappresentato da parte dei due attori con consapevolezza e capacità interpretativa: la gestualità, i movimenti sul palco, il testo scarno e ripetitivo, l'intensità dello sguardo e dei volti, tutto trasferisce in chi lo osserva l'ansia e l'interrogativo, la speranza in fondo neanche accolta di tornare indietro e rimettere le cose a posto.

La rappresentazione e trasposizione teatrale affronta, senza approfondirli, ma lasciando allo spettatore l'iniziativa, temi impregnati di attualità: la paura della genitorialità, l’assegnazione delle  responsabilità, la fragilità dell'individuo che diventa nudo dinanzi a sé; la tutela dei minori troppo spesso vittime di un mondo viziato e corrotto; il bullismo e il cyber-bullismo;  la violenza domestica; il rapporto genitori figli e il rapporto di coppia: Jack e Debby esistevano per Kimberly, la sua scomparsa ha destrutturato il concetto di famiglia e di coppia, che ora esiste solo in base all'evento drammatico che li ha colpiti e che lì si è fermata come in un eterno ritorno dell'uguale.

I minori scomparsi, l’esercito degli invisibili, per la maggior parte stranieri migranti non accompagnati, finiscono per lo più in contesti di sfruttamento minorile.

The Early Bird, di Leo Buttler, andato in scena per la prima volta nel 2006 in Irlanda e poi di nuovo nel 2010, riproposto dal regista Massimo di Michele al Teatro Belli, è ancora oggi drammaticamente attuale e rimane un'enorme responsabilità collettiva. 

Nella rincorsa alla "felicità" come “diritto” e declinata oggi per lo più a uno stato di benessere sociale ed economico, lo spirito di ascolto e di osservazione è un esercizio ormai dimenticato. Rallentare significa ricollocarsi nel contesto, comprenderlo e riconoscere le proprie responsabilità laddove dell'assoluzione di se stessi si è fatto il punto di partenza per l’auto-accettazione e glorificazione. Riconoscere le proprie colpe significa riconoscere il proprio fallimento, ma è solo attraverso questo passo che si può ricostruire. Il tentativo, purtroppo ormai vano, di Debby e Jack di tornare costantemente alla mattina della scomparsa, ha proprio questo intento.

Per chi vuole tentare di uscire da se stesso e mettersi a nudo, per chi ha la sensibilità di riconoscere che esiste sempre una corresponsabilità e non teme il confronto con il terrore e con il dramma ma anzi vuole attraversarlo per non soffocarlo e rimanerne soffocato, The Early Bird nella rappresentazione proposta al Teatro Belli, offre una valida opportunità in questa direzione. 

 

Francesca Sposaro

16 novembre 2020

 

 

 

Informazioni

di Leo Butler

traduzione Enrico Luttmann

con Valentina Corrao e Roberto Marra

scrittura gestuale Dario La Ferla

canto a cura di Elena Polic Greco

disegno luci Emanuele Lepore

assistente alla regia Daniel Pistoni

regia, scene e costumi Massimo Di Michele

produzione SmartIt

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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