Sabato, 27 Luglio 2024
$ £

La Traviata “degli specchi” di Verdi allo Sferisterio di Macerata: quando il pubblico diventa parte della messa in scena

Recensione dello spettacolo La Traviata, di Giuseppe Verdi, in scena allo Sferisterio di Macerata il 13 agosto 2023 all’interno del Macerata Opera Festival 

 

Operazione culturale di grande respiro internazionale rappresentare La Traviata di Giuseppe Verdi, al Macerata Opera Festival, in questa singolare versione messa in scena per ben cinquanta volte in 30 anni in tutto il mondo, sin dalla Prima pensata proprio allo Sferisterio nel’92 e che ora torna nel luogo della sua nascita. Quattro repliche dell’opera nei weekend sono state il coronamento di una ricca serie di spettacoli ed eventi musicali che hanno riempito tutti i giorni della settimana di un Festival sold out.

Si apre il sipario e si rimane sbalorditi vedendo il palcoscenico vuoto, con un buio pesto, senza ornamenti e mobili al tempo della Belle Époque. C’è solo un grandissimo specchio a faccia in giù, come un grande sipario che si estende su tutto il palcoscenico.

Presto si inizia ad amare questa enorme pellicola specchiante, leggerissima, la quale, sollevata, forma un angolo di circa 50 gradi, raddoppiando il palcoscenico che si crea nel riflesso di Giuseppe Verdi, in una messa in scena glamour e lussuosa soprannominata La Traviata degli specchi. 

Si dice che lo scenografo ceco Josef Svoboda - genio creativo e innovatore della illuminotecnica - si trovasse in una trattoria romana con la caratteristica tovaglia a quadri e che, mangiando, notò il riflesso del coltello quando gli venne l’idea, concependo così lo specchio come fondale inclinato.

Come si intuisce, la messa in scena è la parte principale dell’Opera, così come colpisce la regia di Henning Brockhaus che non è mai statica, per via delle scene costituite da tele dipinte sistemate sulle tavole del palcoscenico che, cambiate via via nel corso dell’opera, si riflettono nello specchio creando fondali sempre nuovi nei quali agiscono anche gli artisti, i ballerini, i figuranti che vengono seguiti dallo specchio “dall’alto” in ogni loro movimento in un gioco di rimbalzi tra dimensione orizzontale, quella della narrazione, e dimensione verticale, quella degli specchi, creando spazi psicofisici che si trasformano al variare delle emozioni e dei sentimenti dei protagonisti. 

Gli specchi, tema ricorrente nell’opera verdiana, moltiplicano i punti di vista e ampliano lo spazio scenico dentro il quale gli interpreti diventano quasi delle pitture viventi. I teli dipinti, che sono le scene riflesse dallo specchio, all’inizio contengono varie immagini: un sipario teatrale, un collage di varie pitture con motivi erotici tratti da stampe di fine Ottocento, una casa fuori Parigi, un campo di margherite, un collage di immagini tratte da un album di famiglia, i lampadari del casinò. 

Quando alla fine non ci saranno più immagini e il pavimento rimarrà desolatamente nudo e nero, vorrà dire che il tempo delle illusioni è finito. 

Proprio in questa fase dell’opera, poco prima della morte di Violetta, lo specchio raggiunge la piena verticalità, in modo da riflettere il pubblico in sala, che entra quindi a far parte dell’azione, divenendo non più solo voyeur,ma testimone e partecipe del dramma: personaggi sulla scena e spettatori in platea si confondono; tutti sono complici dell’ipocrisia borghese che ha condannato Violetta, e i responsabili al di qua del palcoscenico, mentre assistono alla fine della donna, possono a loro volta guardarsi in faccia, riflessi nello specchio.

I riferimenti apparentemente casuali del librettista Francesco Maria Piave agli specchi (indica che uno dovrebbe essere collocato sopra il camino nel salotto parigino di Violetta e un altro accanto a un orologio nella sua casa di campagna) svolgono un’importante funzione drammatica e quasi di denuncia. Gli specchi pongono Violetta al centro dell’azione, mentre realtà sociali oppressive prendono forma intorno a lei, e forniscono anche i mezzi attraverso i quali la sua conseguente trasformazione fisica e psicologica è resa chiara a sé stessa e, in definitiva, al pubblico. Riflettono anche la difficile situazione di Verdi - al momento della stesura di Traviata la sua scandalosa relazione con Giuseppina Strepponi lo rese oggetto di pettegolezzi di Busseto - nella storia di Violetta. 

Il ruolo principale della “donna caduta” ha catturato l’immaginazione del pubblico e degli artisti con le sue inesauribili possibilità drammatiche e le sue sfide. Violetta è considerata l’apice del repertorio soprano qui interpretata da Nino Machaidze; una solida Violetta, che trasmette efficacemente l’irrefrenabile gioia di vivere del personaggio e il suo dolore finale. La portata vocale ed emotiva del personaggio del titolo è enorme, dalla sua aria del primo atto “Sempre libera degg’io” all’inquietante rimpianto di “Addio, del passato” nel terzo atto al lungo confronto del secondo atto con il padre del suo amante, Germont. 

Anthony Ciaramitaro, Alfredo, ha un tono caldo e rotondo e la sua voce suona in modo impressionante e il suo amore riporta una speranza di autenticità, un miraggio di felicità e redenzione.

Giorgio de Candia, Germont, ha trasmesso profonda nostalgia in “Provenza del mar”, e nel suo duetto con Violetta abbiamo sentito fortemente il dolore di un padre costretto a infliggere sofferenza alla persona che vede come sua figlia. 

Un allestimento illuminante che si completa grazie ai costumi di Giancarlo Colis (spettacolare la scena de Le zingarelle e i Mattadori con un enorme drappo rosso che invade la scena), alle luci di Hanning Brockhaus e Fabrizio Gobbi e alle coreografie di Valentina Escobar che si rivela un’esperienza indimenticabile e unica. 

Il coro sulla scena è in movimento, come raramente accade. Brockhaus racconta che al Teatro dell’Opera di Roma il coro chiese di fare poche prove dicendo “Si conosce la Traviata”. Lui rispose: “Non conoscete la mia Traviata!”

Nel golfo mistico la Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana, e ancor il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” diretto da Martino Faggiani,” la Banda Salvadei, creano un’atmosfera poeticamente sospesa utile ad esaltare gli scampoli di scrittura ottocentesca dell’opera, per finire alla sortita di Violetta. Un nuovo modo di far rivivere l’incredibile radicalità e modernità di questa musica. Infine una menzione per i ballerini, i figuranti e le maestranze tutte, fondamentali per la resa dello spettacolo; in particolare tra la prima parte del secondo atto e la seconda parte del secondo atto, non essendo previsto intervallo, vengoni arrotolati e portati via i tre enormi tappeti che danno movimento, tra cui semi-nudi demi-mondes e lussureggianti viste sui giardini di margherite con una tale naturalezza e agilità da far pensare che faccia parte della scenografia. La capacità musicale-drammatica di Verdi di ritrarre l’individuo in un rapporto emarginato con la società mantiene questo lavoro un pilastro sui palcoscenici del mondo. La scenografia originale così imponente si è potuta realizzare solo allo Sferisterio, grazie alla parete altissima di mattoni e al palco enorme, e a Pechino. In altri teatri si è realizzata una versione ridotta.

Infine la rappresentazione allo  Sferisterio ha avuto particolare magia perché è un teatro a cielo aperto con tanto di loggione, quasi unico al mondo. 

Quattro minuti di applausi meritatissimi. 

 

Alessandra Perrone Fodaro

16 agosto 2023

 

Informazioni

59°Macerata Opera Festival 2023

La Traviata di Giuseppe Verdi

Melodramma in tre atti

Libretto di Francesco Maria Piave da La dame aux camélias

Musica di Verdi

“Traviata degli specchi” Allestimento dell’Associazione Arena Sferisterio

Nino Machaidze Violetta Valéry

Anthony Ciaramitaro: Alfredo

Roberto de Candia Giorgio Germont.

Mariangela Marini (Flora Bervoix), Silvia Giannetti (Annina), Carmine Riccio (Gastone), Alberto Petricca (Il barone Douphol), Stefano Marchisio (Il marchese d’Obigny), Gaetano Triscari (Il dottor Grenvil), Alessandro Pucci (Giuseppe), Gianni Paci (Un domestico di Flora), Gianluca Ercoli (Un commissionario). 

Direttore: Domenico Longo

Regia: Henning Brockhaus

Scene: Josef Svoboda

Costumi: Giancarlo Colis

Coreografie: Valentina Escobar

Luci: Hanning Brockhaus e Fabrizio Gobbi

Direttore di produzione e palcoscenico: Marco De Santis

Capo macchinista: Federico Rossi

Nel golfo mistico la FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana, e ancor il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” diretto da Martino Faggiani. Banda Salvadei.

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

Newsletter

Iscriviti alla nostra newsletter per scoprire gli sconti sugli spettacoli teatrali riservati ai nostri lettori