Venerdì, 25 Ottobre 2024
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Narni Città Teatro 2024

La manifestazione Narni Città Teatro 2024 ha preso il via, ancora una volta con la  direzione artistica di  Davide Sacco e Francesco Montanari, coppia oramai affermata nel panorama teatrale italiano.  Quest’anno il tema del festival è “Sogni Sospesi”, qui il resoconto di alcuni eventi che abbiamo seguito per voi. 

 

Venerdì 14 giugno, Teatro Manini

“Oratorio per Eva” coereografia e regia di Roberto Zappalà

Il catanese Roberto Zappalà porta a Narni la seconda parte del suo progetto Transiti Humanitatis; “Oratorio per Eva” è tra queste, la parte che il coreografo dedica alla figura di Eva, madre dell’umanità intera. Seppure la forza della metafora biblica sostiene il senso della messa in scena, l’Eva che sale sul palco è donna insieme a noi e come noi purtroppo ancora vinta e sporcata da una violenza che l’assoggetta da sempre. Come tutti i corpi con cui lavora Zappalà, anche quello della bravissima Maud De La Purification è sinuoso, flessibile, forte. I movimenti continui e reciproci non pesano sul palco se non la forza dell’attimo esatto in cui avvengono. La potenza di questo modo di fare danza persiste esattamente in questa continuità ipnotica che assorge nello spettatore quasi in una meditazione costante; non stanca, non ci stanca. Eva si veste e riveste senza che il corpo ne venga leso, non è in questa mancanza di apparente pudore l’azione violenta. La violenza che la Eva simbolica subisce è negli stati del racconto, nella trasformazione che la donna affronta in una nascita e sofferenza continua nella sua richiesta di essere libera.  La presenza di Eva nel Paradiso è stato l’incipit del peccato, se questa è la metafora che Zappalà sottende in questa performance; ebbene arriva forte. Sul palco insieme a Eva nella seconda parte dello spettacolo una serie di personaggi che Zappalà preleva dal pubblico e che vengono messi in scena con una minima preparazione, che generalmente avviene il giorno prima. Questa casualità di corpi in parte impreparati a ciò che accolgono, fortifica il messaggio; il corpo di Eva si mostra non solo a noi, ma chiede affermazione a una popolazione di protagonisti occasionali  eppure partecipi. La cura per i movimenti e la devozione per il proprio corpo che Zappalà richiede ai suoi danzatori è un sacrificio che emerge nelle figure mosse dal corpo della De La Purification con grande chiarezza e noi che la guardiamo, ne siamo grati. I brani che la danzatrice declama sono tratti da “Il diario di Eva” di Mark Twain e sono parole che si cuciono sul corpo, in funzione del movimento, ne ornano ogni cenno. Eva emerge in tutta la sua bellezza, consapevolezza, dolore e ci racconta ancora una volta ciò che siamo, nel sacrificio del suo peccato, si afferma la verità.

 

Venerdì 14 giugno, chiostro di Sant'Agostino 

"Amen" di Massimo Recalcati, regia Valter Malosti

Seppure fosse stata celata la presenza di Recalcati, ebbene la sua cifra stilistica si sarebbe comunque riconosciuta. Questo ha pensato chi vi scrive dopo aver assistito a "Amen" testo teatrale scritto da Massimo Recalcati andato in scena venerdì 14 giugno nel chiostro di S. Agostino di Narni. Una messa in scena pulita con due musicisti e tre attori che si susseguono nel racconto del testo dando forza vivida alle parole.  L’esibizione viene introdotta da un video dove Recalcati racconta la genesi dello spettacolo, un intro che forse si poteva saltare per lasciare spazio al testo che non lascia alcun dubbio al senso. Il racconto magico e personalissimo che l'autore da del mito familiare che lo accompagna da quando è in vita, ossia l'esser "nato morto", precario e fragile a un passo dal non affacciarsi mai all’esistenza. Una nascita racchiusa per mesi in una teca di vetro e il racconto struggente di un fragile corpicino costruito in modo preciso dalla madre interpretata da una toccante Federica Fracassi. Lo stesso racconto passa poi alla voce del figlio, che nel testo prende il nome Enne 2 dal romanzo "Uomini e no" di Vittorini che Recalcati, nell’intro, dice essere uno dei romanzi che ha amato di più, insieme a “Il sergente della neve” di Rigoni Stern e di come questi due testi gli abbiano donato la possibilità di  suo sentirsi "partigiano " da sempre. Enne 2 è interpretato da Danilo Nigrelli e durante il suo racconto sembra che gli orologi si fermino, il respiro cambia, tanta l'emozione che produce, il leggio si sospende dinanzi al racconto magico di Recalcati, intenso, intimo fino a trafiggerti violentemente. Il terzo personaggio è il soldato rappresentato da Marco Foschi che in questo caso incarna la metafora della battaglia che lo scrittore ha dovuto compiere per restare in vita, costretto ad  armarsi fin da neonato per affrontare le difficoltà dello stare al mondo.

Struggente, intenso, AMEN!

 

 

Sabato 15 giugno, Teatro Manini 

“Pinocchio”, regia di Davide Iodice

Tra gli eventi più attesi di "Narni città Teatro", lo spettacolo "Pinocchio" di Davide Iodice. Una spettacolo che viene al mondo, quasi con la medesima gestazione del ciocco di legno che si fa uomo.  Questo “Pinocchio” infatti,  nasce dalla  Compagnia che è un braccio della storica Scuola Elementare del Teatro di Napoli; che dopo nove anni di laboratorio non aveva ancora calcato i palcoscenici. Una scelta di senso e metodo che contraddistingue il lavoro di teatro sociale di Iodice. Il tempo dell'attesa è stato in questo caso il tempo in cui gli attori  (ragazzi e famiglie) fossero pronti per entrare in scena. Questo racconta Iodice a chi vi scrive;  “il palco è solo il prodotto ultimo del progetto messo in essere dalla Compagnia”. Una comunità plurale, un conservatorio popolare,  che racchiude una serie di arti performative: teatro, danza, musica; il tutto ritagliato intorno a fasce svantaggiate. Circa duecento esseri umani di una umanità plurale, che fruiscono  dei servizi della Scuola Elementare del Teatro di Napoli. Iodice racconta come la Compagnia nasce da un braccio di questo progetto, una “residenza stabile”  per gli allievi storici. "Pinocchio" quindi è indubbiamente la metafora più centrata per rappresentare questo processo di nascita. Una nascita plurale di una realtà oramai affermata nel territorio campano, ma una nascita della singola persona che sul palco rappresenta la sua trasformazione. Iodice ci racconta di come questa storia immortale di Collodi per lui è una potente metafora della fissità di alcuni corpi, imprigionati in sé stessi e di come, nell'incantamento che a volte li accompagna, si racchiude il senso profondo di questa messa in scena. I testi dello spettacolo sono brani nati da una scrittura partecipata con, in alcuni punti, gli inserti magici della poetessa Giovanna Silvestri. Ogni Pinocchio porta in scena un genitore, o un congiunto, nelle vesti reciprocamente di fata Turchina, o Geppetto, con la volontà di raccontare anche il percorso di accompagnamento familiare che il laboratorio segue giornalmente in funzione della comunità.  Sempre Iodice ci rivela di come nelle fasi di laboratorio, mentre i ragazzi svolgono il loro training, i congiunti vengono accompagnati in un percorso di counseling, in modo da contribuire al processo di benessere di tutto il nucleo familiare. Un’azione plurale che si muove su più aree di benessere, così come uno stato sociale dovrebbe fare, una realtà possibile, un’utopia risolta.

Questo ciò che ci spiega con grande disponibilità  il regista prima della messa in scena del  "Pinocchio" che avviene alle 18.00 di sabato 15 giugno in un tetro Manini di Narni colmo e curioso. Al calare delle luci lo spettacolo di Iodice sul palco esplode e esce  fuori da ogni stereotipato messaggio sul diverso. La croce che il Grillo parlante porta sulle spalle è l’incipit feroce che apre lo spettacolo, il peso di esistenze indubbiamente difficili. Nulla è edulcorato, non ci sono sconti, ciò che si deve dire è detto, crudo! Proprio per questo il messaggio arriva potente. La madre con il figlio con la sindrome di Williams (tra l’altro coppia scenica esilarante) dichiara la sua stanchezza con la stessa tragica e comica verità che appartiene al popolo partenopeo; Edoardo sicuramente avrebbe applaudito a tanta veracità insieme a noi. E poi le parole chiave, che vengono estratte dal peso della croce, una dopo l’altra e si fanno racconto attraverso i corpi degli attori in scena. Struggente fra i tanti brani, il Pinocchio ciuchino e il dolore di una prestazione richiesta ad un corpo che più di tanto non può fare pur volendo. E ancora le voci registrate dei protagonisti che esprimono i loro desideri; semplici, minimi, spesso irrealizzabili.  Il teatro del drammaturgo partenopeo scavalla tutti i canoni del teatro sociale,  scrivendo nuovi idiomi. Una messa in scena potente che tiene fede totalmente della fiaba di Collodi, non nella forma, bensì nella ricerca di senso. La fissità del ciocco di legno è l'immobile incanto dei suoi attori. Le bugie a cui questa società ci sottopone mentendoci continuamente sul suo essere inclusiva e possibilista, sono i nasi che vengono indossati all'inizio dello spettacolo dai tanti Pinocchi presenti in scena. 

"È dopo?" è l'assordante domanda a cui lo spettacolo non pretende di dare né risposte, né soluzioni. Questo dopotutto fa il teatro.

Domenica 16 giugno Ala Diruta

Roberto Vecchioni, appuntamento all’alba

Le mitiche albe di Narni alla Diruta quest'anno ci regalano la sapienza e la saggezza di Roberto Vecchioni. Il tema su cui “il professore” è interpellato a dibattere è il SOGNO, tema centrale di tutta la manifestazione e la sua lezione è davvero un saggio onirico, su cui probabilmente Vecchioni avrebbe potuto intrattenerci fino al tramonto. Non pesa quindi il suono della sveglia delle quattro e trenta di mattina di chi vi scrive, ne è valsa la pena. E si gioca tutto in questo valere la pena l’intervento saggio del maestro, quanto vale ancora la pena sognare in questi tempi in cui è sempre più difficile farlo. Per avvalorare la sua tesi Vecchioni chiama all’appello tra gli altri Mutis, Rimbaud, Borges, Pascoli, Pavese, Omero, Aristofane e ci convince con le loro dettagliate tesi. La ricerca costante dell’uomo è quella di cercare continuamente, di dare voce al desiderio e il desiderio si nutre dei sogni.  La parola SOGNO, ci spiega il maestro in questa lezione a cielo aperto nella Diruta di Narni, deriva dalla radice del sanscrito SVAP; il sogno svapora, evapora, è nulla, eppure è quello che ci permette di continuare a desiderare. Senza sogni non andiamo da nessuna parte, poiché è il sogno che galoppa intorno alla verità, ecco perché Vecchioni ci suggerisce di non smettere mai di sognare. Per avvalorare la tesi “il professore” insieme alle tante citazioni, ci regala anche una parte del suo personale, i momenti del sogno cosciente che lui ha prima del sonno, i desideri che spesso sono “fatti grandi”, ma altrettanto spesso “cose piccole” e come tali quasi sicuramente più realizzabili. 

"Il sogno è l'infinita ombra del vero" dice Giovanni Pascoli, citato da Vecchioni ed in quest’alba sognata a cavallo del sonno, tutto si fa vero, come il giorno si fa giorno. 

 

PROGETTI SPECIALI

Rem. Sogni paradossali, presso ASP Beata Lucia

 

Una menzione di merito e sorpresa sentiamo di farla a uno dei progetti speciali di “Narni città teatro”, ovvero “Rem. Sogni paradossali”, un progetto di Ilaria Ceci, Valentina Dalsigre Cirillo e Claudia Grassi e Jacopo Riccardi, con i testi di Matei Visniec. Questa performance itinerante che accompagna lo spettatore in alcuni luoghi della scuola Beata Lucia di Narni è una immersione delicata e curatissima attraverso “spazi” di coscienza in cui i bravissimi attori ci invitano ad entrare per una manciata di minuti. Il primo è il buio, si sperimenta una piccola alterazione di coscienza, accompagnata dal testo raccontato da una delle attrici, lo spettatore seppure siede sul morbido, tiene la tensione di chi si trova a restare per un po’ senza confini. Con delicatezza, dopo il buio un’attrice ci accompagna verso il “confine”, il cerchio che forse protegge, ma che di certo anche chiude. In un sottoscala dell’edificio l’attrice ci chiede l’attenzione che merita, vista la sua bravura, per poi traghettarci in esterno, dove si spalanca la rocca di Narni nel suo splendore, il cerchio si apre verso l’infinito. Il percorso prosegue verso un piccolo antro dove un’attrice con uno specchio alle spalle si rivolge a sé, a noi, al suo sé, forse anche al nostro, ponendoci domande, chiedendoci e chiedendosi certezze. Qui è il testo che vince, con una recitazione pulita e netta, sono le parole a interrogarci. L’ultimo ambiente, e in questo ci accompagna l’unico attore maschio, è un bagno riempito di piccole papere di gomma, lo spazio è angusto, lo spettatore non sa dove mettere i piedi, eppure l’attore recita spostando una a una le sue papere gialle sul bordo del lavabo, senza perdere l’attenzione su chi lo osserva. In questo ambiente prelude la follia, eppure non ci schiaccia, non ci chiude, stranamente l’ipotesi di questo  squilibrio ci rassicura. Il viaggio verso i sogni paradossali di REM finisce in questo spazio, i bravissimi attori Valentina Dalsigre Cirillo, Claudia Grassi, Jacopo Riccardi, Agata Sala ci guidano verso l’uscita, seppure ammettiamo che abbiamo fatto fatica ad andare via. 

 

Lo spazio del sogno permane immobile, grazie anche quest’anno alle suggestioni e all’accoglienza di “Narni città teatro”.

 

Barbara Chiappa

17 giugno 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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