Venerdì, 19 Aprile 2024
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In scena con Shake Fools fino al 13 ottobre, Manuela Tempesta e Giovanni Maria Buzzatti parlano del loro ultimo spettacolo che vede in scena lo stesso Buzzatti, Enrico Franchi, Mavina Graziani, Giglia Marra ed Emanuele Guzzardi

 

Il testo che avete portato in scena è particolarmente crudo e impegnativo, qual è stato il processo di scrittura che avete seguito?

M. T. “È vero, si tratta di un testo impegnativo ed è stato difficile scriverlo. Io vengo già da altri lavori che hanno affrontato temi di scottante attualità, ma questa volta volevamo cimentarci con qualcosa di nuovo e che già aveva attirato la nostra attenzione, ovvero la storia dei manicomi, anzi degli ex-manicomi oggi definite ‘case di cura’, ma che nel ‘900 ospitavano non solo persone che avevano problemi mentali ma anche indigenti o persone etichettate come ‘diverse’, tipo gli zingari che erano considerati la feccia della società ma che, in realtà, ieri come oggi sono portatori di un mondo e di una cultura diversi dai nostri ma sempre tali.

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Il duo Patti/De Liberato dopo Echoes – spettacolo vincitore del bando di residenza produttiva del Teatro Studio Uno – torna in scena sul palco di Spazio Diamante con Passando la notte sott’acqua al Festival InDivenire.

 

Quando è iniziata la collaborazione con Lorenzo De Liberato?

Noi ci siamo conosciuti all’ACT di Cinecittà. Lui faceva filmMaking, si specializzava in sceneggiatura e io seguivo il corso di recitazione. Poi abbiamo fondato la compagnia Marabutti insieme a Fabrizio Milano. In realtà la compagnia in questo momento è “diciamo” in stand by, ma noi continuiamo a collaborare insieme.  Lorenzo ha scritto Echoes che stiamo portando in scena da quattro anni, ha curato l’adattamento di Amleto che ho presentato alla Biennale College – Teatro di Venezia curato da Antonio Latella indirizzata a registi italiani under 30.  

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Ugo Dighero sarà in scena con Mistero Buffo al Brancaccino dal 10 al 13 ottobre 2019

“Mistero Buffo è come una Ferrari: difficilissima da domare inizialmente, ma poi quando sai guidarla è uno spettacolo. Io porto a teatro l’opera di Fo mettendoci il mio stile, anche perché a fare il paragone con lui si esce per forza perdenti”

Ugo Dighero presenta così il suo “Mistero Buffo”, portando a teatro, al Brancaccino, il capolavoro di Dario Fo e si sofferma anche sul suo passato, sul futuro e sul momento culturale italiano.

Dighero, non è la prima volta che ti cimenti con “Mistero buffo”, cosa cambia ogni volta riportarlo in scena, riesci sempre a dare un tocco personale?

Porto in scena Mistero Buffo da più di 30 anni, è una cosa che ho studiato da ragazzo, dal momento in cui ho iniziato con la scuola, praticamente. Era il periodo in cui Dario Fo era rientrato da poco in tv con quest’opera, dopo la lunga assenza e io fui affascinato dal suo stile e dal suo modo di recitare, era un vero affabulatore. In pratica all’interno di una narrazione, con tempi e ritmi fantastici di fare più parti, riusciva a raccontare personaggi, atmosfere, scenografie e anche i profumi solo attraverso una tecnica espressiva impressionante.

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Scritto da Angela Turchini e diretto da Marzia Verdecchi, OscuraMente racconta le difficoltà e le fragilità insite nei rapporti tra genitori e figli all’interno di una famiglia come tante, ma per comprendere meglio l’incipit che ha dato il via alla storia, ci siamo rivolti direttamente a chi questa storia l’ha messa nero su bianco, ovvero alla sua autrice, Angela Turchini.

 

La storia scava nelle profondità dell’animo umano e presenta una famiglia sull’orlo della crisi più profonda: com’è nata l’idea?

‘Mi sono ispirata osservando la realtà. – ha ammesso Angela - Soprattutto negli ultimi anni veniamo a conoscenza di tante storie familiari diversamente drammatiche che causano stupore negli altri, in particolare in amici o conoscenti delle persone coinvolte, che rimangono allibite da ciò che è accaduto, quasi come se le cose fossero capitate all’improvviso senza un apparente motivo… ma non è così. Ci sono ragioni profonde che portano le persone ad agire in un determinato modo, per cui ho voluto raccontare una di queste storie dall’inizio, da come si sarebbe potuta scatenare la causa che porta al drammatico effetto finale per cercare di spiegare al pubblico la dinamica di certe situazioni. I media ci hanno abituato a conoscere la storia dalla sua amara conclusione, mentre io volevo far capire allo spettatore il percorso che compiono certi avvenimenti e che non capita tutto da un momento all’altro. L’idea era quella di riavvolgere il nastro della storia e raccontarla dall’inizio’.

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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