Lunedì, 17 Novembre 2025
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Joe Schittino, un “ragazzo imprudente”

Intervista al compositore Joe Schittino, a poche ore dalla prima mondiale della sua nuova opera: ‘ La Ragazza Imprudente’

 

Fra pochi giorni, l’11 ottobre, andrà in scena al teatro Tonino Pardo di Trapani, in  prima mondiale : "La ragazza imprudente" del compositore siciliano Joe Schittino, su libretto di Gianni Rigamonti.

Si tratta di una occasione preziosa, sia perchè Schittino è musicista raffinato, attento, capace di grandi pagine musicali, mai scontato e mai prevedibile, sia perché vedere nascere un’opera lirica, sapere che debutta sotto lo sguardo dell’autore, è una occasione rara,  che certamente il pubblico siciliano saprà non perdere.

L'Ente Luglio Musicale Trapanese  si dimostra ancora una volta motore coraggioso di proposte innovative. Per questo debutto allinea un cast di tutto rispetto: la direzione di Mirco Reina, regia, scene e costumi di Giuseppe Amato e le voci di un gruppo di specialisti come  Paola Vero (Angela), Blagoj Nacoski (Diego), Grazia Sinagra (Chita), David Costa Garcia (Alfredo) Silvia Regazzo (Sofia), e Massimo Modoni (Armando).

Da tempo apprezziamo il lavoro di Joe Schittino, uomo coraggiosamente autentico ed artista sensibile, raffinato, attento, profondo.

Ci piace il suo non essere mai scontato, il suo credere che la musica sia una sorta di lingua dell’anima, che riesce a dare forma a quelle sensazioni che le parole non sempre sanno descrivere.

Apprezziamo la volontà ci autentica contemporaneità, in un mondo che spesso cerca  il consenso attraverso la riproposizione di formule trite, di strutture rassicuranti, di trame già sentite.

Siamo convinti che il suo bisogno di musica, la sua passione incontenibile per la ricerca di sonorità pregne di valore e significati, siano l’unico vero motore per mantenere viva l’Arte.

Come siano francamente convinti che Joe Schittino sia prima un Artista che un musicista, un uomo che ha la necessità di scoprire e condividere la poesia del  suo mondo attraverso la musica.

Lo abbiamo raggiunto durante le prove dello spettacolo e gli abbiamo proposto una serie di domande per conoscerlo meglio, cui si è sottoposto con pazienza e cortesia,  dimostrandosi, in barba alla fotografia  con aria seriosa e compassata, ironico, garbato, riconoscente, divertente .

Un bel racconto nel quale ha narrato,  con grande umiltà, le tappe di una carriera internazionale decisamente importante , che molti suoi colleghi avrebbero ostentato con ben altri toni.

 

 

Ringraziando per questa occasione preziosa di parlare con un compositore a pochi giorni dal debutto in prima mondiale di un suo lavoro, cominciamo chiedendo come è nata la passione per la musica ?

A casa mia non ci sono stati professionisti, ma alcuni amatori di musica: mio nonno materno suonava la tromba nella banda di un reggimento militare, la nonna il mandolino, una prozia materna il pianoforte: lei è stata la mia prima insegnante di musica, in casa, quasi per gioco. Le sono infinitamente grato!

 

 

Quanto è stato difficile coltivare questa passione?

Quando scopri che non hai bisogno di applicarti con fatica a quello che fai, che anzi le cose vengono naturali, allora è più di una passione, diventa un percorso di vita. Le difficoltà all’inizio sono state di ogni tipo: economico e logistico innanzitutto (ho dovuto conciliare le lezioni in Conservatorio con le scuole superiori, e fare il pendolare da Siracusa a Catania due o anche tre volte alla settimana, spesso saltando la scuola), poi, quando era ormai chiaro che la musica sarebbe diventata il mio mestiere, ho capito di non poter contare su un terreno già spianato, come chi per esempio è nato in una famiglia di musicisti che sanno già come funzionano le cose: ma alla fine è stato estremamente stimolante partire da un “grado zero” esplorando tutte le tappe sia dell’artista creativo, che del docente di musica. Naturalmente lungo il percorso ho incontrato anche persone preziose, che mi hanno consigliato e guidato, e in alcuni casi anche sostenuto: grazie a loro è stato tutto più facile.

 

Certamente in casa sua si amava la musica: non a caso sua sorella è un valente soprano. Ci racconta il vostro rapporto speciale? A quando un lavoro scritto per lei?

Mia sorella Jennifer oggi è un soprano specializzato in musica rinascimentale e barocca, e vanta importanti collaborazioni: da bambini siamo cresciuti insieme condividendo, oltre la vita quotidiana e le amicizie infantili, anche le prime esperienze musicali. Per lei ho creato il ruolo della protagonista nell’opera La Neuberin su libretto di Klaus Rohleder, andata in scena nel 2007 allo Stelzenfestspiele bei Reuth, e posso dire di avere modellato le linee del canto sulla sua specifica vocalità. Attualmente, in un momento in cui le agenzie hanno un ruolo determinante nella scelta dei cast, per me è molto difficile dire una parola, anche solo per suggerire, un cantante: ma in futuro spero naturalmente che si crei l’occasione giusta, magari anche in un contesto più libero e non determinato da scelte “obbligate”, per scrivere di nuovo qualcosa per mia sorella.

 

Lei ha frequentato prima l’istituto musicale (oggi Conservatorio) “V. Bellini” di Catania, poi si è perfezionato in Composizione all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma. Quali sono stati gli incontri per lei determinanti in quegli anni?

Anzitutto posso dire di essere stato molto fortunato, ad avere maestri illuminati che sono state guide serene, che non mi hanno mai imposto il loro punto di vista, ma mi hanno formato tecnicamente e mi hanno mostrato il loro esempio dandomi la libertà di seguirlo o meno. In particolare ricordo Giovanni Ferrauto, il mio primo maestro di composizione, che mi ha formato praticamente dal nulla, e poi Azio Corghi di cui conservo tanti ricordi, professionali e amicali, che porto sempre nel cuore.

 

Lei ha vissuto una parentesi televisiva quando era molto giovane. Che ricordi ha di quel periodo così particolare?

Nel 1989, e per alcuni anni, fui ospite fisso principalmente del “Maurizio Costanzo Show”, ma anche di altre trasmissioni del periodo (tra cui anche un’edizione di “Piacere Rai Uno” con Toto Cutugno), e nel 1990 recitai una piccola parte in “Vacanze di Natale 90”, ufficialmente il primo cinepanettone della serie… Tutto iniziò da un’intervista, pubblicata su un quotidiano locale, in cui ero descritto come un bambino prodigio: arrivò sul tavolo di Costanzo e lui incuriosito decise di chiamarmi in trasmissione. Sicuramente è stata un’esperienza unica, perché vissuta a quell’età così verde: mi è servito per abituarmi a stare sul palcoscenico davanti a una telecamera e a un pubblico. Naturalmente, come succede a tutti gli enfant prodige, passata quell’età, l’interesse o meglio la curiosità diminuisce: così è stato per me, ma devo dire che alla fine aver lasciato il più famoso dei salotti televisivi è stata più una liberazione: sono riuscito a rimanere immune dalla crisi che altri sperimentano, quando dalla “fama” sia pur legata a una trasmissione leggera, tornano in un cono d’ombra. Mi è servito anche a maturare come persona, e a capire che cosa volevo veramente fare nella vita. E la mia vita non era certo su quel palco.

 

Lei oltre agli studi musicali ed  una laurea in lettere classiche,  può vantare un diploma alla scuola d’arte drammatica del Teatro Stabile di Catania. Quanto questa formazione le è stata utile per formare il suo stile nel comporre le opere liriche?

Sono stato un ragazzo molto curioso, e quindi non ho voluto precludermi nessuna strada, nessun accesso a diverse forme di sapere che comunque sono confluite più tardi nel lavoro di compositore per la scena. La lezione di grandissimi attori, protagonisti della scena italiana di quegli anni (Giulio Brogi, Leo Gullotta, Maddalena Crippa, ma tanti altri ancora) mi è servita per studiare dal di dentro i misteri del teatro, i tempi teatrali, il modo per far crescere un’emozione, un’atmosfera, e per svilupparla in modo più o meno imprevedibile. Oggi io non sono un seguace della sorpresa a tutti i costi: anzi, il colpo di scena arriva meglio quando è preparato da una situazione usuale e prevedibile. Ma questa è un’alchimia che puoi sperimentare solo stando in scena, non la impari da un libro. E io non mi sono fatto mancare questa opportunità.

 

Nel suo curriculum ci sono sia composizioni orchestrali che opere liriche. Quale fra i due generi preferisce?

Per vocazione sono un compositore per la scena, dunque amo l’opera lirica e tutto quanto ha a che fare con il teatro. Ragioni pratiche mi spingono naturalmente anche verso l’orchestra, che per me è una specie di serbatoio lirico di idee e di atmosfere, che alla prima occasione trasferisco altrove. Purtroppo ci sono anche delle dinamiche di mercato, di sovrintendenze, di direzioni artistiche, che non sempre aiutano in questo senso. Finora posso dire di essere stato piuttosto fortunato, avendo contato su commissioni ed esecuzioni da alcuni enti lirici e sinfonici di prestigio in Italia (Municipale di Piacenza, Coccia di Novara, Massimo di Palermo, Piccinni di Bari, Lirico di Cagliari) che comunque hanno creduto in me e nelle potenzialità di una parola contemporanea che comunque riesce ad avvicinare anche un pubblico non di specialisti, e di questo sono sempre grato. Però si può fare ancora tanto!

 

La sua carriera, decisamente di ampio respiro e ricca di consensi e meritati successi, ha avuto uno svolgimento internazionale, con grandi consensi all’estero. Ci sono differenze fra vivere di musica in Italia  e farlo negli altri paesi europei?

Le circostanze varie di vita e di musica mi hanno portato a contatto con un pubblico di diversi Paesi, sia europei che extraeuropei. Ho ricevuto un grandissimo consenso a Parigi, nel 2011, quando la Maison d’Éducation de la Légion d’Honneur mi commissionò la Cantata annuale per il concerto presidenziale della Repubblica, per la prima volta affidata a un compositore non francese, per di più ancora giovane e poco conosciuto: dimostrazione dell’apertura di un popolo che talvolta noi italiani non vogliamo riconoscere. Stesso discorso in Germania, dove risiede il mio attuale editore, Friedrich Hofmeister, che pubblica in esclusiva tutte le mie composizioni, e dove nel tempo ho avuto possibilità di farmi conoscere con opere sia da camera che orchestrali (il mio concerto per oboe e orchestra, Fontane, mi è stato commissionato nel 2023 dalla Osnabrücker Symphonieorchester per il primo oboista dell’orchestra, Lukas Brandt, con cui ho avuto altre occasioni di collaborare). In Russia, anche un grande successo con il mio poema sinfonico Tunguska, ispirato all’episodio del 1908: ugualmente a Edimburgo, Cipro, Praga, Dallas, Taiwan… Il pubblico recepisce molto bene la mia musica. Differenze fra il pubblico italiano e quello tedesco o francese? Penso che, al di là delle inevitabili differenze linguistiche e storiche, le emozioni e i sentimenti di base sono uguali per tutta l’umanità: è su quelle che punto moltissimo, e devo dire che finora ha funzionato!

 

Lei insegna al Conservatorio. Cosa le piace di più del suo ruolo di insegnante?

Sono felice di insegnare una disciplina trasversale come Teoria, Ritmica e Percezione musicale: mi dà la possibilità di conoscere tantissimi giovani studenti, e di misurarmi con le loro aspirazioni ed emozioni all’inizio del loro percorso di studi. Per me l’elemento umano conta molto più dell’aspetto strettamente didattico: oltre la lezione ci raccontiamo storie, ridiamo, come si fa con gli amici, e le ore trascorrono leggere. La cattedra la uso solo per posarci lo zaino e il registro, per il resto devo sedermi in mezzo ai miei studenti. Insegnare composizione? Impossibile per me, non ne sarei assolutamente in grado. Come insegnare Poesia. A parte che tutto quello che avrei da dire, lo dico con le mie composizioni: là c’è già tutto quanto, con grande semplicità.

 

Fra i grandi incontri, certamente fondamentale è stato quello con Klaus Rohleder , poeta, librettista, romanziere e drammaturgo tedesco discendente da Friedrich Nietzsche, amico di Rainer Kunze, oppositore del regime dell'ex DDR e per questo a lungo boicottato nella sua carriera. Ci racconta qualcosa di questo intellettuale prezioso, che nonostante i tanti ostacoli riuscì a conservare una coerenza ed una identità purissime?

Con Rohleder l’incontro fu casuale: lui, all’indomani della caduta del Muro, poté viaggiare: trovandosi a Catania, chiese di incontrare un giovane allievo di Composizione che volesse cimentarsi con un libretto su Caroline Neuberin - il mio maestro ci presentò, e così nacque una meravigliosa amicizia e collaborazione, da cui nacquero altri lavori oltre La Neuberin, fra cui l’oratorio per soli, coro e orchestra Wasser, das zur Mauer wurde, commissione di svariati enti (fra cui la Else Lasker-Schuler Gesellschaft e il Museum für Verfolgte Künste di Solingen) per il XX anniversario della riunificazione tedesca; e gli Etnea Lieder, un ciclo di sei Lieder per soprano, clarinetto e pianoforte, ispirati ai temi dell'esilio, della nostalgia e dell'impossibile ritorno.

 

Opere complesse, dal forte impatto politico ed emotivo, che dimostrano la grande capacità evocativa della sua musica, il potentissimo impatto drammatico della sua narrazione, la grande eleganza compositiva. A quale dei lavori frutto della vostra collaborazione si sente più legato?

Sicuramente l’Oratorio per la riunificazione. Mette in luce la vita assurda di un minuscolo paesino di nemmeno cinquanta abitanti, Mödlareuth, che dopo la divisione della Germania si trovò esattamente diviso in due fra RFT e RDT, il che significò famiglie divise, fattorie e case tagliate da muri e filo spinato, e amori tragicamente interrotti, fra cui quello fra una lucertola e una salamandra, una rimasta a Est e l’altra a Ovest. La metafora dei due animaletti rende l’idea del periodo storico che arrecò tanta sofferenza a quella popolazione.

 

Nel 2021 è andato in scena un suo lavoro decisamente interessante: Stracci di poesia, con la regia di un artista attento come Salvatore Sito. Ci racconta qualcosa di quello spettacolo?

Stracci di poesia è un “corto” teatrale di nemmeno dieci minuti, in cui bisognava ricreare una situazione scenica compiuta e credibile: fu una commissione del Teatro Coccia di Novara. Due donne di diversissima estrazione sociale si incontrano: una mendicante che per vivere “vende” le poesie che scrive su carte improvvisate, e una ragazza alto borghese che dapprima snobba quella vita di espedienti, ma poi, nel corso di un interludio strumentale, viene “convertita”, si pente della sua superficialità, compra le poesie e invita l’altra a trovarla a casa, per dividere gli abiti e altre cose. Il soggetto e lo splendido libretto sono di Stefano Valanzuolo, mentre la regia fu curata in quell’occasione da Salvatore Sito: sono stato felice di averlo incontrato e averlo visto all’opera: senza contare le rare qualità umane, Salvatore è un artista estremamente raffinato, dal sicuro intuito scenico e a cui auguro di cuore tutto il successo e la realizzazione artistica che merita fino in fondo.

 

Ancora del 2021 è la messa in scena di Lampeggiamenti, al teatro Nazionale dell’Opera e Balletto della Macedonia del Nord. Un lavoro dedicato a Dante Alighieri, in quell’occasione interpretato da un artista raffinato come Blagoj Nacoski, che sarà fra i protagonisti di La ragazza imprudente.  Come riassumerebbe quel lavoro così potente e raffinato?

Il titolo completo è Lampeggiamenti, amenità, querimonie et altri tremendi affetti nella nobilissima Florentia: si tratta in realtà di un ibrido fra una grande cantata a due voci, coro e grande ensemble, e una vera e propria opera lirica. In scena ci sono solo due personaggi, Lapo Saltarelli (avo del librettista, Claudio Saltarelli) e Dante Alighieri, che alla prima assoluta a Palazzo Farnese a Piacenza, e poi al debutto macedone, furono interpretati rispettivamente da Gianpiero Ruggeri e Blagoj Nacoski. Due voci meravigliose, perfettamente in linea con lo spirito della musica; la storia è un lento processo, e progresso, dall’astio che Lapo riserva a Dante per fatti politici e personali, alla riconciliazione fra i due. In quella occasione ho avuto modo di conoscere specialmente le speciali caratteristiche della voce di Blagoj: quando dal Luglio Musicale Trapanese mi hanno comunicato di avere affidato a lui il ruolo del protagonista ne La ragazza imprudente, sono stato felicissimo: un ruolo perfetto per lui, e un grande colpo di fortuna per la mia musica.

 

La sua musica è stata definita eclettica, adogmatica, lontana dall'avanguardia, ricca di umorismo, neoclassica. Ma lei come descriverebbe il suo mondo musicale?

Penso di essere la persona meno adatta a descrivere e definire me stesso: più ci provo, più cado in definizioni deboli e che non aiutano affatto a capire. Preferisco parlare con la musica. Sicuramente conosco le tecniche della cosiddetta avanguardia (oltre che di Corghi, sono stato allievo di Ivan Fedele a Santa Cecilia, che mi ha aperto il mondo degli spettralisti francesi, ma anche di tanti altri compositori a noi più vicini). Ma le uso solo se la scena, o la situazione musicale, lo richiede strettamente. Non decido nulla prima di iniziare: la musica si scrive e si sviluppa senza limiti, prendendo stili, o inventandoli, a seconda di ciò che intende esprimere.

 

Ci racconta chi è ‘La Ragazza Imprudente’?

Angela è la protagonista di quest’opera, su libretto di Gianni Rigamonti (milanese a Palermo, già professore di Logica e Filosofia della Scienza): è una ragazza pura, che crede nei valori dell’amicizia e si fida ciecamente, sbagliando, delle sue due amiche Ghita e Sofia, che le soffiano immediatamente (entrambe) il fidanzato, per giunta ciascuna sperando di tenere all’oscuro l’altra, fino alla scoperta finale. Angela è il simbolo della purezza disprezzata e del tradimento subito, in amore, in amicizia e in tutti gli altri valori. Da questo punto di vista, oltre la superficie “leggera”, questa è un’opera dalle tematiche profonde.

 

Qual è il suo rapporto con recensioni: le legge o le evita?

In genere non leggo niente, perché penso di saperne già abbastanza su di me e sul brutto tipo che sono! Scherzi a parte, mi fa piacere quando la mia musica è riuscita a entrare in linea con la visione del critico, anche se questo non garantisce in automatico la bontà dell’operazione artistica.

 

Quali sono i suoi prossimi impegni?

Un dittico operistico formato da due atti unici tratti da Čechov: L’orso e La domanda di matrimonio, commissione del Teatro Massimo Bellini di Catania per la stagione 2026, su libretto di Alessandro Idonea; un Concerto per chitarra e orchestra, per la prossima stagione di concerti del Conservatorio “A. Scarlatti” di Palermo; e altro che per adesso non posso rivelare perché un compositore che si rispetti è anche piuttosto scaramantico!

 

Infine, ringraziando per la disponibilità e la cortesia, quali i suoi sogni?

Riuscire ad alleviare un po’, con la musica, il peso dei dolori piccoli e grandi che le persone affrontano durante la loro giornata e la loro vita. In fondo è lo scopo fondamentale di tutte le arti, e anche di noi artisti.

 

 

Gianluca Macovez

9 ottobre 2025

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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