Giovedì, 25 Aprile 2024
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IL GRANDE INQUISITORE AL TEATRO OFF/OFF: IL TRIONFO DEL CONTRASTO

Recensione dello spettacolo Il Grande Inquisitore, in scena al Teatro Off/Off l’8 ed il 9 Gennaio 2022.

Deve essere un'impresa da far tremare le gambe, quella di cercare una lettura propria nell'ambito di una trasposizione teatrale di “Il grande inquisitore”. Il racconto, che occupa un intero capitolo del libro quinto di “I fratelli Karamàzov” e che, all'interno del grande romanzo, ha una sua indipendenza narrativa, si presenta al lettore come un monolite inattaccabile, per la compattezza granitica e la definitiva profondità della speculazione di Fëdor Dostoevskij e, per chi ne voglia proporre un adattamento, sembra offrire pochi appigli diversi dalla semplice riproposizione del testo.

Con uno studio che deve essere stato certamente defaticante, Daniele Salvo ha ricercato una via per mettere in scena il “suo” Grande Inquisitore, devotamente fedele - non potrebbe essere altrimenti - alla scrittura di Dostoevskij, ma con un punto di osservazione preferenziale. A nostro vedere, il regista trova la sua chiave di accesso alla soluzione del compito prefissatosi nella esaltazione del contrasto. La netta separazione è d'altronde elemento fondamentale della poetica del grande russo, il quale non a caso battezzò uno dei suoi grandi protagonisti, il Raskol’nikov di “Delitto e castigo”, come “lo scisso”.

Coerentemente Salvo decide di inquadrare, così come nel romanzo, la messa in scena del celeberrimo monologo all'interno della serrata conversazione in cui i fratelli Ivàn ed Alëša Karamàzov, interpretati dallo stesso Salvo e da Daniele Ronco, si confrontano e si conoscono. I due figli dello stesso ignobile padre e di diverse madri rappresentano le opposte peculiarità dell'animo umano e al contempo le due possibili strade della conoscenza: la fredda capacità speculativa della ragione ed il caldo abbraccio di un’istintiva comprensione, posseduta come un naturale talento.

La trama del racconto, inserito da Dostoevskij, come una esposizione del pensiero di Ivàn, è ben nota. Il Messia ritorna sulla terra anonimamente, in Spagna, all'epoca della grande Inquisizione e, dopo aver compiuto alcuni miracoli, tra cui la resurrezione di una bambina, comincia a raccogliere seguaci attorno a sé. Ma il Grande Inquisitore lo arresta lo fa condannare a morte. Nel suo veemente atto di accusa rivolto ad un Cristo silenzioso, il misterioso personaggio accusa Gesù di aver trasmesso al mondo la fallace illusione della libertà. L'uomo è invece, per sua natura, soggiogato da tre grandi forze: il miracolo, il mistero e l'autorità e ad esse non esita a piegarsi. La necessità del possesso, il valore del fare, l'istinto della sottomissione al potere fanno sì che la libertà sia più verosimilmente un peso impossibile da sostenere, che un bene da conquistare. Alla dura requisitoria Gesù risponde con un’unica azione: un bacio.

Ovunque dicotomie nette, ovunque estremi inconciliabili: è questo che Daniele Salvo legge nell'opera di Dostoevskij e che si propone tradurre in spettacolo. «È assolutamente necessario raggiungere temperature emotive altissime», dichiara nelle sue note di regia. La sua messa in scena quindi non può avere vie di mezzo, non può avere tinte neutre. È il nero di un fondale chiuso, angusto e senza uscita. Sono le luci abbacinanti che lo squarciano.

Ma allora, se c'è un Dio su cui si argomenta, ci deve essere anche la sua antitesi. La personalizzazione di Salvo si concretizza nell'introduzione di un personaggio, o meglio di una entità, non materialmente riscontrabile nel testo, ma comunque in esso sottesa. L'elemento fondamentale della sua messa in scena è da ricercarsi difatti nel contrappunto di una presenza fantasmatica dapprima candida, poi diabolicamente oscura e pervasivamente dominante, che consenta la visiva materializzazione dei manichei contrasti dell’esistere. Ruolo questo inafferrabile, affidato a Melania Giglio, eterna compagna di scena.

Al termine della rappresentazione, al bacio di Cristo al suo nemico, fa eco l’abbraccio fra i due fratelli. Ivàn continuerà a coltivare il suo gelido cinismo, ma la semplice consapevolezza dell’esistenza al mondo di Alëša e del suo candore renderà la vita degna di essere vissuta. Il nero pervade e domina, ma è la luce comunque a dare un senso. È questo, dopo tanto tumulto, il momento più toccante della rappresentazione.

La ricerca registica viene perseguita con grande perizia tecnica, pur nella essenzialità degli strumenti a disposizione. Daniele Salvo, all’interno del tunnel scenografico di teli neri predisposti da Alessandro Chiti, costruisce con i tre corpi sul palcoscenico plastici tableaux vivants, orchestra movimenti di scena netti e definitivi, perfettamente sincronizzati con le luci di Giuseppe Filipponio, con forte richiamo evocativo inserisce il canto, in drammatici episodi canori affidati a Giglio, e la musica, composta per lo spettacolo da Patrizio Maria D’Artista. Il contrasto fra la sperimentazione della messa in scena e l'impostazione classica della recitazione, crea un’ulteriore crasi. Melania Giglio, con i suoi incredibili virtuosismi vocali, strappa applausi a scena aperta e la sua presenza scenica è strabordante. È lei l'anima di Daniele Salvo, che, in uno sforzo supremo, vuole sovrapporsi a quella di Dostoevskij. È però questa ambiziosa volontà del regista, da inseguire a ogni costo, a far correre rischi. Alcune scelte di regia difatti non convincono: perché ad esempio sovrapporre, nella seconda parte della rappresentazione, alla meravigliosa voce della sua protagonista un parlato dal timbro metallico, capace di evocare più immediatamente scene vampiresche? Perché richiamare nella recitazione modelli orrorifici ben riconoscibili? Strumenti troppo prevedibili, troppo facili, per un regista delle capacità tecniche di Daniele Salvo.

Ciò nonostante il risultato è senz'altro ottenuto: il pubblico, che ha completamente riempito lo spazio del Teatro Off/Off, ha applaudito lungamente. L’impatto è stato forte, ha stordito, al limite, ha destabilizzato lo spettatore. Si esce turbati, spaccati, forse divisi: ma non era proprio quello che si voleva?

 

9 Gennaio 2022

Valter Chiappa

 

Informazioni

TEATRO OFF/OFF

Dal 8 al 9 Gennaio 2022

IL GRANDE INQUISITORE

di Fëdor Dostoevskij

Regia: Daniele Salvo

con Daniele Salvo, Melania Giglio, Daniele Ronco

Scene: Alessandro Chiti

Costumi: Daniele Gelsi

Musiche originali: Patrizio Maria D’Artista

Luci: Giuseppe Filipponio

 

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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